VII
Nanna rimase sola, e s'affrettò a
porre le mani in pasta per la torta del Natale. Era agitata, convulsa. Le
sanguinava ancora il cuore ogni volta che si ricordava quel gomitolo, ed il
modo indegno con cui s'era cercato d'illuderla per farsi beffe di lei, in
omaggio alla cognata. E lo ricordava sempre.
— A questo modo non si va avanti —
pensava. E ripeteva in sé stessa molte considerazioni sull'onore della
famiglia, sulla pace del fratello; e si forzava di persuadersi che la cognata
fosse una grande colpevole, per rinfrancarsi nei suoi propositi vendicativi, e
per vincere un vago sgomento che l'assaliva all'idea della catastrofe che stava
per suscitare.
Quella torta dovette riescire soffice
come una spugna, grazie all'energia febbrile con cui Nanna maneggiò la pasta,
stirandola, battendola, ravvoltolandola in tutti i sensi.
Finalmente suonarono le undici e
mezza:
— A momenti sarà qui — pensò
Nanna. — Porterà la sua strenna prima della messa, per dar tempo a Rosetta di
pigliarla avanti che torni Pietro. Ma non la piglierà. Ci sarò io prima di lei
a raccogliere il fiore. E la bellezza dovrà spiegare a suo marito da che parte
viene.
Ed intanto stese la torta
rapidamente, l'arrotondò, v’impresse col dito tante piccole fossette, la
spolverò di zuccaro; poi si lavò le mani, e si pose in ascolto dietro la
finestra del forno.
Gaudenzio era già entrato nella
siepe. Nanna lo seguí coll'occhio fino alla finestra accanto, ed il suo cuore
balzava come quando era stata presa dal tifo.
Questa volta non si affrettò ad
aprir l'uscio e guizzare in cucina. Sapeva già cosa potrebbe trovare, e non
voleva respingere nulla. Dal canto suo Gaudenzio, dopo aver deposto qualche
cosa negli zoccoli, non ebbe premura di allontanarsi. Voleva vedere se gli
respingerebbero il dono come l'altra volta. Si pose nell'ombra presso il muro
tra le due finestre, ed aspettò.
Nanna udiva il respiro affannoso
del carrettiere traverso le gelosie, e reprimeva con fatica il suo. Quei due
cuori battevano collo stesso impeto, nel silenzio della notte, soli, ad un
passo l'uno dall'altro; ma fra i sentimenti che li agitavano c'era un abisso;
dall'odio all'amore.
— Se non se ne andasse! — pensò Nanna.
Ed un momento vide rovinare tutti i suoi progetti.
Aspettò ancora alcuni minuti. Un
tempo infinito per la sua impazienza angosciosa, poi s'udí scoccare il primo
segno della messa. Tese l'orecchio, ma il suono della campana le impediva di
udire se Gaudenzio si movesse.
— Pure alla messa ci deve andare —
pensò. — Pietro lo aspetta, non mancherà.
In quella una figura alta uscí
dall'ombra della casa, e s'avviò rapidamente traverso l'orto alla siepe. Nanna
aveva indovinato. L'innamorato correva alla messa per non destare sospetti nel
marito colla sua assenza. Ella stette a guardare quel portamento baldanzoso,
quel cappello sull'orecchio, finché la grande ombra ebbe varcata la siepe. Poi
si nascose il volto fra le mani, e rimase a lungo assorta ne' suoi pensieri
d'odio, di vendetta.
Suonò l'ultimo segno della messa.
— Che Natale, mio Dio! — mormorò
Nanna. — Ho mai avuto tanto veleno nel cuore. Che cosa ho fatto per essere
disprezzata, avvilita, come sono? Ma è venuta la mia volta. Li avvilirò anche
loro e resterò io la padrona di casa.
La campana tacque e s'udí un passo
lento avanzarsi verso il cortile dalla parte del viale.
Nanna balzò in cucina, nell'idea
di impadronirsi dello zoccolo di Rosetta, e portarlo nella sua stanza, per
presentarlo poi la mattina alla cognata dinanzi al marito, e dirle:
— Ecco la strenna che ho trovato
nel tuo zoccolo, chi ce l'ha posta?
