VI
La prima domenica di dicembre alla messa cantata, la moglie del salumaio
di Trecate, che era una giovane sposa, comparve in chiesa con un magnifico
spillo d'argento in filigrana puntato nel velo. Figurava un ramo di gelsomini,
ed era montato sopra un gambo a spirale, in modo che tremava ad ogni movimento
del capo. Fu una grande agitazione fra le donne. L'angelo che portò al Padre
Eterno il resoconto di quella messa, ebbe a riferire una quantità di
distrazioni e peccati di desiderio. Il nono comandamento pesò quel giorno sulla
coscienza di tutte le donne dai quindici anni ai cinquanta. Tutte avevano
desiderato lo spillo della salumaia.
La sera nella stalla, non si parlò
d'altro. Pietro non era là. Aveva dovuto partire nel pomeriggio della domenica
per giungere la mattina del lunedí a prendere un grosso carico di materiali da
fabbrica, da condurre alla chiesa di Galliate, che allora era in costruzione, e
piú tardi crollò, prima d'esser finita.
Gaudenzio c'era, l’immancabile.
Egli pure aveva osservato lo spillo, ed anche la salumaia, che in quanto a
grassezza non aveva nulla da invidiare ai generi del suo commercio. Trovava che
quello spillo, tremolante come una gelatina, le stava molto bene.
— Che gioia di marito dev'essere
quel salumaio! — esclamò Rosetta. — Se Pietro mi regalasse uno spillo cosí, lo
mangerei a baci.
— Pietro non può fare simili
spese, — disse Maddalena.
— Quanto può costare quello
spillo? — domandò Gaudenzio.
— Da quindici a venti lire.
— Eh! Un uomo che vuol bene
davvero ad una donna non bada a venti ed anche a cinquanta lire per
accontentarla.
Gaudenzio sparò questa bomba di
generosità guardando fisso Rosetta negli occhi come per dire: — Io sarei capace
di spendere cinquanta lire per voi.
Era il suo bisogno di mettere i
punti sulle i. E li pose troppo chiari. Nanna capí. Ed anche Lucia,
nella sua semplicità, capí che in
quello sguardo c'era un commento al discorso.
Ma lei, povera bimba, non pensava
che il commento potesse riguardare personalmente Rosetta, che aveva già marito.
Uno sguardo d'amore e d'intelligenza rivolto a sua sorella doveva alludere a
lei. Gaudenzio le faceva un po' la corte e faceva la corte a Rosetta perché
combinasse un matrimonio fra loro. Cosí aveva inteso onestamente le cose quella
testina di sedici anni. Per lei era come se avesse udito Gaudenzio dire a
Rosetta:
— Io lo pagherei anche cinquanta
lire lo spillo per la vostra sorellina.
Nell'uscire dalla stalla non seppe
resistere al bisogno di espansione che è tanto prepotente in quell'età e in
quei sentimenti. Ella domandò a Nanna:
— Ce l'ha l'innamorata Gaudenzio?
— Che! Potrebbe non averla? Un bel
giovane cosí! — rispose Nanna acremente.
— E chi è? — tornò a dire con voce
insinuante la piccina.
— Oh, io non dico nulla. Si vedrà.
Se saranno rose fioriranno — e seguendo il suo pensiero crudele, soggiunse — e
colle spine anche.
Ma la ragazza non fece caso di
quella parola e continuò ad interrogare come la spingeva la curiosità
appassionata:
— È della nostra stalla? Dimmi
soltanto se è della nostra stalla
— Sí. È della nostra stalla. Ed è
a lei che porterà il fiore. Oh, s'hanno a vedere di grandi cose qui.
Lucia salí a coricarsi presso la
sorella, coll'animo pieno di speranza. Ella aveva interpretato tutto il
discorso di Nanna in suo favore. Le ironie non avevano trovato la via nel suo
animo sincero, e si teneva certa che la donna amata era lei, e che lei avrebbe
lo spillo.
