MELITONE:
Auf! Pazienza non v'ha che basti!
GUARDIANO:
Troppa dal Signor non ne aveste.
Facendo carità un dover s'adempie
da render fiero un angiol . . .
MELITONE:
Che al mio posto
in tre dì finirebbe
col minestrar de' schiaffi.
GUARDIANO:
Tacete; umil sia Meliton,
né soffra se veda preferirsi Raffaele.
MELITONE:
Io? No . . . amico gli son, ma ha certi gesti . . .
Parla da sé . . . ha cert'occhi.
GUARDIANO:
Son le preci, il digiuno.
MELITONE:
Ier nell'orto lavorava cotanto stralunato, che
scherzando dissi: Padre, un mulatto parmi . . .
Guardommi bieco, strinse le pugna, e . . .
GUARDIANO:
Ebbene?
MELITONE:
Quando cadde
sul campanil la folgore, ed usciva
fra la tempesta, gli gridai: mi sembra
Indian selvaggio . . . un urlo
cacciò che mi gelava.
GUARDIANO:
Che v'ha a ridir?
MELITONE:
Nulla, ma il guardo e penso,
narraste, che il demonio
qui stette un tempo in abito da frate . . .
Gli fosse il padre Raffael parente?
GUARDIANO:
Giudizi temerari . . . il ver narrai . . . ma n'ebbe il
Superior rivelazione allora . . . Io, no.
MELITONE:
Ciò è vero! Ma strano è molto il padre! La ragione?
GUARDIANO:
Del mondo i disinganni,
L'assidua penitenza,
Le veglie, l'astinenza
Quell'anima, quell'anima turbâr.
MELITONE:
Saranno i disinganni,
L'assidua penitenza,
Le veglie, l'astinenza
Che il capo gli guastâr!
GUARDIANO:
Del mondo i disinganni, ecc.
MELITONE:
Saranno i disinganni, ecc.
(Il campanello del cancello suona
rumorosamente)
GUARDIANO:
Giunge qualcuno, aprite.
(Il Padre Guardiano esce).
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