V
Nel pomeriggio Nanna stava alla
fonte mondando gli ortaggi che Maddalena doveva portare l'indomani al mercato, quando
Pacifico uscí dalla sua cucina, e venne alla fonte anch'esso con un paniere,
per lavare i cavoli e le zucche affettate, che aveva preparato per la minestra.
— Addio Nanna — disse immergendo
il paniere che si riempí d'acqua e risciacquandovi la verdura.
— Addio. Fate da massaia eh,
Pacifico? — rispose Nanna.
— Ma! Cosa farci? Poiché quello di
lassú s'è voluto pigliare la mia, che era tanto buona...
— E lo sapete che mio fratello
vuole ammogliarsi? — domandò Nanna interrompendo egoisticamente quello sfogo di
dolore vedovile.
— Sí, colla Rosetta di Cerano.
Sono io che gliel'ho fatta conoscere. È una bella giovane.
— Chi non lo sa? Sono soltanto le
belle che vanno a marito.
— Ma che! Ci vanno anche le
brutte. Di carne al macello non ne avanza mai.
— Intanto io perché sono brutta,
non ho trovato nessuno sposo.
— E se ve lo trovassi io, Nanna?
Ella capí che il babbo gli aveva
parlato, e si curvò verso la fonte senza rispondere, per dissimulare la gioia
che la faceva sorridere suo malgrado.
— Dite, lo pigliereste, se io ve
lo trovassi, lo sposo? — tornò a domandare Pacifico. Nanna si curvò
maggiormente mordendosi le labbra. Gongolava. Era come un ammalato che torni
alla vita dopo una lunga infermità di cui ha creduto morire. Riviveva all'amore,
si rivedeva sposa, lei che aveva già perduto tutte le speranze.
Pacifico vedendo che rideva, prese
un pezzo di zucca nel paniere e glielo gettò graziosamente tra capo e collo
ripetendo la sua domanda.
— Dite dunque, Nanna. Lo
pigliereste?
— Provate a cercarlo e poi si
vedrà — rispose Nanna facendo la preziosa; e gli sorrise maliziosamente e fuggí
in casa.
— Ha già posto gli occhi su
qualcuno — pensava — Ecco, sono sposa. Non è poi stato difficile come si
credeva.
Ma tutta la settimana passò, senza
che nessuno le parlasse di sposo. Che si fosse ancora illusa?
Intanto Pietro era sempre di malumore in casa, e stava spesso fuori, ed
i parenti dicevano:
— Bisogna finirla. Quel ragazzo
non ha la testa a segno. — E Nanna tornava a vedere il fantasma della cognata,
e tremava.
Finalmente, la domenica, uscendo
dai vespri, Pacifico s'accostò a Martino con una cert’aria misteriosa che
prometteva bene. Nanna che era indietro un tratto s'affrettò per passare
accanto agli uomini, nella speranza di cogliere qualche parola.
— Vi ho da parlare — diceva
Pacifico. — Volete che andiamo a berne un bicchiere?
Nanna udí, e passò dinanzi
sogghignando senza guardarli.
— Buondí Nanna — le gridò
Pacifico.
Ella si voltò, rise e tirò via. Il
suo cuore esultava. Era sicura che lo sposo c'era. Finalmente non sarebbe piú
considerata come un rifiuto, diverrebbe una donna come le altre.
Quella sera, quando tutti si
ritirarono all'ora della cena, ella prese il suo piatto di riso, ed andò a
sedere nel cortile, sperando che il babbo andrebbe a dirle quanto aveva
proposto Pacifico. Ma, invece, Martino la lasciò cenare in pace, e quando ebbe
finito la chiamò in casa. Quel discorso solenne voleva farlo presente alla
famiglia riunita.
— Ebbene, Nanna? — le disse. — Hai
voglia o no di maritarti?
— Oh, per me... — disse Nanna
alzando le spalle e volgendo il dorso in atto vergognoso, ma le brillavano gli
occhi; e si vedeva vagamente dinanzi un giovinotto dall'aria spavalda, con un
garofano all'occhiello ed il cappello sull'orecchio; la ragione non basta ad
imbrigliare la fantasia.
