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Antonio Somma Un ballo in maschera IntraText CT - Lettura del testo |
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ATTO SECONDO - Amelia, Gustavo, Horn, Anckarström, Ribbing
Campo solitario nei d'intorni di Stoccolma appiè d'un colle scosceso. A sinistra, nel basso, biancheggiano due pilastri; la luna leggermente velata illumina alcuni punti della scena. Amelia appare dalle eminenze, s'inginocchia e prega, poi si alza ed a poco a poco discende dal colle.
Ecco l'orrido campo ove s'accoppia La pianta è là, verdeggia al piè. S'inoltri, Sino il rumor de' passi miei, qui tutto M'empie di raccapriccio e di terrore! Perire! ebben, tal è, s'adempia, e sia. (Fa per avviarsi) Come avrò di mia mano quell'erba, E che dentro la mente convulsa Che ti resta, perduto l'amor . . . Ah! chi piange, qual forza m'arretra? M'attraversa la squallida via? Su, corraggio . . . e tu fatti di pietra, Non tradirmi, dal pianto ristà; Mezzanotte! - Ah, che veggio? una testa Di sotterra si leva . . . e sospira! Ha negli occhi il baleno dell'ira Deh! mi reggi, m'aita, o Signor,
GUSTAVO: (uscendo improvvisamente) Teco io sto.
Gran Dio!
Ti calma!
Ah!
Di che temi?
Ah, mi lasciate . . . Il mio nome almen salvate . . .
Io lasciarti? No, giammai; Nol poss'io; che' m'arde in petto
Il tuo nome intemerato, L'onor tuo sempre sarà.
Ma, Gustavo, io son d'altrui . . .
Io son di lui,
Lo ripeti innanzi a me! Quel suo grido non cura, non ode, Sin che l'empie di fremiti amor? . . . Non sai tu che di te resterìa, Se cessasse di battere il cor! Quante notti ho vegliato anelante! Quante volte dal cielo implorai La pietà, che tu chiedi da me! Ma per questo ho potuto un instante,
Ah! deh, soccorri tu, cielo, all'ambascia Di chi sta fra l'infamia e la morte: Di salvezza all'errante mio piè. (a Gustavo) E tu va, ch'io non t'oda, mi lascia: Son di lui, che il suo sangue ti diè.
Per un detto . . .
Ebben, sì, t'amo . . .
Ma tu, nobile,
GUSTAVO: (fuori di sé) M'ami, m'ami! . . . oh sia distrutto Ah, ch'io t'ascolti ancora Rispondermi così! E più non sorga il di!
O nella morte almeno Addormentarmi qui?
Sì . . . t'amo.
Ma tu, nobile,
Chi giunge in questo Soggiorono della morte? Ah, non m'inganno . . . (Si vede Anckarström)
AMELIA: (abbassando il velo atterrita) Il mio consorte!
GUSTAVO: (incontrando Anckarström) Tu qui?
Per salvarti da lor, che celati
Chi son?
(O ciel!)
Così che m'han preso per un dell'agguato, E intesi taluno proromper: L'ho visto, È il sire; un'ignota beltade è con esso. Poi altri qui volto: Fuggevole acquisto! S'ei rade la fossa, se il tenero amplesso Troncar di mia mano repente saprò.
(Io muoio . . . )
GUSTAVO: (a lei) Fa core.
ANCKARSTRÖM: (coprendolo col suo mantello) Ma questo il do. (poi additandogli un viottolo a destra) E bada, lo scampo t'è libero là.
GUSTAVO: (Prende per mano Amelia)
ANCKARSTRÖM: (passando ad Amelia) Ma voi non vorrete segnarlo, o signora, (Dilegua nel fondo e va a vedere se s'avanzano)
Deh, solo t'invola.
Che qui t'abbandoni? . . .
T'è libero ancora
Con esso? No, mai! piuttosto morrò.
O fuggi, o che il velo dal capo torrò.