Passarono i primi giorni della
settimana. Pietro tornò la sera del lunedí e ripartí il giovedí all'alba. Udí
egli pure tutti i parlari delle donne sullo spillo della salumaia. Capí che la
sua sposa lo desiderava ed avrebbe voluto dirle: — Io te lo porterò.— Ma ebbe
soggezione della mamma, del babbo, della sorella. Gli pareva di udire i
commenti che si farebbero alle sue spalle:
— È innamorato come un ciuco della
sua donna. Fa tutto quello che piace a lei. Butta i denari dalla finestra per
accontentarla.
Egli arrossí a quel pensiero per
la sua dignità d'uomo. Avrebbe voluto dare a Rosetta lo spillo, ma
segretamente, o in una maniera che giustificasse quella larghezza.
La sera del giovedí era il dodici
dicembre. Pietro non era anche tornato. Quando egli era assente, la
conversazione della stalla era sempre
piú animata, perché Rosetta sfogava il suo umore chiacchierino ed allegro senza
soggezione, e Gaudenzio le faceva la corte senza paura di suscitare dei guai.
— A Novara — disse Gaudenzio — la
città è tutta in festa questa sera.
— Già — rispose la piccola Lucia
ch'era stata a Novara un po' di tempo colla Rosetta, da una sua zia erbivendola
— È la vigilia di Santa Lucia. Sotto le arcate dei portici vi sono tanti banchi
illuminati, con ogni sorta di chicchi, e Sante Lucie di zuccaro. E tutti i
negozi hanno nella bacheca un mondo di belle cose. Ti ricordi Rosetta?
— Altro, che mi ti ricordo! Quell'anno che eravamo
dalla zia abbiamo messo fuori dalla finestra il nostro panierino anche noi, e
Santa Lucia ha portato la strenna.
— Ebbene? E perché non lo mettete
fuori anche questa sera il paniere? — domandò Gaudenzio guardando sempre Rosetta negli occhi. — Chissà che Santa Lucia
non passi di qui?
— Che! — disse la sposa. — Come
volete che passi? Pietro non è a casa.
— E come c'entra Pietro con Santa
Lucia?
— Oh, ci credete bene sciocche! —
protestò Lucia. — Fino i bimbi di Novara dicono:
Santa Lucia
Mamma mia
Colla borsa del papà
Santa Lucia la
venirà
— Ah voi siete troppo smaliziata —
disse Gaudenzio ridendo. — Lo metterà Nanna il paniere; lei ci crede ancora a
Santa Lucia; vero, Nanna?
— Io credo tutto, sono una scema —
rispose Nanna risentita.
— Eh sí! Scema voi! Ne sapete da
menarci a scuola tutti — disse Gaudenzio, cui premeva di rabbonirla per indurla
ad approvare la proposta dei panieri.
Nanna sorrise a quel complimento che le era fatto
dinanzi a tanta gente. Gliene capitavano cosí di rado, che li gradiva anche
quando le venivano per forza.
— Dunque lo metterete fuori il
paniere? — insisté Gaudenzio.
— Non è per me che l'avete detto.
— L'ho detto per tutte e tre.
Quello che fa una cognata lo deve fare anche l'altra.
— Oh per me... mi sprezzano tutti.
— Vuol dire che tutti vi amano.
Chi sprezza ama.
— E poi se trovo il paniere vuoto?
— Date retta; non lo troverete
vuoto. Santa Lucia mi ha fatto sapere che passerà dalla vostra finestra. Via,
siate buona.
Neppure nei tempi andati Gaudenzio
aveva mai parlato a Nanna con tanta deferenza; non l'aveva mai pregata cosí.
Non l'aveva mai guardata con quegli occhi supplichevoli. Per la prima volta,
dopo tanto tempo, non aveva l'aria di canzonarla. Tutti tacevano nella stalla.
Tutti guardavano Gaudenzio e lei. Gaudenzio che la implorava, lei arbitra di
farlo contento o di crucciarlo con un sí o con un no. Fu un momento di trionfo
insperato per Nanna. Tutta la sua parte di vanità umana e di vanità di donna le
si portò al cervello per suggerirle un mondo di speranze e d'illusioni: ed ella
disse nel suo pensiero: — Chi sa?
E nel guardare in giro per
assaporare quel momento di gloria, incontrò gli occhi di Lucia, intenti su
Gaudenzio e su lei, con una velatura cristallina di lagrime.