— Lo sposo ci sarebbe — soggiunse
il babbo.
Nanna si appese coll'immaginazione
al braccio del giovinotto, dal lato opposto al cappello ed al garofano, e si
ammirò nel suo vestito da sposa di lana e seta cangiante, e sorrise a quell'immagine.
Martino, dopo quelle parole, stava
zitto tirando lunghe boccate di fumo dalla pipa. Nanna era impaziente di saper
altro. Si voltò a mezzo, e guardò il babbo sogghignando.
— E cosí? — disse il vecchio.
— Ebbene, dite su — rispose Nanna.
— Cosa vuoi ch'io ti dica? L'hai
pur veduto chi è che m'ha parlato dopo i vespri.
— Pacifico.
— Sí, Pacifico. Dice che con
quella bimba da custodire non ha testa al lavoro; ed a lui converrebbe appunto
una giovane matura, punto bella, che non avesse grilli in testa, e potesse far
da mamma alla sua creaturina.
Nanna si sentí venir freddo al
cuore. Il giovinotto, il garofano, l'abito cangiante, le svanirono dagli occhi,
come avvolti in una nube. Si vide brutta, col suo capo senza argento; vecchia
accanto a quello sposo vecchio, che la cercava non per sé ma per la sua
figliola, per farle fare da matrigna. Vide quelle nozze senza espansioni, senza
feste ed a due passi da lei, nello stesso cortile, la cognata giovane e bella,
trionfante nelle pompe e nelle gioie nuziali.
Provò una grande vergogna. Ebbe un
grande dispetto contro Pacifico, contro il babbo, contro tutti. Proporle di
sposare lui stesso, da parte di quel sensale, era quanto dirle:
— Non credo vi sia altri che vi
voglia. — E per colmo di oltraggio, diceva di pigliarla perché era matura
e punto bella.
Nanna non aveva espansioni. Gioia, dolore, dispetto, racchiudeva
tutto in sé. Sentí una fitta atroce al cuore, e le si empirono gli occhi di
lagrime. Ma non fece altro che abbassarsi sul volto la pezzuola che aveva in
capo, e rimase muta, senza voltarsi, divorando le sue lagrime.
Martino fece spalluccie ed uscí
nel cortile borbottando:
— Non si sa come pigliarla.
Pietro picchiava un piede in
terra, e dimenava il capo con dispetto. Ma non disse nulla e continuò a
sminuzzare un pezzo di pane col coltello. La mamma s'accostò a Nanna, la prese
per un braccio e le disse:
— Via, vieni qui; parla. Lo vuoi o
non lo vuoi?
Nanna strappò con mal garbo il
braccio a quella stretta e gridò:
— Piuttosto morire, guardate, che
pigliarmi un vecchio e fare la matrigna!
— Oh senti! — disse finalmente
Pietro — Pacifico non è punto vecchio. Ha trentasei anni, e tu ne hai
ventisette. I signori si sposano sempre
cosí; il marito piú vecchio della moglie, magari di dieci anni. E poi Pacifico
è un brav'uomo. Cosa vuoi trovare di meglio? È quello che ti conviene.
— Sí eh? Conviene a voi altri
perché se sposo un vedovo il letto lo ha lui, e non avete da rifarmelo. Ebbene,
a me non conviene niente affatto.
— E fa come ti pare. Ma ricordati
ch'io non voglio star senza moglie pei tuoi capricci. Ora lo sposo l'avresti.
Se non lo vuoi, peggio per te.
— Sicuro — entrò a dire Martino —
Pietro ha ragione. Di casa non ti si manda via. Ma non posso impedire che tuo
fratello si faccia una famiglia. Se Pacifico non ti piace, non lo sposare;
però, se non andrai d'accordo colla cognata non venirti poi a lagnare. Sarai
stata tu a voler rimanere in casa.