Si alzò sulla punta dei piedi
aggrappandosi al davanzale della finestra, e guardò. Il suo zoccolo e quello
della bimba erano pieni di chicchi; ne uscivano le carte frastagliate. Questa
volta l'avevano trattata bene anche lei. Non s'era voluto irritarla. Nello
zoccolo rosso e giallo di Rosetta, c’era ancora il famoso fiore in filigrana.
Nanna alzò la mano per pigliarlo,
ma in quella l'uscio della cucina venne aperto, ed entrò Pietro.
Rimase confuso al vedere la
sorella là accanto alla finestra.
Anche Nanna fu turbata sulle
prime. Non si aspettava quella venuta improvvisa, e non era preparata a fare
sul momento la sua terribile rivelazione.
Esitò un minuto; poi il suo
cattivo genio le suggerí questo pensiero perfido:
— È il Signore che lo manda perché
io gli apra gli occhi. — E disse forte:
— Stavo guardando gli zoccoli...
Gli occhi di Pietro esprimevano una paurosa ansietà. Fece un
passo verso la finestra, ma non osò andare innanzi. Si vergognava, colla
sorella invidiosa, della galanteria che voleva fare alla moglie. Nella sua
timidezza morbosa, sentí il bisogno di scusarsi.
— Ho portato lo spillo per quella
donna, che ne ha tanta voglia — disse senza guardare la sorella, e mettendo
sulla tavola un involtino leggero. Il piú difficile era detto.
Nanna si fece pallida di rabbia;
ma Pietro senza darle tempo di parlare continuò a scusare quella gentilezza
coniugale:
— Sono sempre
troppo asciutto con lei! Le metto soggezione, e non so farmi voler bene...
Dacché questo fiore le fa piacere... Non mi è poi costato tanto.
E continuava ad attorcigliare la
carta dell'involto intorno al gambo del fiore, ed a tenerci intenti gli occhi,
che non osava alzare per timore di scontrare quelli di Nanna.
Era ansioso di mettere il fiore
nello zoccolo e di assicurarsi se Gaudenzio non l'aveva prevenuto. E tuttavia,
intimidito dalla presenza della sorella, rimaneva là seduto sulla panca presso
la tavola. Neppure quel dubbio orrendo che aveva nel cuore poteva fargli
vincere la debolezza della sua natura fiacca.
— Ecco com'è amata quella
sguaiata! — pensava Nanna. — È lí annientato per lei. Piú maltratta gli uomini,
e piú l'adorano. Io non sono piú nulla dacché è entrata in casa. Babbo, mamma,
fratello, amanti, sono tutti per lei. Ah! Se potessi schiacciarla!
E nell'esasperazione del suo cuore
invidioso attinse il coraggio feroce di dire a quel povero uomo:
— Sei giunto tardi; ce n'è già un
altro fiore.
Un grido disperato, straziante, uscí dal petto di
Pietro, e finí in un singulto che lo scosse tutto.
Si coperse il volto colle mani, e singhiozzò
disperatamente:
— Ah! Lo sapevo che sono di troppo a questo mondo!
— Ed era tutto tremante e convulso, mentre stringeva qualche cosa nella tasca
del farsetto. Poi si alzò, e si avviò verso l'uscio.
Nanna fu atterrita. In quel
momento soltanto vide tutta l'enormità dell'azione che stava per commettere, lo
scioglimento orribile che potrebbe avere. Ella aveva pensato soltanto a quanto
desiderava lei. Ma ora vedeva che un marito innamorato e tradito non si limita
a rimandare la moglie, ed a vivere tranquillamente co' parenti. È una parte
della sua vita che si stacca da lui. I parenti non sono nulla dinanzi a tanto
dolore.
Le si affacciò agli occhi una
scena di sangue di cui s'era parlato a lungo pochi mesi prima. Un marito geloso
del proprio fratello l'aveva ucciso, poi aveva uccisa la moglie.