Capí che la povera bimba era
gelosa, e quel sentimento, che inspirava per la prima volta, finí di far
perdere la testa a Nanna
— Sí: metterò fuori il paniere —
disse. E senza ragionarvi sopra, dimenticando i precedenti che l'avevano messa
in sospetto contro la cognata, con tutta la cecità della vanità lusingata, si
figurò di trovare il domani nel suo paniere la strenna di Gaudenzio.
Il carrettiere uscí di buon'ora
dalla stalla. Aveva i suoi preparativi da fare. Nanna cercò di congedar presto
le vicine perché l'impazienza la rodeva. Rientrata in casa disse alle due
giovani:
— Mettiamo ciascuna la nostra
pezzuola da collo sul paniere, perché Santa Lucia possa distinguer l'uno
dall'altro.
Ma Lucia aveva il cuoricino
gonfio! Non volle metter fuori il paniere.
— Non sono di casa — disse.
Lo posero Nanna e Rosetta
all'unica finestra della cucina che dava sull'orto. Poi le due sorelle salirono
coi vecchi, e si ritirarono nella loro stanza, e Nanna entrò anch'essa nella
sua.
Ma depose soltanto il lume, poi
uscí pian piano nel forno, che aveva una finestra accanto a quella della
cucina, da cui era separata semplicemente
da un uscio; e là, dietro le gelosie socchiuse, stette in agguato.
Non andò a lungo, che vide
un'ombra avanzarsi cautamente fra le aiuole dell'orto, e riconobbe Gaudenzio.
Egli andò alla finestra dov'erano
i panieri. Nanna, senza lasciare il suo posto d'osservazione, pose la mano sul
chiavistello dell'uscio, ed aspettò stando in ascolto.
Due minuti ancora, ed udí il passo
cauto di Gaudenzio che si allontanava. Aperse pian piano; uscí e si trovò sotto
la finestra della cucina.
Alzò la mano al suo paniere col
cuore palpitante. C'era un oggetto duro, sferico. Lo prese, lo guardò alla
scarsa luce della finestra, palpò, trovò il filo. Era un gomitolo.
Era una satira atroce. Dipanar
filo, nel gergo del paese, vuol dire rimaner zitellona.
In quell'oscurità, Nanna arrossí
come una vampa. Se avesse avuto sotto mano quell'uomo, in quel momento lo
avrebbe ucciso.
Toccò fremendo nel paniere della
cognata, e sentí il fiore di filigrana.
Intanto Gaudenzio si allontanava
pian piano traverso le aiuole.
Ella non prese tempo a riflettere.
Ravvolse fiore e gomitolo nella pezzuola di Rosetta, e la spinse con impeto
dietro il donatore insolente. Poi rientrò nel forno, e tornò a guardare
traverso le imposte.
Gaudenzio stava fermo in piedi, ed osservava
attentamente qualche cosa. Forse la pezzuola di Rosetta. Nanna provò un momento
di amara soddisfazione. L'aveva fatto apposta a respingere i doni nella
pezzuola della cognata. Egli li crederebbe respinti da lei, e gliene serberebbe
rancore.
Quell'insulto finí di avvelenare
il cuore di Nanna. Da quella sera il suo odio contro Gaudenzio e la cognata
divenne sragionato, implacabile.
Non era piú gelosia; non era piú
invidia; era odio, era sete di vendetta.
Invece di porre ostacoli al loro
amore, come aveva fatto fin allora, desiderava che accadesse qualche enormità
per sorprenderli e svergognarli.
— Ch'egli le renda soltanto la
pezzuola — pensava — poi dirò tutto.
E pregustava l'amara
soddisfazione, di confondere ed avvilire la bella Rosetta.
Si figurava di vedere la cognata
rientrare in casa colla pezzuola al collo, e di domandarle: — Come? Non l'avevi
perduta quella pezzuola? Non te l'avevano rubata?
E l'altra inventerebbe delle scuse:
— Sí; ma l'ho trovata nell'orto, — oppure:
— Me l'ha portata il tale; o la
tale — e non nominerebbe Gaudenzio per non dire d'avergli parlato da sola.
