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Giovanni Villani
Nuova cronica

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  • Tomo terzo
    • Libro tredecimo
      • II               Di certe giustizie che 'l duca fece in Firenze per essere signore.
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II

 

           

Di certe giustizie che 'l duca fece in Firenze per essere signore.

           

Avenne che il di san Iacopo di luglio MCCCXLII, essendo molti Pratesi iti alla festa a Pistoia, Ridolfo di meser Tegghia de' Pugliesi venne per entrare in Prato, che·nn'era ribello, con forza degli Ubaldini e con Niccolò conte da Cerbaia, e con certi suoi fedeli, nimici de' Guazalotri, e de' nostri contadini masnadieri sbanditi in quantità di XL a cavallo e CCC a piè, che·lli dovea esere data l'entrata della terra; e per sua sventura no·lli venne fatto, ma fu preso con da XX nostri isbanditi andandosene per Mugello agli Ubaldini, e menato a Firenze. Il duca lasciò i nostri isbanditi, di cui avea la giuridizione, e al detto Ridolfo, che non gli era sudditosbandito di Firenze, a torto gli fece tagliare il capo; e questa fu la prima giustizia che fece in Firenze, onde molto fu biasimato da' savi uomini di Firenze di crudeltà, e dissesi n'ebbe moneta da' Guazalotri di Prato suoi nimici, overo il fece come dice il proverbio di tiranni: “Chi a uno offende molti minaccia”. Apresso all'entrante d'agosto fece pigliare meser Giovanni di Medici stato per lo nostro Comune podestà in Lucca, e fecegli tagliare il capo, aponendoli (e fece confessare) che per danari avea lasciato fuggire di Lucca nel campo di Pisani meser Tarlato d'Arezzo, cui avea in sua guardia; e i più dissero che non v'ebbe colpa, se non di mala guardia. Apresso del detto mese d'agosto fece pigliare Guiglielmo Altoviti stato per lo nostro Comune capitano d'Arezzo, e feceli tagliare il capo, trovando per sua confessione per lui fatte molte baratterie, e alcuni dissono fu procaccio e spendio di Tarlati d'Arezzo, i quali avea mandati presi a Firenze, come è detto adietro; e a·cciò diamo in parte fede; e condannò uno nipote di quello Guiglielmo e Matteo di Borgo stati inn-Arezzo e Castiglione Aretino, ciascuno in D fiorini d'oro, per baratterie. Ancora fece pigliare Naddo di Cenni di Naddo grande popolano, il quale era stato in Lucca camarlingo sopra le masnade, e fecegli rimettere in camera del Comune IIIIm fiorini d'oro, i quali si disse che con inganno avea avuti da' Pisani sotto falso trattato tenuto co·lloro, e giurato sopra Corpus Domini di far loro compiere l'accordo d'avere Lucca, quando Cenni di Naddo suo padre era priore di Firenze, come toccammo nel quinto capitolo adietro. E oltre a·cciò gli fece rimettere in camera fiorini IImD d'oro, i quali confessò avere guadagnati in Lucca nelle paghe de' soldati e vittuaglia; e per grazia e prieghi di molti popolani gli perdonò la vita, e prese da·llui mallevadori di fiorini Xm d'oro, e diegli i confini a Perugia. E per simile modo fece rimettere in camera a Rosso di Ricciardo de' Ricci, compagno e camarlingo del detto Naddo in Lucca, fiorini IIImDCCC d'oro confessati avuti in sua parte, e guadagnati in Lucca sopra i soldati e vittuaglia, e per simile modo per grandi prieghi perdonatogli la vita, e messo in prigione per l'avere e per la persona.

 




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