Pietro nella sua profonda umiltà non
avrebbe cercato di punire nessuno. Ma avrebbe ucciso sé stesso. Nanna lo
indovinò dalla sua disperazione; e tutte le passioni ignobili che l'avevano
esaltata si dileguarono dinanzi a quella paura.
Tutto questo le passò come un
lampo nella mente e nel cuore e, prima che avesse tempo di fare un atto o di
dir nulla, una parola di Pietro la confermò nel suo pauroso sospetto. Egli si
voltò nell'atto di aprir l'uscio e le disse:
— Nanna, abbi cura dei nostri
poveri vecchi!
— Pietro, dove vai? Cosa pensi? —
gridò Nanna correndo a lui.
— Eh! A nulla; va là — disse Pietro respingendola;
e poi sussurrò: — È meglio finirla che vivere a questo modo.
Nanna ebbe bisogno in quel momento
di tutta la forza del suo carattere concentrato ed energico. Capí che le
suppliche non avrebbero giovato a nulla su quella natura selvatica. Bisognava
distruggere il sospetto geloso ch'ella stessa aveva suscitato con tanta
perfidia. Non c'era altro mezzo per combattere la risoluzione di Pietro. Fece
violenza all'angoscia che aveva di dentro, e si pose a ridere sguaiatamente.
— Ah grullo! Ci sei cascato! Ora
lo so che sei geloso. Ah grullo! Ah! Ah! Ah!
Pietro si fermò a guardarla colla
bocca aperta e gli occhi sbarrati dallo stupore. L'eccitazione nervosa di Nanna
era ben dissimulata dal ridere convulso. Un raggio di speranza gli rischiarò il
volto di tanta espressione di conforto, che Nanna se ne sentí incoraggiata e
prese a sghignazzare piú forte.
— Ah grullo di uomo! Geloso dopo
pochi mesi di matrimonio! Ah! Ah! Ah!
— Ebbene, se sono geloso di chi è la colpa? —
disse Pietro tutto confuso. — Sei stata tu a venirmi a dire delle sciocchezze,
di Gaudenzio, e di quella donna...
— Se lo dico che ci sei cascato, e
che sei un grullo! Non l'hai capito che facevo apposta per farti ammattire? E
tu subito a farti scorgere, a far il geloso. Stupido, va'! Dammi qui il fiore
che lo metta nello zoccolo della tua donna.
Pietro sporse il fiore, esitante,
quasi inebetito tra la speranza ed il timore. Ma appena l'ebbe dato gli tornò
il dubbio angoscioso, ed afferrando Nanna pel braccio le domandò a bassa voce:
— Ma l'altro? Hai detto che ce n'è
un altro. In che zoccolo l'hanno posto? — E fissandola negli occhi continuò: —
Non può essere nel tuo, Nanna.
Quest'ultima parola era crudele.
Nanna ne risentí una fitta al cuore. Ma aveva veduto troppo davvicino l'orrore
del male. Represse l'impeto del suo orgoglio offeso, e rispose con uno sforzo
di generosità, eroico sotto la sua forma volgare e grottesca:
— L'altro è nello zoccolo di
Lucia. Ce l'ha posto Gaudenzio; che è innamorato di lei, e si confida con
Rosetta. E la ragazza pure è cotta di lui. Anche questo non l'avevi capito? Che
ci hai la cateratta agli occhi? Ah! Povero sciocco!
A quelle parole i nervi di Pietro,
tanto lungamente eccitati, si allentarono; abbandonò il braccio di Nanna,
ricadde a sedere, e gettando sulla tavola un coltello affilato che teneva nella
tasca del farsetto, disse con voce cupa:
— Hai giocato un brutto gioco,
guarda. Mi sarei ammazzato!
E scoppiò in un pianto convulso.
Nanna a quella vista, al pensiero
ch'era stata sul punto di uccidere il fratello, fu presa da un brivido che la
scoteva tutta; e per nascondere la propria agitazione andò ad aprire la
finestra per mettere il fiore di Pietro nello zoccolo di Rosetta.
Pietro la guardava con un resto di
dubbio. Non poteva credere a tanta gioia.
— Perché tremi a quel modo? — le domandò.