— Io non starò in casa. Andrò a
fare la serva a Novara.
— Questo poi no — ribatté Martino
con un'energia tutta nuova in lui. — Di casa mia nessuno è mai andato a
servire. Può darsi che tu trovi ancora da maritarti; e se troverai, il letto si
farà; quello che è giusto è giusto. Altrimenti lavorerai in casa e fuori, ma a
servire in città, dove ci sono servitori, soldati, bottegai, tutti sfaccendati
che insidiano le ragazze, signora no; non si deve andare.
Nanna non era donna da prendere una risoluzione da
sé. Tenne il broncio per parecchi giorni, e rimase piú cupa di prima. Ma stette
in casa. Ed il matrimonio di Pietro si concluse; Martino andò con Pacifico a
Cerano a domandare la mano di Rosetta. Poi i due sposi coi babbi andarono a
Novara a comperar l'oro. Maddalena fece imbiancare la stanza accanto alla sua,
dissopra alla cameretta di Nanna ed al forno, lavò il pavimento e dispose tutto
per ricevere il letto e la cassa della sposa.
Nanna disse ai parenti che voleva
andare alla mietitura del riso per non esser presente alle nozze. La mamma capí
l’umiliazione che avrebbe patita; se ne discusse a lungo in famiglia e, contro
tutte le regole, si stabilí di fare il matrimonio in quell'epoca di grandi
lavori, per risparmiare un disgusto alla figliola disgraziata.
E Nanna partí tanto piú
volentieri, perché Pacifico, durante quegli apparecchi d'un matrimonio
combinato da lui, era sempre in
casa, ed essa l'aveva preso in uggia dopo la sua proposta; non poteva
perdonargli d'averla chiamata una donna matura e punto bella; e non gli parlava
piú affatto.
Sul finire della mietitura
Gaudenzio, dovendo passare presso la risaia dove lavorava Nanna, s'incaricò di
portarle qualche provvigione e gli sponsali che le mandava Maddalena.
— Quello è un bocconcin di sposa
che ha portato a casa vostro fratello — le disse. — Bella come un fiore, forte
come una colonna, vispa come un'allodola.
Il cuore di Nanna era tutto fiele
per quella cognata. Si abbandonò a pensare di donne che, dopo il primo parto,
avevano perduto tutti i capelli, e di gravidanze che fanno uscire macchie
gialle sul viso e cadere i denti. E si compiaceva di figurarsi che fra un anno
quella bellezza avrebbe un figliuolo e non sarebbe piú bella.
Poi Gaudenzio raccontava i
particolari delle nozze. La settimana prima della cerimonia, la sposa,
accompagnata dalla mamma, era andata in giro con un tondo di confetti in una
salvietta, ad offrirli casa per casa ai signori del paese. Cosí si usa da tutte
le spose; ed i signori prendono un chicco, e mettono una moneta nel tondo; per
lo piú una lira. Ma Rosetta aveva tanta buona grazia che tutti erano stati
generosi con lei, ed aveva raccolto de' bei quattrini. La mattina delle nozze
poi, era vestita come una madonna, e c'erano state due carrozzelle ad
accompagnarla da Cerano fino alla casa dello sposo.
— Ma il piú bello — continuò a
dire Gaudenzio — è stato nell’entrare in casa. La vostra mamma che è una donna
all'antica, ha posto a terra la scopa traverso l'uscio.
— Non occorre d'essere all'antica
per questo, — interruppe Nanna, che maliziosa com'era, aveva già presentito in
quell'accusa alla suocera un'intenzione di difesa per la nuora. — Tutte le
mamme sbarrano l'uscio colla scopa. E se la sposa è una buona massaia la prende
in mano per sgombrare il passo; e se è una trascurata passa lasciandola a
terra.
— Ma che! Queste sono idee della
mia nonna! — disse Gaudenzio che faceva sempre
pompa delle sue opinioni avanzate. — Quel folletto di ragazza aveva
proprio necessità di sgombrare il passo! Bisognava vederla! Ha fatto un salto
che ne avrebbe scavalcato una dozzina di scope.
