ATTO PRIMO
Siviglia. Una sala tappezzata di
damasco con ritratti di famiglia ed arme gentilizie, addobbata nello stile del
secolo XVIII, però in cattivo stato. Di fronte, due finestre; quella a sinistra
chiusa, l'altra a destra aperta e praticabile, dalla quale si vede un cielo
purissimo, illuminato dalla luna, e cime d'alberi. Tra le finestre è un grande armadio
chiuso, contenente vesti, biancherie, ecc. Ognuna delle pareti laterali ha due
porte. La prima a destra dello spettatore è la comune; la seconda mette alla
stanza di Curra. A sinistra in fondo è l'appartamento del Marchese, più presso
al proscenio quello di Leonora. A mezza scena, alquanto a sinistra, è un
tavolino coperto da tappeto di damasco, e sopra il medesimo una chitarra, vasi
di fiori, due candelabri d'argento accesi con paralumi, sola luce che schiarirà
la sala. Un seggiolone presso il tavolino; un mobile con sopra un oriuolo fra
le due porte a destra; altro mobile sopra il quale è il ritratto tutta figura,
del Marchese appoggiato alla parete sinistra. La sala sarà parapettata.
Il Marchese di Calatrava, con lume in
mano, sta congendandosi da Donna Leonora preoccupata. Curra viene dalla
sinistra.
MARCHESE: (abbracciandola con affetto)
Buona notte, mia figlia. Addio, diletta . . .
Aperto ancora è quel veron.
(Va a chiuderlo)
LEONORA: (fra sé)
Oh, angoscia!
MARCHESE:
Nulla dice il tuo amor?
Perché sì triste?
LEONORA:
Padre . . . signor . . .
MARCHESE:
La pura aura de' campi
pace al tuo cor donava.
Fuggisti lo straniero di te indegno.
A me lascia la cura dell'avvenir;
nel padre tuo confida che t'ama tanto.
LEONORA:
Ah, padre!
MARCHESE:
Ebben, che t'ange? Non pianger.
LEONORA: (fra sé)
Oh, rimorso!
MARCHESE:
Ti lascio.
LEONORA: (gettandosi con effusione tra
le braccia del padre)
Ah, padre mio!
MARCHESE:
Ti benedica il cielo.
Addio.
LEONORA:
Addio.
(Il Marchese bacia Leonora e va nelle
sue stanze).
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