CXXII
Come in
Firenze si feciono due capitani di guardia.
Nel detto
anno, in calen di febraio, si partì di Firenze il tiranno, meser Iacopo de'
Gabrielli d'Agobbio, ricco delle sangui de' Fiorentini ciechi, che più di XXXm
fiorini d'oro si disse ne portò contanti. Ver'è che per la sua partita i savi
rettori di Firenze corressono il loro errore del suo tirannico uficio, e
scemaro le spese del Comune, overo le radoppiarono, che là dove prima avieno
uno bargello per loro esecutore ne elessono due, l'uno a petizione del detto
meser Iacopo e suo parente (ciò fu meser Currado della Bruta, capitano della
guardia in città per arricchire la povertà di Marchigiani), l'altro a guardia
in contado sopra gli sbanditi, meser Maffeo da Ponti Carradi di Brescia stato
nostro podestà: questi n'era più degno per le sue virtù e operazioni; ma·ll'uno
e·ll'altro uficio era d'oltraggio e a grande danno e spesa del Comune. Ma i
reggenti cittadini per mantenere le loro tirannie, e tali di loro baratterie,
come dicemmo adietro, gli sostenieno a tanto danno di Comune e gravezza di
cittadini per essere temuti e grandi. Ma poco apresso Iddio ne mostrò giudicio
assai aperto per le loro prave operazioni, a gran danno e vergogna e abasamento
del nostro Comune, come inanzi faremo menzione. Ma gravami che non fu sopra le
loro persone propie, com'erano degni i mali operanti, e come toccò ad alquanti
di loro. Ma Iddio si riserba e non lascia nullo male impunito, bene non sia a
tempi e piacere de' disideranti; e spesso pulisce il popolo per li peccati de'
rettori, e non sanza giusto giudicio, però che il popolo è bene colpevole a
sostenere le male operazioni di loro reggenti; e questo basti a tanto.
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