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Francesco Maria Piave
I due Foscari

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  • ATTO TERZO
    • Scena prima. Coro, poi Barbarigo, Loredano, Lucrezia, Jacopo
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ATTO TERZO

 

Scena prima. Coro, poi Barbarigo, Loredano, Lucrezia, Jacopo

 

L'antica piazetta di San Marco. Il canale è pieno di gondole che vanno e vengono. Di fronte vedesi l'isola dei Cipressi, ora San Giorgio. Il sole volge all'occaso. La scena, da principio vuota, va riempiendosi di popolo e maschere, che entrano da varie parti, s'incontrano, si riconoscono, passeggiano. Tutto è gioia.

 

CORO I:

Alla gioia!

 

CORO II:

Alle corse, alle gare . . .

 

CORO I:

Sia qui lieto ogni volto, ogni cor.

 

TUTTI:

Figlia, sposa, signora del mare.

è Venezia un sorriso d'amor.

 

CORO I:

Come specchio l'azzurra laguna

le raddoppia il fulgore del .

 

CORO II:

Le sue notti inargenta la luna,

né le grava se il giorno sparì.

 

TUTTI:

Alle gioie, ecc.

(Entrano Loredano e Barbarigo mascherati, a parte)

 

BARBARIGO:

Ve'! Come il popol gode! . . .

 

LOREDANO:

A lui non cale

se Foscari sia Doge o Malipiero.

(Si avanza fra il popolo)

Amici . . . che s'aspetta?

Le gondole son pronte; omai la festa

coll'usata canzone incominciamo.

 

CORO:

Sì, ben dicesti.

Allegri, orsù cantiamo.

 

(Tutti vanno alla riva del mare, coi fazzoletti bianchi e coi gesti animano i gondolieri colla seguente barcarola:)

 

Tace il vento, è queta l'onda;

mite un'aura l'accarezza . . .

Dêi mostrar la tua prodezza;

prendi il remo, o gondolier.

La tua bella dalla sponda

già t'aspetta palpitante;

per far lieto quel sembiante

voga, voga, o gondolier,

fendi, scorri la lagnuna,

che dinanzi a te si stende;

chi la palma ti contende

non ti vinca, o gondolier.

Batti l'onda, e la fortuna

assecondi il tuo valore . . .

Alla bella vincitore

torni lieto il gondolier.

 

(Escono dal palazzo ducale due trombettieri seguiti dal Messer Grande. I trombettieri suonano, ed il poplo si ritira. Anche le gondole scompariscono dal canale, ov'è una galera, su cui sventola il vessillo di San Marco)

 

POPOLO: (udite le trombe)

La giustizia del Leone! . . .

Finché passi . . . via di qua.

(Si ritirano e si tengono a molta distanza)

 

BARBARIGO:

Di timor non v'ha ragione!

 

LOREDANO:

Questo volgo ardir non ha.

 

(Sbarca dalla galera il Sopracomito, a cui il Messer Grande consegna un foglio. Dal ducale palazzo poi esce lentamente fra i custodi Jacopo Foscari, seguito da Lucrezia e dalla Pisana)

 

JACOPO:

Donna infelice, sol per me infelice,

vedova moglie a non estinto sposo,

addio . . . fra poco un mare

tra noi s'agiterà e per sempre! Almeno

tutte schiudesse ad ingoiarmi, tutte

le sirti del suo seno.

 

LUCREZIA:

Taci, crudel, deh taci!

 

JACOPO:

L'inesorabil suo core di scoglio,

più di costor pietoso,

frangesse il legno, ed una pronta morte

quest'esule togliesse

al suo lento morire . . .

Paghi gli odi sariano e il mio desire.

 

LUCREZIA:

E i figli? E il padre? Ed io?

 

JACOPO:

Da voi lontano - è morte il viver mio.

All'infelice veglio

conforta tu il dolore,

dei figli nostri in core

tu ispira la virtù.

A lor di me favella,

di' che innocente io sono,

che parto, che perdono,

che ci vedrem lassù.

 

LUCREZIA:

Cielo, s'affretti al termine

la vita mia penosa!

 

JACOPO:

Di Contarini e Foscari

mostrati figlia e sposa!

Che te non veggan piangere;

gioire alcun ne può.

 

LOREDANO: (imperiosamente al Messer Grande)

Messer, a che più indugiasi?

Parta, n'è tempo omai.

 

JACOPO e LUCREZIA:

Chi sei?

 

LOREDANO: (levandosi per un istante la maschera)

Ravvisami.

 

JACOPO:

Oh ciel, chi veggio mai!

Il mio nemico demone!

 

JACOPO e LUCREZIA:

Hai d'una tigre il cor!

 

JACOPO:

Ah padre, figli, sposa,

a voi l'addio supremo!

In cielo un giorno avremo

merce' di tal dolor.

 

LUCREZIA:

Ah, ti rammenta ognora

che sposo e padre sei,

ch'anco infelice, dêi

vivere al nostro amor.

 

PISANA, BARBARIGO e CORO

(Frenar chi puote il pianto

a vistatremenda!

Troppo, infelici, è

tal pena ad uman cor!)

 

LOREDANO:

(Comincia la vendetta

tant'anni desiata.

O stirpe abbominata,

m'è gioia il tuo dolor!)

 

JACOPO:

In cielo un giorno avremo

merce' di tal dolor!

Sposo addio!

 

(Jacopo, scortato dal Sopracomito e dai custodi, sale sulla galera. Lucrezia sviene tra le braccia della Pisana; Loredano entra nel palazzo ducale; Barbarigo s'avvia per altra strada; il popolo si disperde)

 

 

 





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