Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText
Rino Fisichella
La santità forma di credibilità della vita cons.

IntraText CT - Lettura del testo

  • Prospettiva teologica della santità
Precedente - Successivo

Clicca qui per nascondere i link alle concordanze

        

 

         Santa è la prima nota da sempre applicata alla Chiesa nei suoi simboli battesimali primitivi5. Una verifica dello sviluppo, mostra come in primo luogo agioV sia applicato dalla Sacra Scrittura a Dio; dall’Antico al Nuovo Testamento è questo il nome di Dio. Il tre volte santo della chiamata profetica di Isaia (Is 6,3) ritorna nella visione dell’Apocalisse dove i quattro esseri viventi non cessano di ripetere: “Santo, santo, santo, il Signore Dio, l’Onnipotente, Colui che era, che è e che viene” (Ap 4,8). La santità di Dio è il mistero della sua esistenza. A testimonianza di questo, il profeta Amos mostra il Signore che giura solo per se stesso e sulla sua santità6. E’ su questa santità che si coniuga l’annuncio profetico della trascendenza di Dio e della sua fedeltà alla promessa e all’alleanza. Il profeta Osea condensa in maniera significativa questa dimensione quando attesta: “Io sono Dio, non un uomo, sono il santo in mezzo a te e non amo distruggere” (Os 11,9). La santità, insomma, è fonte di amore perché Dio non può contraddire se stesso.

Il Nuovo Testamento non ha difficoltà a trasferire a Cristo l’appellativo divino; in termini espliciti il processo si compie con l’Apocalisse quando l’autore sacro fa sentire il grido di quanti sono stati immolati per la parola di Dio dandone testimonianza con la vita: “Fino a quando, Sovrano, tu che sei santo e verace, non farai giustizia e non vendicherai il nostro sangue sopra gli abitanti della terra?” (Ap 6,9). Già questi pochi testi mostrano l’ardire della Chiesa primitiva nel voler applicare alla comunità dei credenti la stessa nota che appartiene solo al Signore. L’insieme dei credenti, per l’alleanza nuova e definitiva che Cristo ha realizzato sulla croce, forma il “tempio santo” di Dio (Ef 2,21), costituisce un “sacerdozio santo” (1 Pt 2,5) e una “nazione santa” (1 Pt 2,9). Dagli inizi del suo esistere, dunque, la Chiesa ha visto se stessa santa per l’atto di consacrazione a Dio. E’ da questo convincimento che deriva per Paolo nelle sue Lettere, per Luca in Atti e per l’autore dell’Apocalisse l’esigenza di chiamaresanti” i credenti. Il titolo, prima applicato alla comunità di Gerusalemme dei giudeo cristiani (1 Cor 16,1; 2 Cor 9,1.12; Rm 15,25.31), si apre progressivamente fino ad essere applicato ai gentili (Rm 16,2; Ef 1,1; Fil 1,1; Col 1,2) a testimonianza dell’universale chiamata all’obbedienza della fede in Gesù Cristo che rende santi in forza della presenza dello Spirito.

         Questa breve rassegna biblica, fondativa per il nostro percorso, permette di estendere la riflessione teologica su alcuni punti chiarificatori. Ciò che emerge in primo piano è la caratteristica della “consacrazione”. Dalla santità di Dio si passa alla santità del popolo che è a lui legato, anzi, consacrato. Il libro del Deuteronomio è alquanto esplicito in proposito: “Tu sei un popolo consacrato a Jhwh tuo Dio; sei tu che Jhwh ha scelto per suo popolo tra tutte le nazioni che sono sulla terra” (Deut 7,6); l’espressione ritorna frequentemente nei diversi libri sacri dell’Antico Testamento e permette di cogliere un’estensione interessante. La santità del popolo si esprime successivamente nella santità dei comandi che gli sono affidati perché viva di essi (Ger 23,9), la terra diventa santa perché frutto della promessa (Es 3,5), la città di Gerusalemme sarà santa per la presenza in essa della shekina di Dio (Ger 56,7), i sacerdoti di Jhwh, infine, saranno santi perché consacrati al suo servizio e a lui solo devono rendere il culto (Sl 132,9). Questi elementi, come si nota, evidenziano un’estensione interessante del concetto di consacrazione. Ciò che è dato vedere è il legame tra appartenenza e consacrazione. La santità originaria del popolo viene trasmessa alle attività fondamentali di cui esso vive e alle funzioni peculiari di alcuni eletti tra il popolo a svolgere un’attività a favore di tutti.

