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Giovanni Villani
Nuova cronica

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  • Tomo terzo
    • Libro tredecimo
      • XXXIV               Ancora di novità fatte in Firenze per rettori di quella.
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XXXIV

 

           

Ancora di novità fatte in Firenze per rettori di quella.

           

Nel detto anno, a XXXI d'ottobre, si fece per lo popolo minuto reggente il Comune una nuova riformagione e legge contro a' grandi, che·ssi guardò adietro, e misesi inn ordine di giustizia, cioè che fosse tenuto l'uno consorto per l'altro nonistante che tra·lloro avessono nimistà, o disimulassono d'averla, per levare ogni vizio a' grandi contro a' popolani. Ancora feciono che ogni grande che fosse di fuori in signoria o al soldo d'alcuno signore, dovesse ritornare infra certo tempo, o sarebbe messo per ribello. Questo feciono per sospetto e gelosia presa di loro, però che dopo la cacciata del duca d'Atene, e state le novità e asalti dal popolo a' grandi, come detto avemo adietro, molti grandi e gentili uomini per fuggire la furia del popolo e per prendere loro vantaggi, chi era ito al servigio di meser Mastino della Scala, e chi di meser Luchino Visconti, e chi del marchese da Ferrara e del signore di Bologna, e chi n'er'ito nel regno di Puglia; e tutti convennono che tornassono co·lloro sconcio e danno. E poi a XI di dicembre feciono i magistrati del popolo un'aspra riformagione e crudele contra il duca d'Atene, ciò·ffu che chiunque l'uccidesse avesse dal Comune Xm fiorini d'oro, cittadino o forestiere, e tratto d'ogni bando ch'avesse con asegnamento e ordine. E feciollo per suo dispetto e onta dipignere nella torre del palagio della podestà con messer Cerritieri de' Visdomini, e meser Meliadusso, e il suo conservadore, e meser Rinieri da San Gimignano stati suoi aguzzetti e consiglieri, a memoria e asempro perpetuo de' cittadini e forestieri che·lla dipintura vedesse. A cui piacque, ma i più di savi la biasimarono, però ch'è memoria del difetto e vergogna del nostro Comune, che 'l facemmo nostro signore. E·lla detta legge feciono perché il duca d'Atene adoperava in Francia col re e con altri baroni quanto potea di male contro a' Fiorentini, ed erano in grande dubbio d'esere sopresi di rapresaglia d'infinita moneta che domandava per amenda al Comune di Firenze, se non che·ssi riparò allora col re di Francia con lettere del papa e con solenni ambasciadori, ch'andarono in Francia, faccendo manifesto e chiaro il re di Francia de' suoi difetti e male reggimento. E oltre a·cciò non finava il duca di mettere sospetto e gelosia in Firenze, e mandando sovente sue lettere in Firenzeccerti suoi acconti, dando loro speranza di suo ritorno per male reggimento, dicea, di quelli reggeano la terra, onde poco dinanzi ne fue impiccati due legnaiuoli ch'erano molto suoi credenzieri quand'era signore in Firenze, e ricevieno e mandavano le dette lettere. Lasceremo alquanto de' fatti del duca e di Firenze, e diremo d'altre novità d'intorno che furono in que' tempi.

 




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