— Ha scavalcato la scopa? —
esclamò Nanna coll'aria piú scandolezzata che poté assumere come avesse detto:
— Ha dato fuoco alla casa? —
— Sí! L'ha scavalcata! Che male
c'è? Non lo sapeva di dover prenderla in mano per mostrarsi casalinga.
— Che! Non lo sapeva. Se usa a Trecate,
non si può ignorarlo a Cerano. Non c'è mica il mare di mezzo. È che non ha
voglia di essere casalinga; ecco! Non ha presa la scopa!
E Nanna gustava tutte le acri
voluttà del male, in quel piccolo trionfo di cogliere in fallo la povera
giovinetta
E piú tardi, passando accanto ad
un gruppo di fanciulle raccolte nell'aja intorno a Gaudenzio, che raccontava
ancora ed ancora le meraviglie della loro giovane compagna, Nanna gridò con
disprezzo:
— Sí eh? Bella moglie, che non ha
neppure presa in mano la scopa!
Ma Gaudenzio, che di peli sulla
lingua non ne aveva proprio, le rispose dinanzi a tutti:
— Badate, Nanna, è l'invidia che vi fa parlare; perché gli anni
passano, ed il marito non viene, e la sposa è piú bella di voi.
Ah! Quel Gaudenzio era terribile!
Egli pure non era piú giovane; aveva trent'anni. Ma col suo cappellino
sull'orecchio e la sua aria disinvolta, era sempre
irresistibile ad un modo; era sempre
il lion del paese per tutta l'estensione a cui giungeva il suo carro, e
nessuno avrebbe pensato di trovarlo troppo vecchio per la vita galante che
menava. Le fanciulle erano tutte indulgenza per lui; ed a quella sua uscita
contro Nanna, posero il visto con una risata, insolente.
Tutto codesto non era fatto per
stabilire i preliminari della pace fra le due cognate e Nanna tornò a casa piú
che mai inviperita contro la sposa.
Rosetta era veramente una bella giovane. Non una
bellezza da romanzo; neppure una figurina elegante, ideale, com'era stata Nanna
a diciassette anni. Ma una bella contadinotta, bianca, rossa, paffuta come un
pomo, ben piantata su due gambe che parevano colonne, con fianchi e spalle da
cariatide; doveva esser feconda come una Niobe, ed il suo petto era abbastanza
vasto per nutrire i quattordici figlioli. La sua salute non smentiva quella
florida apparenza. Dacché era al mondo nessun medico le aveva mai tastato il
polso; e nel suo cuore esultava tutta la giocondità della gioventú e della
salute. Ella s'era guadagnato subito l'animo dei vecchi suoceri. Il salto della
scopa aveva finito nelle braccia di Maddalena, che l'aspettava a quel punto per
giudicarla. Ma quell'abbraccio espansivo, che fu ad un punto da stramazzarla a
terra, commosse vivamente la povera donna, che la sua figliola aveva da lungo
tempo divezzata dalle carezze.
Dalla cantina al solaio la casa
echeggiava tutto il giorno della voce giuliva di Rosetta, e Martino diceva:
— È il carnovale che ci è entrato
in casa con questa sposa.
Pietro invece era malinconico e
taciturno. Aveva l'animo affettuosissimo; non esitava mai dinanzi ad un
sacrificio per una persona cara; ma esitava terribilmente dinanzi ad una
parola. Era timido fino alla selvatichezza. In quei primi giorni di nozze era sempre imbarazzato delle proprie emozioni; se ne
vergognava, e mentre aveva il cuore gonfio di dolcezza, usciva sempre d'impaccio con uno sgarbo. Pover'uomo! Quanto
avrebbe avuto bisogno l'isolamento incoraggiante del viaggio di nozze! Ma
questo lusso d'espansioni da solo a solo è riservato ai signori.
