A sinistra un camino, il fuoco è
acceso, e la caldaia magica fuma sovra un treppiè; dallo stesso lato l'uscio
d'un oscuro recesso. Sul davanti, una piccola porta segreta. Nel fondo,
l'entrata della porta maggiore con ampia finestra da lato. In mezzo, una rozza
tavola, e pendenti dal tetto e dalle pareti stromenti ed arredi analoghi che al
luogo. Nel fondo uomini e donne del popolo. Ulrica presso la tavola; poco
distanti, un fanciullo ed una giovinetta che le domandano la buona ventura.
POPOLANE:
Zitti . . . l'incanto non dèssi turbare.
Il demonio tra breve halle a parlare.
ULRICA:
Re dell'abisso, affrettati,
Precipita per l'etra,
Senza librar la folgore
Il tetto mio penétra.
Omai tre volte l'upupa
Dall'alto sospirò;
La salamandra ignivora
Tre volte sibilò . . .
E delle tombe il gemito
Tre volte a me parlò.
(Gustavo entra vestito da pescatore,
avanzandosi tra la folla, né scorgendo alcuno dei suoi)
GUSTAVO:
Arrivo il primo!
POPOLANE: (respingendolo)
Villano, dà indietro.
(Gustavo s'allontana ridendo)
Oh, come tutto riluce di tetro!
ULRICA: (con esaltazione, declamando)
È lui, è lui! ne' palpiti
Come risento adesso
La voluttà riardere
Del suo tremendo amplesso!
La face del futuro
Nella sinistra egli ha.
M'arrise al mio scongiuro,
Rifolgorar la fa:
Nulla, più nulla ascondersi
Al guardo mio potrà!
(Batte al suolo esparisce)
POPOLANE:
Evviva la maga!
ULRICA: (di sotterra)
Silenzio, silenzio!
CRISTIANO: (rompendo la calca)
Su, fatemi largo, saper vo' il mio fato.
Del re sono servo, son suo marinaro:
La morte per esso più volte ho sfidato;
Tre lustri son corsi del vivere amaro,
Tre lustri che nulla s'è fatto per me.
ULRICA: (ricomparendo)
E chiedi?
CRISTIANO:
Qual sorte pel sangue versato mi attende.
GUSTAVO:
(Favella da franco soldato)
ULRICA: (a Cristiano)
La mano.
CRISTIANO:
Prendete.
ULRICA: (osservando la mano)
Rallegrati omai:
In breve dell'oro e un grado t'avrai.
(Gustavo trae un rotolo e vi scrive
su)
CRISTIANO:
Scherzate?
ULRICA:
Va pago.
GUSTAVO: (ponendolo in tasca a
Cristiano che non s'avvede)
(Mentire non de')
CRISTIANO:
A fausto presagio ben vuolsi mercè.
(Frugando trova il rotolo su cui legge
estatico)
"Gustavo al suo caro Cristiano uffiziale."
Per bacco! . . . non sogno! dell'oro ed un grado!
Evviva! Evviva!
POPOLANE:
Evviva la nostra Sibilla immortale,
Che spande su tutti ricchezze e piacer.
(S'ode picchiare alla piccola porta)
POPOLANE:
Si batte!
(Ulrica va ad aprire ed entra un
servo)
GUSTAVO:
(Che veggo! sull'uscio segreto
Un servo d'Amelia!)
SERVO: (sommessamente ad Ulrica, ma
inteso da Gustavo)
Sentite: la mia
Signora, che aspetta là fuori, vorria
Pregarvi in segreto d'arcano parer.
GUSTAVO:
(Amelia!)
ULRICA:
S'inoltri, ch'io tutti allontano.
GUSTAVO:
(Non me)
(Il servo parte)
ULRICA:
Perché possa rispondere a voi
È d'uopo che innanzi m'abbocchi a Satano;
Uscite, lasciate ch'io scruti nel ver.
CRISTIANO, POPOLANE:
Usciamo, si lasci che scruti nel ver.
(Mentre tutti s'allontanano, Gustavo
s'asconde. Amelia entra agitatissima)
ULRICA:
Che v'agita cosi?
AMELIA
Segreta, acerba
Cura che amor destò . . .
GUSTAVO: (nascosto)
(Che ascolto!)
ULRICA:
E voi cercate?
AMELIA:
Pace . . . svellermi dal petto
Chi sì fatale e desolato impera!
Lui, che su tutti il ciel arbitro pose.
