XXXII
Di certe
novità state in Firenze in questi tempi.
Nel detto
anno del mese di giugno e di luglio, signoreggiandosi il reggimento di Firenze
per lo popolo minuto, come più tempo dinanzi fu detto dovea avenire, cioè per
le capitudini di tutte l'arti, come dicemmo adietro nella riformagione della
terra, cacciato il duca d'Atene, sì·ssi ricercò per certi uficiali, e fecesi
inquisizione di tutti i cittadini, rettori e castellani, stati per lo duca
nella città d'Arezzo e nel castello fatto per i Fiorentini in quello, e di
Castiglione Aretino, e della città di Pistoia e del castello che v'era dentro,
e di Serravalle, e di più castella di Valdarno e di Valdinievole, e della città
di Volterra, e di Colle di Valdelsa e di più altri, i quali alla rivoluzione
del duca e di sua signoria, e certi de' detti, rettori e castellani, gli
abandonaro, quali per paura e chi per la forza de' terrazzani, e tali per
baratteria, avendone danari. Molti ne furono condannati per l'asegutore delli ordini
della giustizia, commessogli per lo reggimento detto del Comune, e chi a
diritto e chi a torto; onde assai danari tornaro di condannagioni in Comune; e
molto ne furono condannati in persona, che non compatiro dinanzi, e più toccò
a' grandi ch'a' popolani; però che 'l duca gli avea messi in quelle signorie.
Ancora nel
detto tempo e mese furono per lo detto popolo fatti uficiali a rimettere tra
ribelli certi Ghibellini caporali, e altri possenti stati rubelli prima; però
che per la cacciata del duca tutti i libri di rubelli e sbanditi ch'erano in
camera furono arsi, sì che di quelli si fece nuovo ligistro.
Ancora nel
detto tempo fu condannato Corso di meser Amerigo di meser Corso Donati
nell'avere e nella persona per contumace, per certe lettere che furono trovate,
che mandava ed erano mandate a·llui da certi tiranni di Lombardia, con cui
tenea alcuno trattato contro al popolo di Firenze, o vero o non vero che fosse,
che no·llo aproviamo, però ch'a·llui era impossibile fornire sì grande impresa
sanza maggiore séguito; ma non comparì dinanzi a scusarsene, o per tema del
popolo o de' suoi nimici, o per non discoprire chi a·cciò tenea co·llui il
trattato. Il quale Corso colla moglie, ch'erano in Forlì, moriro in pochi dì di
maggio nel MCCCXLVII, di cui fu gran danno, però ch'era valente donzello, e per
venire in grande affare se fosse vivuto.
E nel detto
tempo, a dì III di luglio, fu in Firenze disordinata tempesta di venti, tuoni e
baleni molto spaventevoli, e caddono dentro alla città VI folgori, ma poco feciono
danno, ma maggiore paura alle genti.
E poi la
notte di santo Iacopo s'aprese fuoco nel popolo di San Brocolo, e arse quasi
una gran casa. E pochi dì apresso arse un'altra casa in Torcicoda a' confini
del detto popolo. E poi pochi dì apresso arse un'altra gran casa nel detto
popolo di San Brocolo, non però con troppo danno. E poi a dì VIII d'agosto la
notte s'aprese il fuoco nel popolo di San Martino presso ad Orto Sa·Michele in
botteghe di lanaiuoli, accendendosi in alcuno panno riscaldato per l'untume e
soperchio caldo, onde arsono XVIII tra case e botteghe e fondachi di lanaiuoli
con grandissimo danno d'arsione di panni e lane e altri arnesi e maserizie,
sanza il danno delle case; e·cciò ne dimostrò la 'nfruenza del pianeto di Marti
e del sole e di Mercurio stati nel segno del Leone, atribuiti significatori in
parte alla nostra città di Firenze, o più tosto la mala guardia del fuoco per
chi l'avea a guardare.
|