CXL
Come
l'oste de' Fiorentini si strinse a Lucca per fornilla e nol potero fare, e
Lucca s'arrendé a' Pisani.
Partissi
meser Malatesta colla nostra oste a dì VIIII di maggio da Grignano; e' Tedeschi
delle nostre masnade per essere male ordinati rubarono tutto il nostro campo; e
scesi al piano, s'accampò l'oste a San Piero in Campo di costa al fiume del
Serchio, presso a' nimici intorno di due miglia; e quello dì giunse nel nostro
per la via di Bologna e da Pistoia il duca da·tTecchi e Luffo Mastro e 'l
Porcaro baroni del Bavero, con L armadure con XXV cavalieri a spron d'oro,
ciascuno a grandi destrieri, molto nobile gente, col trattato ordinato a Trento
in Alamagna col Bavero co' nostri ambasciadori, come adietro facemmo menzione.
E il detto dì giunse alla detta nostra oste da Firenze il duca d'Atene con
meser Uguiccione de' Bondelmonti e meser Manno de' Donati con da C cavalieri
franceschi a nostri gaggi in sua bandiera. E a dì X di maggio la mattina per
tempo si mosse l'oste da San Piero in Campo cavalcando schierati da uno e mezzo
miglio verso i nimici richieggendogli di battaglia. Non vollono uscire di loro
steccati, e di ciò feciono saviamente. La nostra oste, non potendo avere la
battaglia, passarono due rami del fiume del Serchio; il terzo ramo era sì
ingrossato per acqua ritenuta per li nimici e pioggia cominciata, che·lla sera
non potero passare, e quella notte con gran disagio e sofratta di vittuaglia e
di tutte cose, e asaliti da' nimici stettono in su quella isola, faccendo
quella notte fare uno ponte di legname per passare sopra quello ramo di
Serchio. E il dì apresso passò tutta l'oste di là alquanto sopra il colle di
San Quirico, ov'era un forte battifolle guernito per li Pisani alla guardia del
poggio e del ponte a San Quirico. Veggendo i Pisani passato per li nostri il
fiume, temendo di perdere la fortezza di San Quirico sì vi mandarono più gente
alla difesa, ed ebbe tra·lla nostra gente e·lla loro più badalucchi a danno di
Pisani. E di certo si disse, se 'l capitano nostro avesse fatto pugnare l'oste
verso la fortezza, i Pisani l'abandonavano ed era vinto il passo; che nonn-era
comparazione la forza di nimici alla nostra gente, che solo i ribaldi e'
ragazzi dell'oste nostra avrebbono vinto colle pietre il battifolle e 'l ponte.
E di ciò fu assai ripreso meser Malatesta, il quale colla nostra oste valicò
oltre, e accamparsi su 'n un poggio incontro al prato di Lucca, lasciandosi
adietro la bastita e fortezza di San Quirico. E se 'l capitano fosse almeno
isceso al piano di contra al prato di Lucca, si fornia allora la terra per
forza, e partivasi l'oste di Pisani in rotta; però che non era ancora per li
Pisani fatta chiusa né fortezza alcuna al prato di Lucca da quella parte. E
oltre a·cciò i nostri ch'erano in Lucca, uomini e femmine e fanciulli, veggendo
la potenza della nostra oste armati e disarmati uscirono nel prato sanza
contasto di nimici. Il capitano nostro pur volle che·ll'oste s'accampasse al
poggio quel dì, e·lla notte cominciò gran pioggia; ma però i Pisani non
lasciaro di rafforzare il battifolle di San Quirico, e affossaro e steccarono
il prato presso al Serchio, sicché i nostri non potessono valicare, e in sul
prato ridussono tutta la loro potenza d'oste apetto a' nostri. E quivi dimorò
la nostra oste per IIII dì sanza fare alcuna cosa con molta soffratta di
vittuaglia per lo male tempo, e fu talora vi valse il pane soldi III; poi a dì
XV di maggio raconciò il tempo. Uno messer Bruschino tedesco con sua bandiera e