I contadini, che vivono in
famiglia, alla patriarcale, sono condannati a far all'amore sotto gli occhi dei
parenti, a frenare tutti gli impeti del loro cuore, povera gente!
Appena Rosetta vedeva rientrare il
suo uomo, come si dice in quelle campagne, gli saltava incontro
facendogli festa.
— Bentornato, uomo! Avete
appetito? Abbracciate la vostra donnina. — Pietro l'avrebbe abbracciata con
tutta l'anima, ma si faceva tutto rosso, sbirciava il babbo e la mamma, poi si
schermiva con una mala grazia, dicendo alla sposa:
— Sta un po' cheta! Sei matta.
Rosetta non era una tempra
abbastanza delicata per soffrirne tutta la mortificazione che ne avrebbe
sofferto una delle mie lettrici. Capiva che il suo uomo si vergognava, e gli
rispondeva con una risata.
Quando giunse Nanna dalla risaia,
la sposa era nell'orto.
— Rosetta! — gridò Maddalena. —
C'è la Nanna.
Rosetta non fece altro che
rimboccare il grembiale colmo dell'insalata che aveva raccolta, lo annodò in
fretta dietro la vita, e via di corsa traverso le aiuole. In un minuto sbucò da
dietro la casa gridando:
— Dov'è questa cognatina? — e
vedendola in arnese da viaggio cogli zoccoli da una mano ed il fagotto
dall'altra, le saltò al collo e la baciò sulle guancie.
Nanna si lasciò fare, freddamente,
senza ricambiare quell'espansione; ed appena poté svincolarsi entrò in casa
mormorando:
— Che scene! — Mentre la sposa dal
canto suo pensava:
— È come Pietro. Sono tutti cosí.
Non osano dimostrarsi; vogliono bene, ma se lo tengono in cuore; non lo sanno
mettere fuori.
Dopo il matrimonio di Pietro, Gaudenzio
capitava spessissimo alla cascina dei Lavatelli.
— Come va, Gaudenzio? — gli disse
una volta Nanna con amarezza. — Avevate dimenticata la strada di casa nostra,
ed ora l'avete ritrovata?
— Io vado sempre dove
ci sono le belle donne — rispose quel fatuo. — Ora che avete la cognata bella
ci vengo.
Nanna se la legò al dito. Era uno
scherzo impertinente in cui la sposa non aveva che una parte passiva. Ma Nanna
gliene addossò tutta la responsabilità, e vi soffiò dentro col suo odio fino a
gonfiare quell'inezia alle proporzioni d'un adulterio.
Intanto era venuto l'autunno colle
lunghe serate e le veglie nella stalla. Rosetta colla sua cordialità aveva
fatto parecchie conoscenze nei dintorni, ed attirava in quella stalla, altre
volte cosí uggiosa, un gruppo di vicine, tutte in ammirazione del buon umore e
della graziosità della bella sposa.
C'erano parecchie fanciulle; Nanna
sedeva con esse a filare; ma il suo capo ravvolto nella pezzuola, la sua
taciturnità, il viso imbronciato, l'umore intollerante, i giudizi malignati e
severi, la invecchiavano assai e la facevano stare a disagio e spostata in
quella schiera giuliva.
Rosetta invece, nella sua grave
qualità di donna maritata, doveva collocarsi fra le massaie, ed attendere
all'importante missione di rattoppare gli abiti del suo uomo. E lo faceva di
cuore, ed agucchiava con tutta l'energia del suo braccio robusto, e tagliava
nettamente il filo co' dentini bianchi.
Ma i discorsi delle massaie che si
narravano a vicenda le loro varie gravidanze, e gli allattamenti, ed i miracoli
del santo del paese, e gli amuleti di famiglia, e le varie malattie, e le
permanenze all'ospedale, non interessavano punto la giovane sposa. La sua
esperienza di diciott'anni non le offriva il menomo argomento per prender parte
a quei gravi parlari. Ed intanto il chiacchierio civettuolo e pettegolo delle
fanciulle trovava la via di venirle all'orecchio e da lontano ella mandava il
suo razzo in quel fuoco d'artificio, e le ragazze lo accoglievano ridendo, ed
ella rideva piú forte di loro. E tutta quella ilarità giovanile passava e
ripassava come una palla, dissopra al capo seriamente coperto di Nanna, senza
lasciarsi impaurire nemmeno per ombra dalla sua severità. E Nanna sentiva, nel
suo cuore inviperito che la cognata era felice suo malgrado, e ne fremeva.