— Se credi che dia gusto sentir a
parlare d'ammazzarsi, e vedere dei coltelli... — E rabbrividí ancora.
— Giura che quel fiore è nello zoccolo
di Lucia; giuralo! — gridò Pietro con impeto.
Nanna aveva già la mano sullo
zoccolo di Rosetta per deporvi il secondo fiore; afferrò rapidamente il primo,
lo pose nello zoccoletto della bimba, e poi disse colla coscienza sicura:
— Lo giuro. Vieni a vedere.
Pietro non rispose altro. Sospirò
con soddisfazione, chiuse lentamente il coltello, e lo pose nel cassetto della
tavola; poi rimase immobile coi pugni alle tempia guardando fissamente la
tavola. Pensava forse tutte le angoscie sofferte; era ancora abbattuto, ma era
calmo. Nella rettitudine del suo cuore non poteva sospettare che la sorella
giurasse il falso; e dopo quel giuramento non dubitava piú. Considerava la cosa
sotto un aspetto diverso. Dacché Gaudenzio era innamorato di Lucia, tutte le sue
confidenze a Rosetta si spiegavano da sé. Le parlava della bimba e del suo
amore.
Rosetta, dalla finestra della sua
stanza che dava anch'essa sull'orto, aveva veduto giungere e ripartire il bel
Gaudenzio. Aveva aspettato trepidamente che suonasse l'ultimo segno della messa
per esser sicura che tutti gli uomini fossero fuori. Nanna a quell'ora doveva
aver finito di preparare la torta, ed essersi coricata.
Era il momento buono per scendere
a togliere lo spillo dallo zoccolo.
Il rimorso e la paura le torturavano il cuore.
— Vorrei che non l'avesse portato
— pensava. — Non avrò che il fastidio di nasconderlo. E poi? Avrò
un'obbligazione con Gaudenzio. Cosa pretenderà in compenso? Ah! Quel demonio di
uomo è tanto bello, e sa tanto fare; non gli si può dire di no. Oh Signor Iddio
benedetto! Come andrà a finire? Io voglio essere una brava donna. Mi piace di
ridere; ma non voglio fare del male. Pietro non lo merita. È un po' selvatico;
ma mi vuol bene, ed è buono come il pane, poveretto.
Ed intanto scendeva pian piano,
passando scalza, con quel freddo, dinanzi alla camera dei vecchi.
Nell'aprire l'uscio della cucina rimase sorpresa
di trovarci il lume acceso. Vide il marito e la cognata, e si fermò esitante
non osando entrare.
Nanna comprese che, se non l'aiutava, quella
comparsa avrebbe ridestato i sospetti del fratello.
— Oh! Qui c'è Rosetta — disse
forzandosi di apparire tranquilla — Ti sta sul cuore, eh, la strenna del
Bambino?
— Oh no... — rispose Rosetta
affrettandosi alla finestra, senza osare di alzare gli occhi. — So bene che non
mi porterà nulla. Voglio soltanto ritirare il mio zoccolo dalla finestra. Temo
che l'umido della notte lo guasti. Sta per nevicare.
Pietro, che aveva gli occhi gonfi
dal pianto, andò sull'uscio dicendo:
— Non mi pare che voglia nevicare.
E stette a guardare il cielo nell'oscurità per nascondere la sua commozione.
Intanto Rosetta prese il suo
zoccolo, e sentendoci dentro il fiore, allungò la mano per gettarlo a terra di
fuori. Ma Nanna le tirò dentro rapidamente il braccio e le sussurrò:
— Non lo gettare. È lui che ce
l'ha posto. Ringrazialo. — E la spinse verso Pietro.
Rosetta guardò la cognata, la vide
commossa e rimase atterrita. Che sarebbe di lei? Che sarebbe del fiore di
quell'altro?
Intanto Pietro rientrava. Nanna
spinse di nuovo la cognata verso di lui, e disse:
— Ne vuoi sentire una buona,
Rosetta? Questo povero grullo, grande e grosso com'è, aveva paura di Gaudenzio.
Era geloso.
— Ma che! Geloso! Non è vero — disse Pietro tutto
confuso.