Ed allora lei, Nanna le direbbe
dinanzi a tutti, il babbo, la mamma, il marito geloso, tutti:
— Bada; dici la bugia. È Gaudenzio
che te l'ha data. Io lo so, perché sono stata io che l'ho gettata a lui la
notte di Santa Lucia. E direbbe del fiore; e Pietro rimanderebbe la moglie
infedele ai suoi parenti; e la casa sarebbe liberata per sempre
dalla bella Rosetta e dal suo amante insolente...
Quell'anima avvilita s'inebriava
di tali visioni crudeli.
Ma non si realizzarono. Appena fu
giorno, Rosetta corse in cucina per vedere se Santa Lucia le avesse portata la
strenna, e fece un chiasso da non dire per la scomparsa della pezzuola. Se ne
lagnò con tutti. Quella perdita reale, le fece dimenticare il dono vagamente
sperato.
— Oh, chi ha trovato la mia
pezzuola? — andava gridando nel cortile. — Pacifico, se andate fuori, guardate
se vi riesce di trovarmi la pezzuola lungo il viale — e s'avviava ella stessa a
cercarla dall'altro lato nell'orto.
— Non vorrei che la riavesse
subito da Gaudenzio, poi venisse a dirci di averla trovata, ed io non potessi
smentirla — pensò Nanna. E si pose a fianco della cognata, per verificare che
la pezzuola non si trovava
Ma i suoi calcoli l'ingannarono.
Aveva contato senza l'astuzia di Gaudenzio. Egli non era un cavaliere errante.
Non pensò a tenersi quella pezzuola sul cuore, ad assorbire il profumo della
donna amata.
Gli premeva di non suscitare scandali, di non
destare il sospetto ch'egli fosse entrato nell'orto, di notte.
Quando le due cognate furono
presso la siepe, Rosetta mise un grido:
— Ecco! È qui! — Nanna fu tutta
scossa. Nella sua idea fissa, credeva di vedere Gaudenzio. Vide invece la
pezzuola, distesa sui rami della siepe.
Era sconfitta. Nessuno poteva dire
chi l'avesse posta là. Se avesse dichiarato che era Gaudenzio non l'avrebbero
creduto. Sarebbe stato rivelare inutilmente lo scherno del gomitolo di cui
soffriva tanto.
— È Santa Lucia che t'ha fatta la
grazia di toccare il cuore al ladro — suggerí Maddalena.
Nanna lasciò dire, e si propose di
vendicarsi in altro modo.
— Li riprenderò — pensava. —
Quello spillo deve darglielo. Egli non ci rinuncierà cosí facilmente; ed io non
frapporrò altri ostacoli. Ma appena sarà nelle mani di Rosetta, allora parlerò.
Ci sarà la prova. Quel grullo di Pietro è tanto cotto della sua sguaiata di
donna, che senza prova non vorrebbe darmi retta.
La sera nella stalla non perdette
una parola né uno sguardo di Gaudenzio. Egli teneva il broncio a Rosetta; ma
era chiaro che Rosetta non ne capiva il motivo. Era tutta sorpresa. Gaudenzio,
per dimostrarle meglio il suo risentimento, corteggiava Lucia.
— Vi ha portata la strenna la
vostra santa? — le domandò.
— Non ho messo fuori il paniere — rispose la
bimba, tra meravigliata e contenta di vedere quel gallo della checca occuparsi
di lei, mentre la sera innanzi era stato galante con Nanna.
— Perché non l'avete messo? —
domandò ancora Gaudenzio.
— Perché sapevo già che Santa
Lucia non mi porterebbe nulla.
— È vero. Santa Lucia porta la strenna ai bimbi, e
voi siete una giovane da marito.
Lucia sorrise e si fece rossa; un
istinto di civetteria, da innamorata, le inspirò il desiderio di dire, o almeno
di far capire, il vero motivo geloso per cui non aveva messo il suo paniere
cogli altri due.
— Nanna e Rosetta sono piú grandi
di me, e l'hanno pur messo fuori il paniere.
Aveva preparato senza volerlo la
via al discorso cui mirava Gaudenzio. Invece di domandarle com'ella
s'aspettava, perché lei sola non avesse fatto come le altre, le disse:
— Dunque Rosetta e Nanna l'hanno avuta la strenna?
