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Antonio Somma
Un ballo in maschera

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  • ATTO TERZO
    • Quadro primo. Anckarström e Amelia, Horn, Ribbing, Oscar
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ATTO TERZO

 

Quadro primo. Anckarström e Amelia, Horn, Ribbing, Oscar

 

Una stanza da studio nell'abitazione di Anckarström. Sovra un caminetto di fianco due vasi di bronzo, rimpetto a cui la biblioteca. Nel fondo v'ha un magnifico ritratto del re Gustavo in piedi, e, nel mezzo della scena, una travola.

 

(Entrano Anckarström e Amelia)

 

ANCKARSTRÖM: (deposta la spada e chiusa la porta)

A tal colpa è nulla il pianto,

Non la terge e non la scusa.

Ogni prece è vana ormai;

Sangue vuolsi, e tu morrai.

 

AMELIA:

Ma se reo, se reo soltanto

È l'indizio che m'accusa?

 

ANCKARSTRÖM:

Taci, adultera!

 

AMELIA:

Gran Dio!

 

ANCKARSTRÖM:

Chiedi a lui misericordia.

 

AMELIA:

E ti basta un sol sospetto?

E vuoi dunque il sangue mio?

E m'infami, e più non senti

giustizia, né pietà?

 

ANCKARSTRÖM:

Sangue vuolsi, e tu morrai.

 

AMELIA:

Un istante, è ver l'amai

Ma il tuo nome non macchiai.

Sallo Iddio, che nel mio petto

Mai non arse indegno affetto.

 

ANCKARSTRÖM: (ripigliando la spada)

Hai finito? Tardi è omai . . .

Sangue vuolsi, e tu morrai.

 

AMELIA:

Ah! mi sveni! . . . ebbene sia . . .

Ma una grazia . . .

 

ANCKARSTRÖM:

Non a me.

La tua prece al ciel rivolgi.

 

AMELIA: (genuflessa)

Solo un detto ancora a te.

M'odi, l'ultimo sarà.

Morrò, ma prima in grazia,

Deh! mi consenti almeno

L'unico figlio mio

Avvincere al mio seno.

E se alla moglie nieghi

Quest'ultimo favor,

Non rifiutarlo ai prieghi

Del mio materno cor.

Morrò, ma queste viscere

Consolino i suoi baci,

Or che l'estrema è giunta

Dell'ore mie fugaci.

Spenta per man del padre,

La man ei stenderà

Sugli occhi d'una madre

Che mai più non vedrà!

 

ANCKARSTRÖM: (additandole, senza guardarla, un uscio)

Alzati; tuo figlio

A te concedo riveder. Nell'ombra

E nel silenzio, ,

Il tuo rossore e l'onta mia nascondi.

(Amelia esce)

Non è su lei, nel suo

Fragile petto che colpir degg'io.

Altro, ben altro sangue a terger dèssi

L'offesa! . . .

(fissando il ritratto)

Il sangue tuo!

E lo trarrà il pugnale

Dallo sleal tuo core,

Delle lagrime mie vendicator!

Eri tu che macchiavi quell'anima,

La delizia dell'anima mia;

Che m'affidi e d'un tratto esecrabile

L'universo avveleni per me!

Traditor! che compensi in tal guisa

Dell'amico tuo primo la !

O dolcezze perdute! O memorie

D'un amplesso che l'essere india! . . .

Quando Ameliabella, sì candida

Sul mio seno brillava d'amor!

È finita, non siede che l'odio

E la morte nel vedovo cor!

O dolcezze perdute, o speranze d'amor!

 

(Horn e Ribbing entrano salutando Anckarström freddamente)

 

ANCKARSTRÖM:

Siam soli. Udite. Ogni desegno vostro

M' è noto. Voi di Gustavo la morte

Volete.

 

RIBBING:

È un sogno.

 

ANCKARSTRÖM: (mostrando alcune carte che ha sul tavolo)

Ho qui le prove!

 

HORN: (fremendo)

Ed ora la trama al re tu svelerai?

 

ANCKARSTRÖM:

No, voglio dividerla.

 

HORN E RIBBING:

Tu scherzi.

 

ANCKARSTRÖM:

E non co' detti:

Ma qui col fatto struggerò i sospetti.

Io son vostro, compagno m'avrete

Senza posa a quest'opra di sangue.

Se vi manco.

 

HORN:

Ma tal mutamento

È credibile appena.

 

ANCKARSTRÖM:

Qual fu la cagion non cercate.

Son vostro per la vita dell'unico figlio!

 

HORN:

Ei non mente.

 

RIBBING:

No, non mente.

 

ANCKARSTRÖM:

Esitate?

 

HORN E RIBBING:

Non più.

 

ANCKARSTRÖM:

Non più.

 

ANCKARSTRÖM, HORN, RIBBING:

Dunque l'onta di tutti sol una,

Uno il cor, la vendetta sarà,

Che tremenda, repente, digiuna

Su quel capo esecrato cadrà!

