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Francesco Maria Piave La forza del destino IntraText CT - Lettura del testo |
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Scena quinta. Carlo, Chirurgo
Sì intrepido, sì prode, ei pur morrà! Uom singolar costui! Tremò di Calatrava al nome. A lui palese n' è forse il disonor? Cielo! Qual lampo! S'ei fosse il seduttore? Desso in mia mano, e vive! Se m'ingannassi? (Apre convulso la valigia, e ne trae un plico suggellato) (S'arresta) E la fé che giurai? E questa vita che debbo al suo valor? Anch'io lo salvo! S'ei fosse quell' Indo maledetto che macchiò il sangue mio? . . . Il suggello si franga. Niun qui mi vede. No? Ben mi vegg'io! Va, t'allontana, mi tenti invano; L'onor a tergere qui venni, e insano D'un onta nuova nol macchierò. Un giuro è sacro per l'uom d'onore; Que' fogli serbino il lor mistero. Che all'atto indegno mi concitò. E s'altra prova rinvenir potessi? (Torna a frugare nella valigia) Qui v'ha un ritratto . . . Suggel non v'é . . . nulla ei ne disse . . . Nulla promisi . . . s'apra dunque . . . Ora egli viva, e di mia man poi muoia! (Il chirurgo si presenta sulla porta della stanza)
(Esce)
È salvo! Oh gioia! Che m'innondi il cor ti sento! Potrò alfine il tradimento Ti fe' il volto rosseggiar? Se potessi il brando mio |
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