Quanto a Rosetta, non capiva
ancora. S'era fatta pallida; credeva che la cognata le preparasse una perfidia.
Ma Nanna ripigliò:
— Non istar a negarlo. Forse che
non t'ho visto piangere? E questo l'avevi comperato per mandar cipolle? — E
pigliato il coltello nella tavola, lo teneva alzato dinanzi a Rosetta, che
rabbrividiva tutta a quella vista. Poi rivolgendosi a lei continuava:
— Figurati! Egli credeva che
Gaudenzio l'avesse con te. Come se non ci fossero altre donne che la sua a
questo mondo, aveva paura che gliela mangiassero.
— Oh! Io non penso a Gaudenzio —
disse Rosa che cominciava a comprendere d'aver nella cognata un appoggio.
— Síí! Vaglielo a dire. Ho dovuto raccontargli
tutto; che Gaudenzio è innamorato della bimba, che te lo confida, che ha messo
il fiore d'argento nel suo zoccoletto verde; tutto, se ho voluto che mi
credesse. Ed ora si vergogna; ma non sarà tranquillo, guarda, finché non glieli
fai vedere sposati. Io lo conosco.
Pietro era sugli spilli per la vergogna.
— Vuoi finirla? — disse con mala grazia. — Io non
ci penso neanche.
Rosetta, troppo agitata per poter parlare, saltò
al collo del marito e lo baciò con trasporto, malgrado i suoi sforzi per
respingerla. Si sentiva salvata.
— Sí, sí — gli disse con uno
slancio di cuore. — Lucia è innamorata, e debbono sposarsi. — E soggiunse con
tutta l'espansione che le era naturale:
— Ne sono tanto contenta! È come
se mi facessi sposa io stessa un'altra volta. E voi, uomo, siete contento? — E
lo abbracciò e poi abbracciò Nanna esclamando:
— Avremo sponsali in famiglia;
saremo tutti felici. — E le strinse la mano sussurrandole all'orecchio:
— Grazie, Nanna. Mi hai proprio
fatto da sorella.
Era cosí sollevata dal sentirsi
sfuggita ad un pericolo, che non dubitava del consenso di Gaudenzio, non
dubitava di nulla, si sentiva riconciliata con sé stessa ed era felice.
Nanna lasciò soli gli sposi ed
uscí nel cortile. Dopo tanta concitazione provava il bisogno di piangere, e
pianse a lungo in silenzio. Un profondo pentimento le era entrato nell'anima.
Dinanzi alla disperazione di Pietro, alla riconoscenza sincera di Rosetta, era
tornata buona, e sentiva orrore de' suoi sentimenti malevoli; e diceva:
— Povera giovane: non ha che diciotto anni infine.
Dovevo avvertirla prima, e mi avrebbe ascoltata. Ma avevo il demonio in cuore.
Se gli avessi dato retta, che Natale d'inferno si sarebbe fatto in casa! Ma il
Signore mi ha toccato il cuore. Quella campana di Natale mi rimescolava tutta
laggiú nel forno...
E nondimeno tremava pensando
all'avvenire. Ora, nell'impressione del primo momento, sentiva tutta la dolcezza
d'aver fatto del bene, ed era soddisfatta. Ma poi? Quell'entusiasmo cesserebbe.
Le cose prenderebbero il loro corso abituale. Gaudenzio sposerebbe Lucia, o
cesserebbe di frequentare la casa. Piú probabilmente la sposerebbe, perché
Lucia s'era fatta fresca come una rosa dacché era alla cascina; era giovane,
bella, aveva qualche cosuccia, e Gaudenzio era già avanti negli anni; e poi
Rosetta troverebbe modo di persuaderlo per la pace di tutti.
Pietro e Rosetta, ravvicinati da quella
catastrofe, si amerebbero bene fra loro, e non potrebbero avere per la sorella
vecchiotta e zitellona che un affetto secondario. Ella si troverebbe d'impaccio
fra loro. I vecchi avevano poco da tirar innanzi. E lei povera Nanna,
rimarrebbe ancora sola, ancora isolata, senza nessuno a cui volere tutto il suo
bene, e che ne volesse altrettanto a lei. Ed allora, come farebbe a non
invidiare quelli che hanno una famiglia e sono felici?
