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Francesco Maria Piave
La forza del destino

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  • ATTO QUARTO
    • Scena quinta. Don Carlo, poi Don Alvaro in abito da Frate
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Scena quinta. Don Carlo, poi Don Alvaro in abito da Frate

 

CARLO:

Invano Alvaro ti celasti al mondo,

e d'ipocrita veste

scudo facesti alla viltà. Del chiostro

ove t'ascondi m'additâr la via

l'odio e la sete di vendetta; alcuno

qui non sarà che ne divida. Il sangue,

solo il tuo sangue può lavar l'oltraggio

che macchìo l'onor mio,

e tutto il verserò. Lo giuro a Dio.

 

(Entra Don Alvaro, in abito da frate)

 

ALVARO:

Fratello . . .

 

CARLO:

Riconoscimi.

 

ALVARO:

Don Carlo! Voi, vivente!

 

CARLO:

Da un lustro ne vo' in traccia,

Ti trovo finalmente;

Col sangue sol cancellasi

L'infamia ed il delitto.

Ch'io ti punisca è scritto

Sul libro del destin.

Tu prode fosti, or monaco,

Un 'arma qui non hai . . .

Deggio il tuo sangue spargere.

Scegli, due ne portai.

 

ALVARO:

Vissi nel mondo, intendo;

Or queste vesti, l'eremo,

Dicon che i falli ammendo,

Che penitente è il cor.

Lasciatemi.

 

CARLO:

Difendere

Quel sajo, né il deserto.

Codardo, te nol possono.

 

ALVARO: (trasalendo)

Codardo! Tale asserto . . .

(frenandosi)

No, no! Assistimi, Signore!

(a Don Carlo)

Le minaccie, i fieri accenti,

Portin seco in preda i venti;

Perdonatemi, pietà,

O fratel, pietà, pietà!

A che offendere cotanto

Chi fu solo sventurato?

Deh, chiniam la fronte al fato,

O fratel, pietà, pietà!

 

CARLO:

Tu contamini tal nome.

Una suora mi lasciasti

Che tradita abbandonasti

All'infamia, al disonor.

 

ALVARO:

No, non fu disonorata,

Ve lo giura un sacerdote!

Sulla terra l'ho adorata

Come in cielo amar si puote.

L'amo ancora, e s'ella m'ama

Più non brama questo cor.

 

CARLO:

Non si placa il mio furore

Per mendace e vile accento;

L'arme impugna ed al cimento

Scendi meco, o traditor.

 

ALVARO:

Se i rimorsi, il pianto omai

Non vi parlano per me,

Qual nessun mi vide mai,

Io mi prostro al vostro pié!

(S'inginocchia)

 

CARLO:

Ah la macchia del tuo stemma

Or provasti con quest'atto!

 

ALVARO: (balzando in piedi, furente)

Desso splende più che gemma.

 

CARLO:

Sangue il tinge di mulatto.

 

ALVARO: (non potendo più frenarsi)

Per la gola voi mentite!

A me un brando!

(Glielo strappa di mano)

Un brando, uscite!

 

CARLO:

Finalmente!

 

ALVARO: (ricomponendosi)

No, l'inferno non trionfi.

Va, riparti.

(Getta via la spada)

 

CARLO:

Ti fai dunque di me scherno?

 

ALVARO:

Va.

 

CARLO:

S'ora meco misurarti,

O vigliacco, non hai core,

Ti consacro al disonore.

(Gli dà uno schiaffo)

 

ALVARO: (furente)

Ah, segnasti la tua sorte!

Morte.

(Raccoglie la spada)

 

CARLO:

Morte! A entrambi morte!

 

CARLO e ALVARO:

Ah! Vieni a morte,

A morte andiam!

 

(Escono, correndo)

 

 





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