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Francesco Maria Piave I due Foscari IntraText CT - Lettura del testo |
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Scena seconda. Il Doge, poi i membri del Consiglio dei Dieci e della Giunta tra cui Loredano; poi Barbarigo, Lucrezia, Servo
Stanze private del Doge come nell'atto pirmo.
DOGE: Egli ora parte! . . . Ed innocente parte! . . . Ed io non ebbi per salvarlo un detto! . . . Morte immatura mi rapia tre figli! tolto per sempre da un infame esilio! Almen veduto avrei d'intorno a me spirante i figli miei! Solo ora sono! . . . e sul confin degli anni mi schiudono il sepolcro atroci affanni.
(Barbarigo entra frettoloso, recando un foglio)
DOGE:
a me un Erizzo inviò questo scritto. ei confessa, ed ogn'altro innocente . . .
DOGE: Ciel pietoso! Il mio affanno hai veduto!
Ah, più figli, infelice, non hai. Nel partir l'innocente spirò . . .
DOGE: Me infelice! Più figlio non ho! (Si abbandona sul seggiolone)
più del duolo or la vendetta . . . Tanto sangue un figlio aspetta, (Parte)
Signor, chiedon parlarti i Dieci . . .
DOGE: I Dieci! (Che bramano da me? . .) mi serbano costoro?
(Barbarigo, i membri del Consiglio dei Dieci e della Giunta, fra i quali è Loredano, entrano gravemente e dopo inchinato il Doge, gli si dispongono intorno)
DOGE: O nobili signori, che si chiede da me? . . . (Si ripone in capo il corno ducale)
Il Consiglio convinto ed il Senato, che gli anni molti e il tuo grave dolore ti chieggono un riposo, ben dovuto a chi tanto di patria ha meritato, dall cure ti liberan di Stato.
DOGE: Signori? . . . ho ben intesto?
a ricever da te l'anel ducale . . .
Da me non l'otterrà forza mortale! . . . dacché Doge io sono, ben due volte Di più . . . a giurar fui stretto . . . Io, Foscari, non manco a' giuri miei.
CORO: Cedi, cedi, rinunzia al potere o il Leone t'astringe a obbedir.
DOGE: Questa dunque è l'iniqua mercede, che serbaste al canuto guerriero? Questo han premio il valore e la fede, che han protetto, cresciuto l'impero? A me padre un figliuolo innocente voi strappaste, crudeli, dal core! or del serto si toglie l'onor!
CORO: fra tuoi cari; cedi alfine, ritorna a' tuoi lari.
DOGE: Fra miei cari? . . . Rendetemi il figlio: Desso è spento . . . che resta?
CORO:
DOGE: Che venga a me, se lice. (Uno esce) più Doge non sarà. (Consegna l'anello ad un Senatore)
DOGE: Lo fui, or più nol sono. Vieni, fuggiam di qui.
(Prende per mano Lucrezia e s'avvia, quando è colpito dal suono delle campane di San Marco)
Che ascolto! . . . Oh ciel! Salutano
LOREDANO: (avvicinandosi al Doge con gioia)
BARBARIGO e CORO: (a Loredano) Taci, abbastanza è misero;
DOGE: la vittima sono . . . più vita non ho!
che intorno rimbomba, (al Doge) maggior della sorte che sì t'oltraggiò.
che intorno rimbomba,
più presto la tomba dischiudergli può. Ah, troppo fatale su desso gravò.
DOGE:
Fa core . . .
DOGE: Mio figlio! . . .
LOREDANO: (scrivendo sopra un portafoglio che trae dal seno)
TUTTI:
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