         Una prima conclusione che ne deriva è la verifica dell’elezione alla santità. Essa consiste in un atto mediante il quale Dio sceglie e per questo innalza. Elezione e consacrazione diventano coestensivi nel loro rapportarsi alla santità; più viene percepita l’elezione e maggiormente deve crescere il senso dell’appartenenza e, quindi, della consacrazione. Ciò comporta, comunque, la conseguenteseparazione” dal mondo. L’atto della consacrazione è la determinazione di uno spazio che è riservato per la partecipazione di chi è eletto a vivere di un’esistenza che è circoscritta dai confini propri di chi elegge. Su questo versante, è degna di attenzione l'osservazione che Vita consacrata, subito all'inizio della sua argomentazione pone. Nel parlare della consacrazione si dice che è un carisma essenziale della Chiesa: "presente fin dagli iniziappartiene indiscutibilmente alla vita e alla santità della Chiesa… come un elemento irrinunciabile e qualificante, in quanto espressivo della sua stessa natura" (Vc 29). Come si evince dal testo, vi è un legame costitutivo tra la consacrazione e la visibilità della Chiesa nel suo esprimere se stessa. Ciò consente di verificare l'atto della consacrazione come un momento definitivo dell'esistenza credente proprio in forza della sua analogia con la natura di consacrazione che la Chiesa stessa realizza nei confronti di Cristo. La sequela con la quale si decide di lasciare tutto per divenire discepoli di Cristo, impone di accogliere un programma di vita che nella sua radicalità mostra il cammino perenne che ognuno deve percorrere.

E’ a questo punto che bisogna introdurre una seconda specificazione. Essa mostra lo stile di vita differente di chi è consacrato. La vita di santità si esprime nella via della sequela con la sua legge che ispira i comportamenti. Inutile ricercare una scappatoia da questo imperativo; l’appartenenza e la consacrazione diventano visibili e devono essere tali nella testimonianza di una vita condotta secondo la regola della sequela. Lo stile di vita, quindi, diventa il criterio di discernimento necessario e fondamentale per la verità dell’appartenenza. Sappiamo che i consigli evangelici intendono manifestare la novità e la radicalità di questo stile di vita consacrata. Povertà, castità e obbedienza mentre da una parte esprimono a pieno titolo l'atto della libera scelta di consacrazione, dall'altra, rendono evidente la via del vangelo come la forma di vita che merita di essere seguita e vissuta. Lo ricorda con chiarezza l'incipit dell'Esortazione Apostolica: "La vita consacrata, profondamente radicata negli esempi e negli insegnamenti di Cristo Signore è un dono di Dio Padre alla sua Chiesa per mezzo dello Spirito. Con la professione dei consigli evangelici i tratti caratteristici di Gesùvergine, povero ed obbediente - acquistano una tipica e permanente visibilità in mezzo al mondo" (Vc 1).