Che dici?
Lo vo'. (Gustavo esita, ma ella rinnova l'ordine colla mano) (Salvarlo a quest'alma se dato sarà, Del fiero suo fato più tema non ha) (Al ricomparire di Anckarström, il re gli va incontro)
Amico, gelosa t'affido una cura: L'amor che mi porti garante mi sta.
Che tu l'addurrai, velata, in città, Né un detto, né un guardo su essa trarrai.
Lo giuro.
E che tocche le porte, n'andrai Da solo all'opposto.
Lo giuro, e sarà.
AMELIA: (sommessamente a Gustavo) Per quest'aura gli accenti di morte? Di lassù, da quei negri dirupi Ne' lor petti scintillano d'ira . . . E già piomban, t'accerchiano fitti . . . Al tuo capo già volser la mira . . . Per pietà, va, t'invola di qui.
ANCKARSTRÖM: (staccandosi dal fondo ove stava esplorando) Fuggi, fuggi, per l'orrida via Sento l'orma dei passi spietati. Allo scambio dei detti esecrati Va, ti salva, o che il varco all'uscita Va, ti salva; del popolo è vita,
(Traditor, congiurati son essi Che minacciano il vivere mio? Ah, l'amico ho tradito pur io . . . Son colui che nel cor lo ferì! Or d'amore colpevole . . . fuggo. Posi l'ale, protegga i suoi di!)
(Mio Dio!)
Perché tremate? Fida scorta vi son, l'amico accento (Dalle alture compariscono Horn e Ribbing con seguito)
HORN, RIBBING, CORO: (dall'alto) Avventiamoci su lui,
Eccoli!
Presto. Appoggiatevi a me.
Pel cadavere sarà.
HORN:
All'inferno.
ANCKARSTRÖM: (forte) Chi vi là?
HORN: Non è desso!
O furor mio!
CORO: Non è desso!
No, son io Che dinnanzi a voi qui sta.
Il suo fido!
HORN: Men di voi Fortunati fummo noi;
Io per altro il volto almeno (Alcuni dei suoi rientrano con fiaccole accese)
ANCKARSTRÖM: (colla mano sull'elsa)
HORN:
Non vi temo. (La luna è in tutto il suo splendore)
CORO: (verso Anckarström)
RIBBING: (Va per instrappare il velo ad Amelia)
ANCKARSTRÖM: (snudando la spada) E la tua vita
No; fermatevi . . .
(Nell'atto che tutti s'avventano contro Anckarström, Amelia fuori di sé, inframmettendosi, lascia cadere il velo)
Che! . . . Amelia!
Lei! . . . Sua moglie!
HORN: (sogghignando) Ve', se di notte qui colla sposa L'innamorato campion si posa E come al raggio lunar del miele
Ah! ah! ah!
ANCKARSTRÖM: (fisso alla via onde fuggì Gustavo) Per lui non posso levar la fronte, Sbranato il cor per sempre m'ha!
A chi nel mondo crudel più mai, Misera Amelia, ti volgerai? . . . La tua spregiata lacrima, quale, Qual man pietosa rasciugherà?
Ah! ah! ah! Ve', la tragedia mutò in commedia.
ANCKARSTRÖM: (Si avvicina a Horn e Ribbing e risolutamente dice loro:) Converreste a casa mia
HORN:
No, ben altro in cor mi sta.
HORN: Che vi punge?
Lo saprete se verrete.
E ci vedrai. (nell'uscire seguiti dai loro) Dunque andiam: per vie diverse L'un dall'altro s'allontani.
Ve', la traggedia mutò in commedia. Ah! ah! ah! ecc.
ANCKARSTRÖM: (Rimasto solo con Amelia, le dice fremendo)
HORN, RIBBING, CORO: (in lontananza) Ah! ah! ah!
Oh no! pietà!
HORN, RIBBING, CORO: (fuori scena) E che baccano sul caso strano ecc.
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