— Síí! — gridò Rosetta — Bella strenna che ho avuto
io! Mi hanno rubata la mia pezzuola.
— Ve l'hanno rubata? — ripetè Gaudenzio con piglio
incredulo.
— Sicuro; e poi si sono ravveduti,
e l'hanno lasciata sulla siepe dell'orto.
— Siete ben certa di non esser
sonnambula, e non averla fatta andare voi stessa sulla siepe dell'orto?
— Ma che! Ho
dormito tutta la notte d'un fiato.
Allora Gaudenzio si pose a scherzare su quel sonno
profondo, come un uomo che non ci credesse. Era persuaso che Rosetta avesse
respinto il suo dono, e se ne pigliava una piccola vendetta da amante offeso
ripicchiando le parole di lei, e corteggiando la sorellina che era tutta rossa
di gioia
Rosetta si fece triste, e quella
sera si coricò senza parlare a Lucia. Ella pure era gelosa. Quando la bimba fu
addormentata stette a guardare a lungo quel visino gentile, ancora infiammato
dalle emozioni della serata, e sorridente nel sonno.
Provò un momento di dispetto al vederla tanto
bellina.
La domenica tornò Pietro, e la
sera nella stalla disse che per tutta la novena di Natale non andrebbe piú a
fare trasporti, e lavorerebbe nell'orto.
— Sarebbe ben meglio — disse
Nanna, — che tu stessi a casa sempre.
— Perché? — domandò Pietro.
— Perché... perché... via il gatto
i sorci ballano. — E gli occhi delle due cognate s'incontrarono. Rosetta, che
aveva sulla coscienza la storia del paniere, e la speranza con cui l'aveva
messo alla finestra, s'affrettò a parare il colpo.
— Sí; ne abbiamo fatte delle
nostre questa settimana — disse al marito. — Nanna ed io abbiamo messo fuori il
paniere per Santa Lucia.
— E Santa Lucia ha rubato la
pezzuola di Rosetta — aggiunse Nanna.
— Ma l'ho riavuta, sai. Era sulla
siepe dell'orto.
Pietro guardava sospettosamente le
due donne. Capiva che Nanna aveva l'intenzione di accusare sua moglie. Ma di
che? Forse aveva ricevuta una strenna? Egli domandò col cuore serrato:
— E cosa ci avete trovato nel paniere?
— Nulla — disse Rosetta — M'è rincresciuto
assai di trovarlo vuoto.
— Cosa ti aspettavi di trovarci?
Lo spillo della salumaia? — domandò Nanna con ironia.
Gaudenzio, che aveva scoperto
studiando Rosetta ch'ella non sapeva nulla dello spillo dato e respinto, a
quella parole di Nanna si confermò nel sospetto già concepito contro di lei.
Rosetta invece non indovinò la
cosa, e colse l'occasione per insidiare al marito l'idea di quel dono.
— Lo spillo non me lo potevo
aspettare — disse — perché Pietro era fuori.
— Ma che! — gridò Maddalena spaventata
per la seconda volta da quel pensiero ruinoso. — Quand'anche fosse stato qui,
Pietro non avrebbe potuto fare una spesa simile.
— Che cosa ne sapete voi, se posso
o se non posso? — rispose con impeto Pietro, a cui aveva fatto piacere il
sentire che la moglie aspettava il gioiello desiderato solamente da lui. Ma
dopo quella risposta si vergognò d'aver osato dir tanto, ed uscí dalla stalla.
Allora Gaudenzio prese il suo posto.
— A Novara — disse — per Natale si
mette fuori dalla finestra una scarpa. Ed allora è il Bambino che porta la
strenna.
— Io non metto fuori piú nulla —
rispose Rosetta.
— Provate. Non avete udito, che
Pietro non si sgomenta del prezzo di quello spillo? Date retta. Mettete fuori
lo zoccolo. Chissà che lo spillo non venga. — E vedendo che le vecchie
parlavano tra loro soggiunse a bassa voce:
— O dal vostro uomo, o da... Gesù
bambino — concluse incontrando lo sguardo di Nanna.
