XIX
Come il
popolo trassono i grandi dell'uficio del priorato, e riformaro la terra.
Ma il nimico
dell'umana generazione e d'ogni concordia seminò la sua superbia e invidia
nell'animo di certi malvagi grandi e popolani. Prima veggendosi certi rei de'
grandi il favore della signoria, e non essendo rifermi gli ordini della
giustizia; e bene avieno ordinato i XIIII che·ssi facesse uno libro di
malabbiati, ove si scrivessono i mafattori de' grandi, e quelli fossero puniti,
ma però non si raffrenavano i malvagi grandi, ma cominciaro a·ffare delle forze
e micidi in città e in contado, e di false accuse contra i popolani, onde i
popolani si tenieno mal contenti della loro consorteria delli ufici, e
cominciaro forte a dubitare di maggiore pericolo, sentendo che colle borse
dello squittino avea di maggiori caporali grandi di Firenze. Onde il popolo si
commosse contro a' grandi, e collo aiuto e favore di meser Giovanni della Tosa,
e di mesere Antonio degli Adimari, e di meser Geri de' Pazzi cavalieri del
popolo, a' quali dispiacea i modi di tali di loro consorti e degli altri grandi
contro al popolo, e non parea loro stato fermo. Bene ci ebbe anche colpa la
'nvidia di certi popolani, che non volieno negli ufici volentieri la compagnia
di loro maggiori, e per essere più signori e fare del Comune a·lloro guisa;
onde segretamente trattato co' detti cavalieri e con certi caporali di popolo,
e col vescovo, e con certi de' priori medesimi, ch'erano all'uficio e popolani,
di recare il secondo uficio di priori ch'uscisse pure agli otto popolani, due
per quartiere, e uno gonfaloniere di giustizia, e nullo de' grandi per lo
meglio del Comune e del popolo, rimanendo a comune co' grandi gli altri ufici;
ed era ben fatto per aquetare il popolo. Il vescovo credendo ben fare, se ne
scoperse a' compagni suoi XIIII, ch'erano, come detto è, VII grandi pure di
maggiori, dicendo ch'era il meglio di farlo d'amore e d'accordo co' grandi,
onde ne tenne co' detti suoi compagni e con altri grandi più consigli in Santa
Felicita Oltrarno, ov'erano capo i Bardi e' Rossi e' Frescobaldi e di più altre
case di grandi di Firenze, pregandoli che·cciò asentissono; i quali nulla ne
vollono udire, parlando di grosso e con minacce: “Noi vedremo chi·cci torrà la
parte nostra della signoria, e·cci vorrà cacciare di Firenze, che·lla francammo
dal duca”. E di ciò erano più principali i Bardi, chiamando il vescovo
traditore, ch'avea tradito prima il Comune e popolo, e data la signoria al
duca, e poi tradito e cacciato lui, “e ora vuogli tradire noi”; e cominciarsi a
fornire d'armi e di gente, e a mandare per amici di fuori. Sentendosi questo
per la città, tutta fu in gelosia e sotto l'arme, col consiglio e ordine di sopradetti
III cavalieri del popolo, che·nn'erano capo; sì vennero molti popolani armati
sulla piazza de' priori gridando: “Viva il popolo, e muoiano i grandi
traditori!”; gridando a' priori popolani ch'erano in palagio: “Gittatene dalle
finestre i priori vostri compagni de' grandi, o·nnoi v'arderemo in palagio
co·lloro insieme”; e recarono la stipa, e misono il fuoco all'antiporto del
palagio. I priori popolani scusavano i loro compagni di grandi, dicendo
ch'erano diritti e·lleali e bene inn-accordo, con tutto che i più di loro il
dicevano alla 'nfinta, ed era stato loro operazione. Alla fine crescendo la
forza e furore del popolo, convenne che' detti priori de' grandi rinuziassono
all'uficio, e per grazia uscissono di presente di palagio sotto sicurtà del popolo,
e con grande paura acompagnati a casa loro; e·cciò fu lunedì a dì XXII di
settembre MCCCXLIII. E nota che in così piccolo tempo la città nostra ebbe
tante novità e varie rivoluzioni, come avemo fatto menzione, e faremo nel
seguente e terzo capitolo. E bene difinì il grande filosofo maestro Michele
Scotto quando fu domandato anticamente della disposizione di Firenze, che·ssi
confa alla presente matera; disse in brieve motto in latino: “Non diu stabit
stolida Florenzia florum; decidet in fetidum, disimulando vivet”. Ciò è in
volgare: “Non lungo tempo la sciocca Firenze fiorirà; cadrà in luogo brutto, e
disimulando vive”. Ben disse questa profezia alquanto dinanzi la sconfitta di
Monte Aperti; ma poi pure asseguito ciò si vede manifesto per nostri processi.
E 'l nostro poeta Dante Allighieri scramando contra al vizio della incostanza
de' Fiorentini nella sua Commedia, capitolo VI Purgatoro, disse intra·ll'altre
parole:
Attena
e·lLacedemonia, che fenno
L'antiche
leggi e furon sì civili,
Feciono al
viver bene un piccol cenno
Verso di te,
che·ffai tanto sottili
Provedimenti,
ch'a mezzo novembre
Non giugne
quel che·ttu d'ottobre fili.
E bene fu
profezia e vera sentenzia in questo nostro fortuito caso, e in quelli che
seguiranno apresso, per le nostre disimulazioni. Partiti i quattro priori di
palagio di grandi, e disfatto l'uficio delli otto loro consiglieri mischiato
co' grandi, col consiglio delle capitudini delle XXI arti, i priori popolari
ch'erano rimasi all'uficio elessono i XII consiglieri de' priori, tutti
popolani, ed elessono gonfalonieri delle compagnie del popolo; e de' XVIIII
ch'erano prima che 'l duca regnasse gli recarono a XVI, quattro per quartiere;
e feciono gonfaloniere di giustizia Sandro da Quarata, ch'era de' priori; e
feciono il consiglio del popolo LXXV per quartiere. Così fortunando e
disimulando si rifermò la città alla signoria del popolo.
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