Pietro, assiduo al lavoro, era
spesso fuori di sera pe' suoi trasporti. Gaudenzio invece era divenuto un
costante frequentatore della stalla. Il suo arrivo era una festa per tutte
quelle giovani, ed un tormento per Nanna, per la quale egli aveva sempre qualche crudele verità in pronto, mentre
invece era tutto galanteria per la cognata.
Oh, se Nanna avesse potuto
allontanarlo per sempre, far nascere
una lite che lo mettesse alla porta! Le pareva che gli altri non si sarebbero
accorti che era vecchiotta e brutta, se quel giovane temerario non fosse stato
là a ripeterlo ad ogni momento.
Se voleva fare un complimento a
Rosetta pe' suoi capelli, Gaudenzio non sapeva farlo senza dire una scortesia a
Nanna.
— Ci avete anche la parte di
vostra cognata.
Se la sposa si vantava di non
esser mai stata un giorno a letto, di non aver mai preso una medicina.
— Precisamente come Nanna — diceva
con ironia Gaudenzio. Era un tormento. Quando poi si parlava di nozze la povera
zitellona era sempre in ballo.
— Gaudenzio, sapete chi si fa
sposa?
— Chi? La Nanna?
E tutte a ridere, ed a dirgli di
buffone per vezzeggiativo. E Pacifico, l'unico uomo che l'aveva domandata, ed
in che modo! Era là, ed udiva tutti quei discorsi, che erano una conferma del
suo giudizio: matura e punto bella.
E Nanna si faceva ogni dí piú
sospettosa e cattiva. Odiava la cognata, odiava Gaudenzio, odiava tutte le
persone giovani e belle e felici. Aveva torto. Ma loro mie signore, che mi
leggono sedute nel loro salotto accanto ad uno sposo che le adora, loro in cui
l'educazione ha raffinato il senso morale, mi dicano, colla mano sulla
coscienza, possono giurare che non avrebbero fatto altrettanto alla prova di
quelle piccole torture d'ogni momento?
Una sera di novembre Pietro giunse
col suo carro, e staccato il cavallo, andò a raggiungere la famiglia nella
stalla
Rosetta aveva smesso di corrergli
incontro e abbracciarlo, a forza di vedersi respinta dalla timidezza selvaggia
del marito. Aveva accanto Gaudenzio che le diceva mille corbellerie, e si
limitò a gridare:
— Addio Pietro; buona sera — senza
scomodare né sé né il suo cavaliere e Nanna si legò al dito anche questa.
— Mamma — disse Pietro a
Maddalena. — Sono stato a Cerano. La mamma di Rosetta ha avuto Lucia colle
febbri intermittenti dopo la mietitura del riso. Dice che il medico l'ha
consigliata di farle cambiar aria; e, se voleste, la manderebbe qui da voi, con
sua sorella.
Nanna ebbe un nuovo sussulto. Lo
dissi già; in tutte le donne giovani e belle vedeva un'avversaria.
— Quanto a me — disse Maddalena, —
la vedrò volentieri sicuro; ma dove vuoi che la mettiamo a dormire quella
ragazza?
— Quando io sono fuori può dormire
colla mia donna; sono sorelle ed andranno d'accordo. E le notti ch'io passerò a
casa, starà nel letto con Nanna.