Tornerebbe al male senza volerlo, in causa delle sue
circostanze, del suo isolamento. Pensò tutto codesto con angoscia, e pianse, e
pregò con fervore:
— Oh Signore Iddio! Datemi una
buona inspirazione. È la notte di Natale.
Uscita la sorella, rimasto solo
colla sposa, ed incoraggiato dalle espansioni di lei, Pietro le aveva narrato
piangendo le sue gelosie, i suoi timori, la sua disperazione, ed il proposito
orrendo di uccidersi.
Erano commossi entrambi. Ed in
quell'intimità infinita che lega gli sposi, in quelle prime lagrime versate
insieme, si sentivano profondamente felici.
Ad un tratto qualcuno bussò con
furia all'uscio, e la voce di Pacifico gridò:
— C'è qualcuno alzato?
— Sí, ci sono io. — disse Pietro
scostandosi in fretta dalla moglie, e correndo ad aprire.
— Venite con me. Temo vi siano i
ladri nella mia stanza, ci vedo un lume, ed ho lassú la bambina.
I due uomini s'affrettarono su per
la scala, e Rosetta, che era coraggiosa, li seguí in silenzio.
Pacifico spinse l'uscio, e rimase
immobile dallo stupore. Vide una lucerna sulla cassa ai piedi del letto; e
Nanna inginocchiata accanto alla culla della bambina.
Pietro si fece rosso come una vampa al vedere la
sorella di notte nella camera d'un uomo, e le gridò con mal garbo:
— Nanna, cosa fai qui?
— Sto guardando il mio dono di ceppo, e ne ringrazio
il Signore — disse Nanna alzandosi. — Egli s'è ricordato anche di me, sebbene
io sia vecchia e brutta; e mi ha mandato questa bambolina; e mi ha dato un
cuore di mamma per volerle bene. Non è vero Pacifico, che debbo essere la sua
mamma?
Pacifico nell'eccesso della gioia
corse a lei colle braccia protese come per abbracciarla. Ma non osò fare quella
scena davanti a tutti; e lasciandosi cadere le braccia penzoloni rimase come
istupidito a guardarla a bocca aperta
Rosetta fu la sola che comprese
tutto. E colla sua espansione spontanea, abbracciò Nanna e le disse:
— Iddio ti benedica, Nanna, per
quello che fai a questa bimba, e a questo pover'uomo che ti vuol tanto bene.
— Oh sí, per me vi voglio bene —
disse Pacifico.
— Davvero? — domandò Nanna con un
lampo di gioia nello sguardo.
— Non lo sapete forse? Non vi ho forse già
domandata per moglie? Siete stata voi che non mi avete voluto.
— Ma per la bambina, mi avete domandato.
— Per la bambina, ed anche per me.
— E dicevate che ero vecchiotta
e punto bella... — disse Nanna con un po' d'ironia, incapace di sacrificare
quel meschino risentimento alla bella parte che stava rappresentando. Appunto
forse perché non rappresentava una parte, e nella sincerità dell'animo, si
mostrava qual era, una donna con le sue debolezze nel bene come nel male.
— Ebbene — rispose Pacifico senza
curarsi di disdire quelle parole per cortesia, — a me piacevate cosí. Di Vecchiotte
e punto belle se ne trovano tante. Ma avete ben veduto s'io ne ho cercata
un'altra. Sarei stato sempre solo,
guardate. — E curvandosi per non essere udito soggiunse:
— È da quando ci trovammo in
risaia che vi voglio bene.
Rosetta capí che avevano bisogno
di restar un momento soli, e dando un urto col gomito al marito, gli fece segno
di uscire con lei sul balcone.
Allora Nanna, con un'espressione
di civetteria, che dissimulava male l'ansietà passionata di scoprire quanta
parte d'amore le fosse ancora dato sperare da quello sposo, gli disse:
— Mi volevate bene, e ne avete
sposata un'altra?
