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Francesco Maria Piave La forza del destino IntraText CT - Lettura del testo |
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Scena terza. Don Alvaro, Leonora, Marchese di Calatrava, Curra
Detti. Don Alvaro senza mantello, con giustacuore a maniche larghe, e sopra una giubbetta da Majo, rete sul capo, stivali, speroni, entra dal verone e si getta tra le braccia di Leonora
Ah, per sempre, o mio bell'angiol,
Presso è il giorno.
Nulla opporsi può all'incanto, E Dio stesso il nostro palpito (a Curra) Quelle vesti dal verone getta.
No, no . . . (a Leonora)
Ciel, risolvermi non so.
Pronti destrieri di già ne attendono, Un sarcerdote ne aspetta all'ara. E quando il sole, nume dell'India, Il mondo innondi del suo splendore,
Ancor sospendi.
Diman . . .
Che parli?
E tu contento, gli è ver, ne sei? Sì, perché m'ami, né opporti dei; Anch'io, tu il sai, t'amo io tanto! Ne son felice, oh cielo, quanto! Gonfio di gioia ho il cor! Restiamo . . . Sì mio Alvaro, io t'amo, io t'amo! (Piange)
Gonfio hai di gioia il core, e lagrimi! Come un sepolcro tua man è gelida! Tutto comprendo, tutto, signora!
Io sol saprò soffrire. Tolga Iddio Che i passi miei per debolezza segua; Sciolgo i tuoi giuri. Le nuziali tede Sarebbero per noi segnal di morte Se tu, com'io, non m'ami, se pentita . . .
Son tua, son tua col core e colla vita!
Il solo ed immutabile Desio per me sarà.
(S'avvicinano al verone, quando ad un tratto si sente a sinistra un aprire e chiuder di porte)
Qual rumor!
CURRA: (ascoltando)
Partiam . . .
È tardi.
No. Difenderti degg'io.
Ripon quell'arma. Contro al genitore Vorresti? . . .
No, contro me stesso!
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