Egli stava in guardia, ora che la
sapeva informata di tutto; ma tuttavia persisteva a voler fare il suo dono a dispetto
di lei. Faceva a fidanza sull'ambizione di Rosetta e sulle proprie attrattive.
— Si vede che le piaccio. Sfido!
Accetterà lo spillo, ed inventerà una zia, una parente qualunque per dire che
gliel'ha regalato, e per poterlo portare. Le donne sono tutte cosí. Un gioiello
ed un bell'uomo, e addio virtú.
Nanna dal canto suo, aveva bisogno
che quel dono si facesse, per servirsene di arma contro la cognata; e lasciava
fare fingendo di non avvedersi di nulla.
— Sí — disse; — metteremo fuori i
nostri zoccoli. Questa volta ci starà anche Lucietta. Lei che è piú giovane ci
porterà fortuna.
Poco dopo uscí dalla stalla per
andare a coricarsi. Pietro era seduto sulla trave nel cortile. Egli le domandò:
— Si va a dormire?
— Io ci vado — rispose Nanna. —
Non ho nessuno che mi faccia la corte io. — Ed entrò in cucina, e di là nel
forno, poi nella sua stanza, lasciando il fratello con una spina di piú nel
cuore.
Poco dopo la raggiunse Lucia che,
dacché Pietro era a casa, dormiva con lei. La bimba era tutta esaltata da
quell'idea della strenna.
— Gli zoccoli si distinguono
meglio dei panieri — diceva. — I miei sono verdi; i tuoi sono neri lucidi; e
quelli di Rosetta sono rossi a fiori gialli. Non si possono confondere.
La vigilia di Natale, Nanna disse
a Maddalena:
— Mamma, me la lasciate fare a me
la torta per domani?
— Possiamo farla insieme.
— No; lasciate che la faccia io,
mentre gli uomini saranno fuori per la messa della mezzanotte. Mi piace di stare
alzata la sera di Natale, finché suonano le campane. Debbo dire delle orazioni
lunghe.
Maddalena non fece altre difficoltà.
La sera andarono prestissimo nella
stalla. Quasi subito giunse Gaudenzio. Gli uomini dovevano recarsi insieme
all'osteria, e di là alla messa della mezzanotte.
Lucia cinguettò tutta la sera di
zoccoli e di strenne. Rosetta non osava parlare. Gli occhi del marito erano
intenti su di lei, e dopo la piccola scherma di parole sostenuta colla cognata
per l'affare della pezzuola, la povera sposa era sempre
impaurita.
Non aveva nulla di grave da
rimproverarsi. Tra lei e Gaudenzio non esisteva nessuna intimità. Ma sentiva di
volergli bene piú che non dovesse; si conosceva debole accanto a lui; aveva
capita la sua intenzione di regalarle lo spillo, e non aveva il coraggio di
respingerlo. E tutto codesto la turbava, e la faceva tremare dinanzi al marito
come una colpevole.
Ed il marito s'era fatto piú cupo.
Il suo sguardo era pieno di sospetti e di misteri.
Prima delle dieci gli uomini si alzarono
per uscire.
— Dunque lo zoccolo? Lo metterete
fuori? — disse Gaudenzio senza rivolgersi particolarmente a Rosetta perché si
sentiva vigilato da Pietro.
— Sí — disse Lucia con entusiasmo.
— Sí — disse Nanna fingendo la
stessa animazione.
Rosetta non disse nulla. Gaudenzio
non poteva decidersi ad uscire. Pietro s'avviò pel primo; ma si fermò
sull'uscio nell'oscurità. Gaudenzio, che lo credette nel cortile profittò del
momento per accostarsi a Rosetta dondolandosi sui fianchi e canticchiando:
Va là va là Pepin...
— L'avete a mettere fuori anche
voi lo zoccolo — sussurrò. E s'avviò per uscire riprendendo la sconcia canzone.
Nanna che era accanto alla porta
udí un sospiro represso, e vide Pietro che s'allontanava soltanto in quel momento,
affrettandosi prima che Gaudenzio giungesse alla porta.