— L'ho sposata, perché ho dovuto sposarla, Nanna.
Ora posso dirvelo, dacché lei è morta e voi sarete presto la mia donna. Quella
poveretta, requie per l'anima sua, s'era trovata con mio fratello in una di
quelle risaie del Piemonte dove giovani e ragazze lavorano appaiati alla
trebbiatrice. E neanche i riguardi dell'onestà ci avevano in quella fattoria.
Uomini e donne dormivano sullo stesso fienile. E, capite. Quei due ragazzi si
volevano bene... Basta; dopo i lavori a mio fratello toccò d'andare soldato.
Aveva preso le febbri in risaia e partí che non era ben guarito. Un po' di
cruccio, un po' di male vite, che so io, si pigliò un tifo che lo mandò
all'altro mondo in pochi giorni. Un pezzo d'uomo!... Basta; quando andai a
trovarlo all'ospedale militare. mi disse:
"Quello che mi fa piú
rincrescere di morire, è quella povera Caterina. Se il suo babbo lo sa,
l'ammazza, o me la mette sulla strada".
— E piangeva che era una
compassione. Io pensai soltanto a consolarlo e gli risposi:
"Senti, Michele. Siamo sempre stati buoni fratelli; metti il tuo cuore in
pace, che alla Caterina ci penso io”.
— E capite, Nanna; io avrei voluto
sposare voi; ma la promessa fatta ad un moribondo si deve mantenerla. L'ho
sposata io quella povera disgraziata, e le ho fatta buona compagnia; di rimorsi
non ne ho; ma ho sempre voluto bene
a voi.
— Ma allora questa bambina...?
Disse Nanna quasi in atto di respingere la culla.
— Non ha piú né babbo né
mamma — disse Pacifico in tono supplichevole; — ed io le ho preso a voler
bene...
— Ed io pure gliene vorrò, e sarà
come se fosse nostra — mormorò Nanna curvandosi verso la bimba addormentata, e
baciandola sulla bocchina socchiusa. Poi soggiunse carezzandole i bei ricci
biondi:
— E non andrà mai in risaia.
L'indomani era una benedizione vedere
tutta quella gente alla mensa di Natale. Rosetta vezzeggiava il suo ispido uomo
come se lo avesse sposato allora. I vecchi erano felici di maritare la
figliola. Pacifico, lasciamo stare. Era sempre
a guardare Nanna colla bocca aperta, e tratto tratto le diceva:
— Dunque sarete la mia massaia?
Demonio di ragazza! Se vi siete fatta sospirare! Il letto è pronto; quand'è che
comincerete a scodellare la minestra a casa mia? — Ed altre espansioni rustiche
in cui metteva tutta l'anima, pover'uomo, come i loro sposi, mie belle
lettrici, in un verso sentimentale.
Gaudenzio c'era anche lui; era
andato al mattino a dar il buon Natale per sentire cosa ne era stato del fiore
d'argento, e Rosetta l'aveva persuaso facilmente. A conti fatti non era una
passione di quelle che logorano il cuore, la sua. Aveva un capriccio per quella
bella sposa; ma l'idea di sposare quel gioiello di bimba, ed innamorata poi che
lo lasciava traspirare da tutti i pori, gli andò a sangue; e fu un affare
concluso; tanto piú che Rosetta lo assicurò d'essere stata a sedici anni
sottile come un gambo di canape. Tutta quella floridezza le era piovuta intorno
dai diciassette ai diciotto. Egli si figurava la sua sposina fra un anno
triplicata almeno, ed era contento, e si dondolava più che mai, e si metteva il
cappello tanto sull'orecchio che era un prodigio. E Lucia era in estasi
dall'ammirazione, saltava di gioia, e trionfava col suo bel fiore d'argento nei
cappelli bruni. Ed esclamava contemplando il ciuffo spropositato del suo sposo:
— L'avevo capito da un pezzo io,
che parlavate sempre con Rosetta di
me, e che mi volevate dare il fiore d'argento. Oh! Se l'avevo capito!
Povero cuore innocente! Non sapeva sotto che tempeste era
cresciuto il suo fiore di ceppo.
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