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Francesco Maria Piave La forza del destino IntraText CT - Lettura del testo |
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Scena quarta. Marchese di Calatrava, Leonora
Dopo vari colpi, apresi con istrepito la porta, ed il Marchese di Calatrava entra infuriato, brandendo una spada e seguito da due servi con lumi
MARCHESE: Vil seduttor! Infame figlia!
LEONORA: (correndo a suoi piedi) No, padre mio.
MARCHESE: Io più nol sono.
ALVARO: Il solo colpevole son io. (presentandogli il petto) Ferite, vendicatevi.
MARCHESE: No, la condotta vostra Da troppo abbietta origine Uscito vi dimostra.
ALVARO: (risentito) Signor Marchese!
MARCHESE: (a Leonora) Scostati. (ai servi) S'arresti l'empio.
ALVARO: (cavando nuovamente la pistola) Guai se alcun di voi si muove.
LEONORA: (correndo a lui) Alvaro, oh ciel, che fai?
ALVARO: (al Marchese) Cedo a voi sol, ferite.
MARCHESE: Morir per mano mia! Per mano del carnefice Tal vita spenta sia!
ALVARO: Signor di Calatrava! Pura siccome gli angeli È vostra figlia, il giuro; Reo sono io solo. Il dubbio Che l'ardir mio qui desta. Si tolga colla vita. Eccomi inerme.
(Getta via la pistola che, cadendo al suolo scarica il colpo, e ferisce mortalmente il Marchese)
MARCHESE: Io muoio!
ALVARO: (disperato) Arma funesta!
LEONORA: (correndo al padre) Aita!
MARCHESE: (a Leonora) Lungi da me. Contamina tua vista la mia morte!
LEONORA: Padre!
MARCHESE: Ti maledico! (Cade tra le braccia dei servi)
LEONORA: Cielo, pietade!
ALVARO: Oh, sorte!
(I servi portano via il Marchese, mentre Don Alvaro trae seco verso il verone la sventurata Leonora)
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