— Bene — pensò. — Sospetta già
qualche cosa. Mi sarà piú facile aprirgli gli occhi — e gli tenne dietro collo
sguardo, e lo vide che se ne andava con passo lento, a capo chino, in atto di
profondo scoraggiamento.
In quel momento tutto il passato
di quel fratello, timido, amoroso e buono, le passò nella mente come una
visione. La sua ammirazione infantile per lei, la spontaneità con cui s'era
offerto d'andare nelle risaie per aiutarla a guadagnarsi l'argento, le cure che
le aveva prestate nella sua malattia lontana da casa, l'offerta generosa di
rifarle il letto nuziale co' suoi risparmi. E provò una fitta al cuore pensando
al dolore che si disponeva a recargli. Ma tutto codesto passò in un lampo. Il
tempo che Gaudenzio impiegò a traversare la stalla. Rosetta usciva anch'essa.
Senza interrompere la sua canzone, quando furono nel buio della porta,
Gaudenzio allungò un braccio, prese Rosetta per la vita e la strinse forte,
gridando a squarciagola:
Te gh'et la donna bella
. . . . . . . . . .
. . . . . . . . . .
Poi se ne andò cantando sempre, senza avvedersi di Nanna che era celata
nell'oscurità.
Quell'abbraccio fece dileguare nel cuore geloso
della fanciulla tutta la pietà pel fratello.
— Non sono io che gli faccio del male — diceva tra
sé. — È questa scostumata di bellezza che si è tirata in casa. Sarà il dolore
di un minuto; come strappare un dente. E poi quando l'avrà rimandata ai suoi
parenti vivrà tranquillo con noi, e non avrà piú dispiaceri, ed io non avrò piú
umiliazioni. Infine quello che faccio, lo faccio pel suo bene.
Ed uscí dall'ombra, e si diresse verso la cucina.
Rosetta si voltò al rumore degli zoccoli, vide che Nanna era dietro a lei, e
capí che aveva assistito a quella scena di cui era ancora tutta agitata.
In cucina Rosetta, impaziente di ritirarsi nella
sua stanza, prese la lucerna che era sulla tavola. Nanna le si accostò per
accendere la sua. La luce le rischiarò tutte e due in volto. Nanna fissò la
cognata negli occhi; questa li abbassò. Si sentiva scrutata fin in fondo al
cuore. Arrossí vivamente e salí in fretta nella sua camera. Ma Lucia la seguí
gridando:
— Dammi lo zoccolo.
— No, lascia.
— Sí, me lo devi dare. Sai pure che Gaudenzio ha raccomandato di
metterlo tutte e tre. Via, sii buona, dammelo.
E la piccina corse alla cassa, ne
tolse uno zoccolo da festa rosso a fiori gialli, e fuggí tenendo in alto la sua
conquista col braccio disteso.
— Quella ragazza è innamorata — pensava Rosetta. — Si figura che
Gaudenzio le voglia bene; ed egli fa la corte a me che sono maritata. Oh santo
Dio! E nell'ottava di Natale bisognerà andare a confessarsi. Cosa ho da fare
io? Non me lo posso cacciare via dal cuore, cosí come una mosca. Io non ci ho
colpa. Non ho fatto nulla per volergli bene. È venuto da sé. Oh, se Pietro
fosse un altro uomo! — Intanto la bimba proseguiva allegramente la sua
raccolta. Scese, entrò nella stanza di Nanna, prese lo zoccolo nero lucido; poi
aperse il fagotto che le teneva luogo di valigia, cavò fuori il suo zoccoletto
verde, piccino piccino, e corse in cucina a schierarli sulla finestra.
— Guarda, Nanna, come stanno bene.
Ci batte sopra la luna. Si distinguono perfettamente. Il Bambino non può
sbagliare.
— Bene — disse Nanna. — Ora va a
coricarti, se vuoi avere la strenna. Il Bambino non vuol essere veduto.
— Síí! Il Bambino! È un bambino grande, quello... — rispose la
fanciulletta con malizia; e si ritirò ridendo nella camera di Nanna, e si
cacciò in letto, e fu ben presto rapita in sogni deliziosi di strenne, di fiori
d'argento, d'amori, di nozze.
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