Nanna fremette all'udire quella
combinazione. Ma non ebbe neppure l'idea di opporsi. Nelle campagne le donne
vivono in una sommissione assoluta. Soltanto le massaie possono far valere in
una certa misura la loro volontà; ma le ragazze sono sottomesse, e sarebbe sembrata una stravaganza da parte di Nanna il non
voler dividere il suo letto con quella fanciulla che non conosceva; come non si
supponeva neppure che la giovane ospite potesse manifestare la menoma
ripugnanza a dormire con Nanna.
L'indomani Pietro partí per
portare della legna a Cerano, ed al ritorno condusse la cognatina.
Era una fanciulletta di sedici
anni, delicatina, allungata ed impallidita dalle febbri, gentile, bianca, cogli
occhi azzurri ed i capelli bruni, con una boccuccia piccina che rideva spesso e
volentieri, ed una vocina infantile. Pareva una signorina vestita da
campagnola. Portava per le prime volte l'argento, e si lagnava che le dava il
mal di capo. Era stata alle scuole comunali, sapeva leggere, scrivere, e
persino fare il pizzo all'uncinetto. Una meraviglia!
Gaudenzio, com'era da aspettarsi,
volle attirare l’attenzione della nuova venuta, e le parlò con quella deferenza
graziosa con cui si parla ai bambini. Egli però non la trovava di suo gusto.
Il peso specifico di quella bimba
convalescente non rispondeva al suo ideale, ed egli non era uomo da mettere
sulla bilancia l'azzurro profondo di quegli occhioni ingenui, e la grazietta
della persona. Ma le si mostrava galante per riguardo alla sorella sposa, che
era di peso quella.
La povera piccina non istette a
lungo ad accorgersi che quel Gaudenzio era l'aspirazione di tutte le fanciulle
della stalla; ed il suo piccolo amor proprio fu lusingato al vedere che si
occupava piú specialmente di lei. E dall'essere lusingata dalla preferenza d'un
uomo a preferirlo, poco ci corre.
Nanna s'accorgeva di tutto questo.
Dell'inganno della bimba, della sua simpatia nascente. E, sebbene vedesse che
pigliava un granchio, poverina, se ne aveva male anche con lei, e godeva che
non fosse corrisposta come credeva.
La prima sera dopo l'arrivo della
piccola Lucia, Pietro giunse nella stalla conducendo un suonatore d'organetto.
Tutte le giovani, fanciulle e maritate, balzarono in piedi salutando quella
sorpresa con grida di gioia.
Nanna, per istinto, per rimembranza,
s'era alzata anch'essa. Ma quando tutti i giovani ebbero scelta la ballerina si
trovò sola ad impacciare le coppie danzanti, dovette tornare a sedere accanto
alle mamme.
Gaudenzio, vedendo che Pietro si
disponeva ad aprire il ballo colla sposa, s'era affrettato a pigliare la
forestiera. Nel ricondurre a posto la giovinetta vide Nanna piú avvilita del
solito per quello sfregio patito e le disse:
— Non ce ne sono piú eh! Di
ballerini per voi, Nanna?
— Io non ho voglia di ballare —
gli rispose Nanna che cercava di salvare almeno l'apparenza. Ma con Gaudenzio
non c'era verso di salvar nulla Egli aveva bisogno di mettere i punti sulla i,
anche quando le leggi dell'urbanità protestavano contro quelle dell'esattezza.
Egli ribatté con malignità brutale:
— Sí eh! Quel che non si può avere
si dà via per carità. — Lucia, che aveva lo spirito un po' piú coltivato, sentí
tutta la crudeltà di quelle parole, e cercò di mitigarla come poteva dicendo:
— Vuoi ballare con me, Nanna?
In quella Pietro cessava di
ballare con Rosetta, e la conduceva a sedere accanto a Maddalena. Gaudenzio
piantò la zitellona e la bimba, e corse alla giovane sposa che sollevò come un
conquistatore, e si diede a ballare con lei, alla sua maniera sguaiata e
compromettente. Nanna ricusò la gentile offerta di Lucia e seguí con occhio
scrutatore la coppia danzante. Ella ne sapeva qualche cosa di quelle strette,
di quei dondolamenti, di quegli sfioramenti di guancie, di quelle parole
ansimate in un caldo sussurro fra capo e collo. Le impressioni che avevano
destate in lei, ora le vedeva riprodotte nella giovane cognata, e fatte piú
vive dalle gioia di sentirle condivise dal suo meraviglioso ballerino.