compagni valicò il Serchio in sull'ora di vespro, e cominciò badalucco co'
nimici, e seguillo il duca d'Atene con sua gente, e ingrossò sì il badalucco,
che più di MD cavalieri e più pedoni di nostri valicaro il fiume, e per forza
ruppono gli steccati e misero in fuga i nimici; e se fossono seguitati da'
nostri, e fosse stato più di giorno, e rimasi i nostri in sul prato, i nostri
avieno la vittoria; ma la notte fece fare la ritratta. E in quella medesima
notte i Pisani con molto affanno e sollecitudine rifeciono i fossi e steccati
più forti che prima; e ricominciò la pioggia e 'l Serchio a crescere, sì che
non si potea ben guadare in quello luogo, tante furono le traverse e difalte
della nostra oste per mala condotta. Veggendo il nostro capitano così aforzato
il campo di Pisani e non potendo fornire Lucca con sua grande vergogna e del
nostro Comune e d'amici, si partì coll'oste domenica a dì XVIIII di maggio, e
per li guadi de' rami del Serchio, ond'erano venuti; ripassaro il fiume e per
la via d'Altopascio, e puosonsi in sul Cerruglio a dì XXI di maggio, e a quello
dierono battaglia e no·ll'ebbono; e poi si partiro e tornaro in Valdarno con
onta e vergogna e grande spendio di Fiorentini. E da Fucecchio si partiro a dì
VIIII di giugno IIm cavalieri con molti pedoni, e cavalcaro in sul contado di
Pisa faccendo danno assai; e CL cavalieri che de' Pisani venieno a Marti furono
presi da' nostri. Ma dopo volta fu la buona providenza a venire sopra quello di
Pisa. Quelli ch'erano in Lucca, veggendosi abandonati del soccorso di tanta
potenza, cercaro loro accordo co' Pisani, e rendero loro la città di Lucca
salve le persone con ciò che·nne vollono trarre, a dì VI di luglio MCCCXLII. E
nota ch'al principio che·ll'oste nostra era a Grignano i Pisani vollono di
patti, pace faccendo, dare di Lucca al nostro Comune CLXXXm di fiorini d'oro in
sei anni, per quelli promessi a meser Mastino; e oltre a·cciò per omaggio dare
a perpetuo ogn'anno per san Giovanni Xm fiorini d'oro, e uno palio con uno
cavallo coverto di scarlatto di valuta di più di CC fiorini d'oro. I più di
Fiorentini vi s'acordavano per fuggire spese e·lla guerra. Ma Cenni di Naddo,
ch'allora era priore e il figliuolo in Lucca, uomo presuntuoso, no·ll'asentì
mai, ma il contrariò con sua setta, e presesi il piggiore, come siamo usati.
Onde per quello ch'avenne abassò molto lo stato de' Fiorentini, avendo più di
IIIIm buoni cavalieri e popolo grandissimo, e perdere sì fatta gara e impresa
per male consiglio e mala condotta e capitaneria; overo più tosto per lo
giudicio di Dio, e per abassare la superbia e avara ingratitudine di Fiorentini
e di loro rettori. Lasceremo alquanto di nostri fatti, ch'assai n'avemo detto a
questa volta, e diremo d'altre cose che furono in altre parti in questi tempi.
Ma non volemo lasciare di fare memoria della profezia, overo predestinazione,
che·cci mandò da Parigi il savio e valente maestro Dionigi dal Borgo della
nostra impresa di Lucca, come facemmo menzione adietro nell'altro volume nel
capitolo della morte di Castruccio, che tutto fu vero; che quelli per cui mano
avemmo la tenuta della signoria di Lucca fu Guiglielmo Canacci delli
Scannabecchi di Bologna, vicario in Lucca e sindaco di mesere Mastino, ch'avea
l'arme, come disse, nera e rossa, ciò era il campo rosso e uno becco nero. E
come fu con grande affanno e spendio e vergogna del nostro Comune, assai chiaro
si mostra a·cchi ha ben compreso l'aventure che di ciò occorsono, siccome per
noi è fatta col vero adietro etterna memoria.
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