GUSTAVO:
(Che ascolto? Anima mia!)
ULRICA:
L'oblio v'è dato. Arcane
Stille conosco d'una magic'erba,
Che rinnovella il cor . . . Ma chi n'ha d'uopo
Spiccarla debbe di sua man nel fitto
Delle notti. Funereo
È il loco.
AMELIA:
Ov'è?
ULRICA:
L'osate voi?
AMELIA: (risoluta)
Sì, qual esso sia.
ULRICA:
Dunque ascoltate:
Della città all'occaso,
Là dove al tetro lato
Batte la luna pallida
Sul campo abbominato . . .
Abbarbica gli stami,
A quelle pietre infami,
Ove la colpa scontasi
Coll'ultimo sospir!
AMELIA:
Mio Dio! qual loco!
ULRICA:
Attonita e già tremante siete?
GUSTAVO:
(Pover cor!)
ULRICA:
V'esanima?
AMELIA:
Agghiaccio . . .
ULRICA:
E l'oserete?
AMELIA:
Se tale è il dover mio
Troverò possa anch'io.
ULRICA:
Stanotte?
AMELIA:
Sì.
GUSTAVO:
(Non sola:
Ché te degg'io seguir)
AMELIA:
Consentimi, o Signore,
Virtù ch'io lavi 'l core.
E l'infiammato palpito
Nel petto mio sopir.
ULRICA:
Va, non tremar, l'incanto
Inaridisce il pianto.
Osa e berrai nel farmaco
L'oblio de'tuoi martir.
GUSTAVO:
(Ah! Ardo, e seguirla ho fisso
Se fosse nell'abisso,
Pur ch'io respiri, Amelia,
L'aura de' tuoi sospir)
VOCI: (dal fondo)
Figlia d'averno, schiudi la chiostra,
(spinte alla porta)
E tarda meno a noi ti mostra.
ULRICA: (ad Amelia)
Presto, partite . . . Addio.
AMELIA:
Stanotte . . . Addio.
GUSTAVO:
(Non sola: ché te degg'io seguir!)
(Amelia fugge per la porta segreta.
Ulrica apre l'entrata maggiore: entrano Horn, Ribbing e aderenti, Oscar,
gentiluomini e ufficiali travestiti bizzarramente, ai quali s'unisce Gustavo)
HORN, RIBBING, CORO:
Su, profetessa, monta il treppiè,
Canta il futuro,
OSCAR:
Ma il re dov'è?
GUSTAVO: (fattosi presso a lui)
Taci, nascondile che qui son io.
(poi volto rapidamente ad Ulrica)
Or tu, Sibilla, che tutto sai,
Della mia stella mi parlerai.
HORN, RIBBING, CORO:
Canta il futuro, canta il futuro!
GUSTAVO:
Di' tu se fedele
Il flutto m'aspetta,
Se molle di pianto
La donna diletta
Dicendomi addio
Tradì l'amor mio.
Con lacere vele
E l'alma in tempesta,
I solchi so franger
Dell'onda funesta,
L'averno ed il cielo
Irati sfidar.
Sollecita esplora,
Divina gli eventi:
Non possono i fulmin,
La rabbia de' venti,
La morte, l'amore
Sviarmi dal mar.
OSCAR, HORN, RIBBING, CORO:
Non possono i fulmin,
La rabbia de' venti,
La morte, l'amore
Sviarlo dal mar.
GUSTAVO:
Sull'agile prora
Che m'agita in grembo,
Se scosso mi sveglio
Ai fischi del nembo,
Ripeto fra' tuoni
Le dolci canzoni,
Le dolci canzoni
Del tetto natio,
Che i baci ricordan
Dell'ultimo addio,
E tutte raccendon
Le forze tua profezia,
Di ciò che può sorger
Dal fato qual sia;
Nell'anime nostre
Non entra terror.
OSCAR, HORN, RIBBING, CORO:
Nell'anime nostre
Non entra terror.
ULRICA:
Chi voi siate, l'audace parola
Può nel pianto prorompere un giorno,
Se chi sforza l'arcano soggiorno
Va la colpa nel duolo a lavar.
Se chi sfida il suo fato insolente
Deve l'onta nel fato scontar.
GUSTAVO:
Orsù, amici.
HORN:
Ma il primo chi fia?
OSCAR:
Io.
GUSTAVO: (offrendo la palma ad Ulrica)
L'onore a me cedi.
OSCAR:
E lo sia.