Rosetta infatti, espansiva,
chiassosa, gioconda, non si trovava bene con quel marito raggomitolato in sé
stesso come un istrice. Aveva soggezione di lui. Non osava fargli una
gentilezza perché sapeva che non sarebbe corrisposta. Non osava dirgli una
corbelleria, perché non ne avrebbe riso. Invece cogli altri non aveva che ad
aprir la bocca per sentirsi dire:
— Che demonietto di donna! Che
granello di pepe! Le studiate tutto voi! Ne sapete una piú del diavolo. Con voi
di malinconia non se ne patisce sicuro!
Gaudenzio poi era anche piú
espansivo e piú complimentoso degli altri. Egli, con quell'audacia che lo
distingueva, non esitava ad esprimerle a bruciapelo la sua ammirazione per la
sua bellezza.
— Che pezzo di donna! Voi non
avete paura che il vento vi porti via. Perché non vi levate un poco la pezzuola
dal collo se il danzare vi riscalda! Io non guardo — e si poneva davanti agli
occhi le mani colle dita discoste per mostrare il suo desiderio indiscreto di
vederla scollata. — Del resto — soggiungeva — lo so bene che è tutta roba
imbottita. — E sorrideva di quella facezia, come se il dirle ch'era grassa e non
aveva imbottiture fosse il piú grande vanto che le si potesse fare. Rosetta non
era donna da raffinature. Era allegra e pigliava tutto in buona parte. Vedeva
soltanto l'intenzione di farle un complimento, e l'accettava senza esaminarla
troppo; ed era contenta, perché Gaudenzio le piaceva, e si trovava bene con
lui.
— Ecco — pensò Nanna; — sono pochi
mesi che è maritata, e fa già all'amore cogli altri.
Era spingere troppo oltre il
giudizio temerario; ma ella aveva bisogno di aggravare le cose, per giustificare
ai propri occhi l'odio che risentiva, ed il suo progetto di svergognare la
cognata e di allontanare quel Gaudenzio che la avviliva sempre.
Ella andò a sedere accanto a
Pietro e gli disse:
— Ora hai finito di ballare con
tua moglie. È impegnata per tutta la sera... — Avrebbe voluto aggiungere: — con
Gaudenzio — ma non ne ebbe il coraggio.
Pietro però, comprese malgrado la
reticenza. Adorava la sua bella sposa con tutta l'intensità dei sentimenti
concentrati, i quali sembrano
aumentarsi di quella tanta parte d'affetto che non espandono in manifestazioni.
Provava già un senso d'invidia per
chiunque possedeva quella facile espansione ch'egli non aveva, e che rendeva
gli altri piú simpatici di lui. Ne era istintivamente geloso, perché
l'apprezzava come una superiorità. La parola di Nanna bastò a fargli volgere su
Gaudenzio quella vaga gelosia.
Sofferse profondamente di quel
sospetto; ma non lo manifestò, come non manifestava il suo amore. Egli pure,
come Nanna, racchiudeva in sé tutti i suoi sentimenti. Era appassionatissimo, e
sentiva ardentemente l'aspirazione ad un amore esclusivo.
Ma Nanna si vendicava di non poterlo inspirare.
Pietro invece, profondamente buono, ne soffriva soltanto. Non provava come lei
l'acre bisogno di far patire anche agli altri la propria sofferenza, di
accusarli del proprio male, di odiarli. Si doleva sinceramente di non valere
quanto gli altri, che, nell'umiltà del suo cuore, credeva superiori a lui; e la
cagione dei torti che sopportava, la cercava in sé stesso. Diceva: — Non so farmi
amare da quella donna.— E pensava cosa potrebbe fare per guadagnare il cuore
della sposa.
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