Come si nota anche da questa esemplificazione, la via della santità e della consacrazione legate indissolubilmente nella natura stessa della Chiesa, portano con sé l'impronta cristica come sigillo permanente di novità e veridicità. Compiere la scelta di lasciare qualcosa è finalizzato a voler seguire una persona che è colta come senso ultimo e supremo dell'esistenza personale. Con ragione si può affermare che proprio questa dimensione della sequela nella via della santità rende possibile quella "rinuncia costruttiva" che se da una parte obbliga a dover lasciare qualcosa; dall'altra, permette l'esperienza unica di vedere progressivamente costruita l'esistenza personale nel raggiungimento di una finalità che è portatrice di senso. Si esprime, insomma, una dinamica crescente che nella sua esperienza ecclesiale porta a rendere visibile la natura di Sposa di Cristo e di "Corpo della Trinità" per usare l'espressione di Tertulliano. Su questo aspetto, sia l’Antico che il Nuovo Testamento esprimono una continuità disarmante. A partire dall’imperativo del Levitico: “Voi sarete santi perché io il Signore Dio vostro sono santo” (Lv 19,2), per giungere al comando dell’Apostolo: "Questa è la volontà di Dio, la vostra santificazione" (1 Ts 4,3), assistiamo a un unisono impressionante.

Al primo posto di questo nuovo stile di vita si deve porre l’ascolto della Parola di Dio e la vita di comunione con lui. Il profeta Geremia mette in relazione l’essere il popolo di Dio con l’ascolto della voce di Jhwh: “Ascoltate la mia voce; allora io sarò il vostro Dio e voi sarete il mio popolo” (Ger 7,23); alla stessa stregua Paolo pone in relazione il suo annuncio del Vangelo con l’esistenza della comunità nella verità di Cristo: “Se anche noi stessi o un angelo dal cielo vi predicasse un vangelo diverso da quello che vi abbiamo predicato, sia anatema… Vi dichiaro, dunque, fratelli che il vangelo da me annunciato, non è modellato sull’uomo; infatti, io non l’ho ricevuto né l’ho imparato da uomini, ma per rivelazione di Gesù Cristo” (Gal 1,8.11-12). La vita di chi aderisce a Cristo è il cammino progressivo di chi si impegna a rendere visibile nella propria esistenza la vita di comunione con lui. La chiamata alla santità, insomma, impone una coerenza di stile di vita che sia conforme alla vocazione ricevuta. Il Dio santo che partecipa la sua santità alla Chiesa chiede la risposta di credenti che coerentemente al loro battesimo siano espressivi di una santità originaria e originante di santità.

         E' importante osservare, che chi percorre la via della santità non rimane fermo e chiuso in se stesso; al contrario, produce a sua volta santità e santifica. Dio è santo, Cristo e il suo Spirito sono santi perché santificano; la Chiesa è santa e mediante i sacramenti santifica il popolo di Dio; chi vive la santità diventa segno efficace dell'amore e chiama alla vita di santità, questo è l’……. più coerente della credibilità. Si è in presenza, insomma, di una efficacia tale che non conosce confini dove si è disponibili a far agire la grazia di Dio. Con ragione, quindi, l'apostolo può dire che siamo chiamati, fin dalla creazione del mondo, ad essere "santi e immacolati alla sua presenza" (Ef 1,4) e Lumen gentium può affermare che "nel battesimo della fede i seguaci di Cristo sono stati fatti veramente figli di Dio e compartecipi della natura divina, e perciò realmente santi" (LG 40).

 





5sanctam ecclesiam” viene attestato nella versione etiopica della Epistola Apostolorum che risale al 160-170; lo stesso si rinviene nel frammento del papiro liturgico di Der-Balyzeh del VI sec. Come pure nei simboli battesimali più antichi quali la recensio coptica, aethiopica e armena, prima di giungere alla famosa formula occidentale presente nella Traditio apostolica di Ippolito (215).



6 "Il Signore Dio ha giurato sulla sua santità" Am 4,2.





Precedente - Successivo

Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText

Best viewed with any browser at 800x600 or 768x1024 on Tablet PC
IntraText® (V89) - Some rights reserved by EuloTech SRL - 1996-2007. Content in this page is licensed under a Creative Commons License