ULRICA: (solennemente, esaminando la
mano)
È la destra d'un grande, vissuto
Sotto gli astri di Marte.
OSCAR:
Nel vero ella colse.
GUSTAVO:
Tacete.
ULRICA: (staccandosi da lui)
Infelice . . . Va . . . mi lascia . . .
Non chieder di più.
GUSTAVO:
Su, prosegui.
ULRICA:
No . . . lasciami.
GUSTAVO:
Parla.
ULRICA: (evitando)
Va . . . Te ne prego.
OSCAR, HORN, RIBBING, CORO (a Ulrica)
Eh, finiscila omai.
GUSTAVO:
Te lo impongo.
ULRICA:
Ebben, presto morrai.
GUSTAVO:
Se sul campo d'onor, ti so grado.
ULRICA: (con più forza)
No . . . per man d'un amico.
OSCAR:
Gran Dio!
Quale orror!
HORN, RIBBING, CORO:
Quale orror!
ULRICA:
Così scritto è lassù.
GUSTAVO: (guardandosi intorno)
È scherzo od è follia
Siffatta profezia:
Ma come fa da ridere
La lor credulità!
ULRICA: (passando innanzi a Horn e
Ribbing)
Ah voi, signori, a queste
Parole mie funeste
Voi non osate ridere;
Che dunque in cor vi sta?
HORN E RIBBING:
La sua parola è dardo,
È fulmine lo sguardo,
Dal confidente dèmone
Tutto costei risà.
OSCAR, CORO:
Ah! Tal fia dunque il fato?
Ch'ei cada assassinato?
Al sol pensarci l'anima
Abbrividendo va.
GUSTAVO:
Finisici il vaticnio.
Di', chi fia dunque l'uccisor?
ULRICA:
Chi primo
Tua man quest'oggi stringerà.
GUSTAVO: (con vivacità)
Bennissimo.
(offrendo la destra ai circostanti che
non osano toccare)
Qual è di voi, che provi
L'oracolo bugiardo?
Nessuno!
(Anckarström appare all'entrata)
GUSTAVO: (accorrendo a lui e
stringendogli la mano)
Eccolo.
HORN, RIBBING,
CORO::
È desso!
HORN E RIBBING: (ai loro aderenti)
Respiro; il caso ne salvò.
CORO: (contro Ulrica)
L'oracolo mentiva.
GUSTAVO:
Sì; perché la man che stringo
È del più fido amico mio!
ANCKARSTRÖM:
Gustavo!
ULRICA: (riconoscendo il re)
Il re! . . .
GUSTAVO: (a lei)
Né chi fossi il genio tuo
Ti rivelò, né che voleano al bando
Oggi dannarti.
ULRICA:
Me?
GUSTAVO: (gettandole una borsa)
T'acqueta e prendi.
ULRICA:
Magnanimo tu sei, ma v'ha fra loro
Il traditor; più d'uno
Forse . . .
HORN E RIBBING:
(Gran Dio!)
GUSTAVO:
Non più.
CRISTIANO, CORO: (da lontano)
Viva Gustavo!
OSCAR, ULRICA, GUSTAVO, ANCKARSTRÖM, HORN, RIBBING:
Quai voci?
CORO: (da lontano)
Viva!
CRISTIANO: (dal fondo, volto ai suoi)
È lui, ratti movete, è lui:
Il nostro amico e padre.
(Marinai, uomini e donne del popolo
s'affollano all'entrata)
Tutti con me chinatevi al suo piede
E l'inno suoni della nostra fè.
CRISTIANO, CORO:
O figlio della patria,
Amor di questa terra!
Reggi felice, arridano
Gloria e salute a te.
OSCAR:
Il più superbo alloro
Che vince ogni tesoro
Alla tua chioma intrecciano
RIconoscenza a fè.
GUSTAVO:
E posso alcun sospetto
Alimentar nel petto,
Se mille cuori battono
Per immolarsi a me?
ANCKARSTRÖM:
Ma la sventura è cosa
Pur ne' trionfi ascosa,
Là dove il fato ipocrita
Veli una rea mercè.
HORN, RIBBING E LORO ADERENTI: (fra
loro)
Chiude al ferir la via
Questa servil genìa,
Che sta lambendo l'idolo,
E che non sa il perché.
ULRICA:
Non crede al proprio fato
Ma pur morrà piagato.
Sorrise al mio presagio
Ma nella fossa ha il piè.
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