 

ANCKARSTRÖM:

D'una grazia vi supplico.

 

HORN:

E quale?

 

ANCKARSTRÖM:

Che sia dato d'ucciderlo a me.

 

HORN:

No, Anckarström: l'avito castello

A me tolse, e tal dritto a me spetta.

 

RIBBING:

Ed a me cui spegneva il fratello,

Cui decenne agonia di vendetta

Senza requie divora, qual parte

Assegnaste?

 

ANCKARSTRÖM:

Chetatevi, solo

Qui la sorte decidere de'.

(Prende un vaso dal camino e lo colloca sulla tavola. Horn scrive tre nomi e vi getta dentro i biglietti. Entra Amelia)

E chi viene?

(incontrandola)

Tu? . . .

 

AMELIA:

V'è Oscarre che porta

Un invito del sire.

 

ANCKARSTRÖM: (fremente)

Di lui! . . .

Che m'aspetti.

(ad Amelia)

E tu resta, lo dèi:

Poi che parmi che il cielo t'ha scorta.

 

AMELIA:

(Qual tristezza m'assale, qual pena!

Qual terribile lampo balena!)

 

ANCKARSTRÖM: (additando sua moglie a Horn e Ribbing)

Nulla sa: non temete. Costei

Esser debbe anzi l'auspice lieto.

(ad Amelia traendola verso la tavola)

V'ha tre nomi in quell'urna: un ne tragga

L'innocente tua mano.

 

AMELIA: (tremante)

E perche?

 

ANCKARSTRÖM: (fulminandola con lo sguardo)

Obbedisci: non chieder di più.

 

AMELIA:

(Non è dubbio; il feroce decreto

Mi vuol parte ad un'opra di sangue)

(Con mano tremante estrae dal vaso un biglietto che suo marito passa a Horn)

 

ANCKARSTRÖM:

Qual è dunque l'eletto?

 

HORN: (con dolore)

Renato.

 

ANCKARSTRÖM: (con esaltazione)

Il mio nome! O giustizia del fato;

La vendetta mi deleghi tu!

 

AMELIA:

(Di Gustavo la morte si vuole!

Non celâr le crudeli parole!

Su quel capo snudati dall'ira

I lor ferri scintillano già!)

 

ANCKARSTRÖM, HORN, RIBBING:

Sconterà della patria il pianto

Lo sleal che ne fece suo vanto.

Se traffisse, soccomba trafitto,

Tal mercede pagata gli va!

 

ANCKARSTRÖM: (alla porta)

Il messaggio entri.

(Entra Oscar)

 

OSCAR: (verso Amelia)

Alle danze questa sera, se gradite,

Con lo sposo, il mio signore

Vi desidera . . .

 

AMELIA: (turbata)

Nol posso.

 

ANCKARSTRÖM:

Anche il sire vi sarà?

 

OSCAR:

Certo.

 

HORN E RIBBING: (fra loro)

O sorte!

 

ANCKARSTRÖM: (al paggio, ma guardando i compagni)

Tanto invito so che valga.

 

OSCAR:

È un ballo in maschera

Splendidissimo!

 

ANCKARSTRÖM:

Benissimo!

(accennando Amelia)

Ella meco interverrà.

 

AMELIA:

(Gran Dio!)

 

HORN E RIBBING: (fra loro)

E noi pur, se da quell'abito

Più spedito il colpo va.

 

OSCAR:

Ah! di che fulgor, che musiche

Esulteran le soglie,

Ove di tante giovani

Bellezze il fior s'accoglie,

Di quante altrice palpita

Questa gentil città!

 

AMELIA:

(Ed io medesma, io misera,

Lo scritto inesorato

Trassi dall'urna complice,

Pel mio consorte irato:

Su cui del cor più nobile

Ferma la morte sta)

 

ANCKARSTRÖM:

( fra le danze esanime

La mente mia sel pinge . . .

Ove del proprio sangue

Il pavimento tinge.

Spira, dator d'infamie,

Senza trovar pietà)

 

HORN E RIBBING: (fra loro)

Una vendetta in domino

È ciò che torna all'uopo.

Fra l'urto delle maschere

Non fallirà lo scopo;

Sarà una danza funebre

Con pallide beltà.

 

AMELIA:

(Prevenirlo potessi, e non tradir

Lo sposo mio!)

 

OSCAR:

Regina della festa sarete.

 

AMELIA:

(Forse potrallo Ulrica)

 

(frattanto Anckarström, Horn e Ribbing si tirano rapidamente in disparte)

 

HORN E RIBBING:

E qual costume indosserem?

 

ANCKARSTRÖM:

Azzurra la veste, e da vermiglio

Nastro le ciarpe al manco lato attorte.

 

HORN E RIBBING:

E qual accento a ravvisarci?

 

ANCKARSTRÖM: (sottovoce)

"Morte!"

 

AMELIA:

(Prevenirlo potessi!)

 

OSCAR:

Regina sarete!

 

ANCKARSTRÖM, HORN, RIBBING:

Morte!





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