CXXXVIII
Come i
Fiorentini mandarono al re Ruberto per aiuto e no·ll'ebbono, e·cciò che·nne
seguì.
I Fiorentini
veggendosi così menare mandaro ambasciadori a Napoli a richiedere al re Ruberto
il suo aiuto, e uno de' nipoti per loro capitano, e che oservasse quello avea
fatto promettere a' suoi ambasciadori quando li fu renduta la possessione di
Lucca, come detto avemo adietro; i quali ambasciadori con grande stanzia e
studio seguiro; ma poco valse che a nulla si movesse, bargagnando di mandare il
duca d'Attene con DC cavalieri, pagando il Comune di Firenze la metà del soldo
ed elli l'altra metà; e ancora non potendo meglio, per lo nostro Comune fu
accettato, ma no·llo volle il re oservare. O avarizia, nimica della reale vertù
di magninimità, come guasti ogni bene e onorata impresa! Che·sse lo re Ruberto
ci avesse oservata la 'mpromessa fatta fare al nostro Comune per li suoi
ambasciadori, e mandato uno de' nipoti con M cavalieri a mezzo nostro soldo
all'oste de' Fiorentini, e XII galee armate sopra i Pisani a tor loro l'entrata
del porto, ch'assai gli era leggere a fornire, colla gran forza e ragunata di
Fiorentini col loro oste, di certo i Pisani con tutto l'aiuto di meser Luchino
di Milano e d'altri Lombardi non avieno podere di tenere campo né assedio a
Lucca. Per lo quale difetto del re Ruberto nacquono molte sconvenenze e
pericoli e danni con sua vergogna e del nostro Comune, come apresso si potrà
comprendere, che' Fiorentini si condussono di fare oste per loro, per
soccorrere Lucca di più di IIIIm cavalieri e popolo infinito, come nel seguente
capitolo si farà menzione, con poco onore e grande spendio. Ma quello che più
portò di rischio e di pericolo, non solamente al nostro Comune ma a tutta parte
guelfa e di Chiesa, e a tutta Italia, ed eziandio al re Ruberto e al suo regno,
si fu che per lo sopradetto isdegno preso col re Ruberto a·ssuo gran difetto
certi reggenti del nostro Comune per sodducimento e consiglio di meser Mastino
della Scala mandaro segretamente due popolani di maggiori reggenti ambasciadori
con quelli di meser Mastino a Trento in Alamagna, ov'era venuto il Bavero,
che·ssi facea chiamare imperadore, per altre sue bisogne, e co·llui trattaro
per tal modo che mandò a Firenze e poi alla nostra oste più di suoi baroni con
da L cavalieri, la maggiore parte di corredo; intra gli altri caporali furo il
duca di Tecchi col suo grande sugello e il suo Luffo Mastro e il Porcaro conte,
promettendo se 'l nostro Comune il volesse ricevere il duca di Techi per suo
vicario co·llarghi patti, farebbe partire tutti i Tedeschi del campo de'
Pisani, incontanente vedessono quello sugello, e rompere l'oste di Pisani, e
tornare tutti dal nostro. E di certo venia fatto; ma di ciò avuti i nostri
reggenti segreto consiglio, e certi savi amatori di parte guelfa e di Chiesa, e
a·ccui toccava lo stato e parte più che a coloro ch'avieno menato il detto
trattato, s'avidono che·cciò faccendo era pericolo di tornare il reggimento di
Firenze e di tutta Toscana assai tosto a parte ghibellina e d'imperio;
consigliarono che non si seguisse il detto trattato per lo migliore, che che
della 'mpresa seguisse da·nnoi a' Pisani; e così rimase, e' detti baroni si
tornaro in Alamagna. Ma per la detta loro venuta il re Ruberto entrò in tanta
gelosia, che non sapea che·ssi fare, temendo forte Firenze non prendesse
rivoltura di parte d'imperio e ghibellina. E molti suoi baroni e prelati e
altri del Regno ricchi uomini, ch'aveano dipositati loro danari alle compagnie
e mercatanti di Firenze, per la detta cagione entraro in tanto sospetto, che
ciascuno volle esere pagato, e fallì a' Fiorentini la credenza in tutte parti
dove avieno affare, per modo che poco tempo apresso per cagione di ciò, e
gravezze di Comune e per la perdita di Lucca, apresso molte buone compagnie di
Firenze falliro, le quali furono queste: quella de' Peruzzi; gli Acciaiuoli,
tutto non cessassono allora, per loro grande potenza in Comune, ma poco
apresso; e' Bardi ebbono gran crollo, e non pagavano a cui dovieno, e poi pur
falliro; falliro i Bonaccorsi, i Cocchi, li Antellesi, quelli da Uzzano, i
Corsini, e Castellani, e Perondoli, e più altri singulari mercatanti e più
artefici e piccole compagnie a gran danno e rovina della mercatantia di
Firenze, e universalmente di tutti i cittadini; che·ffu maggiore danno al
Comune che·lla sconfitta o perdita di Lucca. E nota che per li detti fallimenti
delle compagnie mancarono i danari contanti in Firenze, ch'apena se ne
trovavano. E·lle posessioni in città calarono a volerle vendere le due derrate
per uno danaio, e in contado il terzo meno a valuta, e più calaro. Lasceremo a
dire della detta matera, e diremo della grande oste, che' Fiorentini feciono
per diliberare Lucca dall'asedio di Pisani, e non venne loro fatto.
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