IV
La lettera
che i·rre Ruberto mandò al duca d'Atene, quando seppe ch'avea presa la signoria
di Firenze.
“Non senno,
non vertù, non lunga amistà, non servigi a meritare, non vendicatogli di loro
onte, t'ha fatto signore de' Fiorentini, ma·lla loro grande discordia e il loro
grave stato, di che se' loro più tenuto, considerando l'amore che t'hanno
mostrato, credendosi riposare nelle tue braccia. Il modo ch'hai a tenere a
volerli bene governare si è questo. Che·tti ritenghi col popolo che prima
reggea, e reggiti per lo loro consiglio, non loro per lo tuo; fortifica
giustizia e i loro ordini, e come per loro si governavano per sette, fa' che
per te si governino per diece, cioè numero comune, che lega in sé tutti i
singulari numeri, ciò vuol dire no·lli reggere per sette né divisi, ma a
comune. Abbiamo inteso che traesti quelli rettori della casa della loro
abitazione, cioè de' priori, nel palagio del popolo fatto per loro
contentamento del propio; rimettilivi, e abiterai nel palagio ove abitava
nostro figliuolo, cioè nel palagio della podestà, ove abitava il duca di
Calavra, quando fu signore in Firenze. E se questo non farai, non ci pare
che·ttua salute si possa stendere inanzi per ispazio di molto tempo. Re di
Gerusalem e di Cicilia. Data a Napoli a dì XVIIII di settembre MCCCXLII,...
indizione”. E nonn-è da lasciare di fare memoria d'una sformata mutazione
d'abito che·cci recaro di nuovo i Franceschi che vennero al duca in Firenze;
che colà dove anticamente il loro vestire ed abito era il più bello, nobile e
onesto, che null'altra nazione, a modo di togati Romani, sì·ssi vestieno i
giovani una cotta overo gonnella, corta e stretta, che non si potea vestire
sanza aiuto d'altri, e una coreggia come cinghia di cavallo con isfoggiate
fibbie e puntale, e con grande iscarsella alla tedesca sopra il pettignone, e
il capuccio vestito a modo di sconcobrini col batolo fino alla cintola e più,
ch'era capuccio e mantello, con molti fregi e intagli; il becchetto del
capuccio lungo fino a terra per avolgere al capo per lo freddo, e colle barbe
lunghe per mostrarsi più fieri inn-arme. I cavalieri vestivano uno sorcotto,
overo guarnacca stretta, ivi su cinti, e·lle punte de' manicottoli lunghi
infino in terra foderati di vaio e ermellini. Questa istranianza d'abito, non bello
né onesto, fu di presente preso per li giovani di Firenze e per le donne
giovani di disordinati manicottoli, come per natura siamo disposti noi vani
cittadini alle mutazioni de' nuovi abiti, e i strani contraffare oltre al modo
d'ogni nazione sempre al disonesto e vanitade; e non fu sanza segno di futura
mutazione di stato. Lasceremo di ciò, e diremo d'altre novità di fuori che
furono ne' detti tempi.
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