ATTO TERZO
Una stanza da studio nell'abitazione
di Anckarström. Sovra un caminetto di fianco due vasi di bronzo, rimpetto a cui
la biblioteca. Nel fondo v'ha un magnifico ritratto del re Gustavo in piedi, e,
nel mezzo della scena, una travola.
(Entrano Anckarström e Amelia)
ANCKARSTRÖM: (deposta la spada e
chiusa la porta)
A tal colpa è nulla il pianto,
Non la terge e non la scusa.
Ogni prece è vana ormai;
Sangue vuolsi, e tu morrai.
AMELIA:
Ma se reo, se reo soltanto
È l'indizio che m'accusa?
ANCKARSTRÖM:
Taci, adultera!
AMELIA:
Gran Dio!
ANCKARSTRÖM:
Chiedi a lui misericordia.
AMELIA:
E ti basta un sol sospetto?
E vuoi dunque il sangue mio?
E m'infami, e più non senti
Né giustizia, né pietà?
ANCKARSTRÖM:
Sangue vuolsi, e tu morrai.
AMELIA:
Un istante, è ver l'amai
Ma il tuo nome non macchiai.
Sallo Iddio, che nel mio petto
Mai non arse indegno affetto.
ANCKARSTRÖM: (ripigliando la spada)
Hai finito? Tardi è omai . . .
Sangue vuolsi, e tu morrai.
AMELIA:
Ah! mi sveni! . . . ebbene sia . . .
Ma una grazia . . .
ANCKARSTRÖM:
Non a me.
La tua prece al ciel rivolgi.
AMELIA: (genuflessa)
Solo un detto ancora a te.
M'odi, l'ultimo sarà.
Morrò, ma prima in grazia,
Deh! mi consenti almeno
L'unico figlio mio
Avvincere al mio seno.
E se alla moglie nieghi
Quest'ultimo favor,
Non rifiutarlo ai prieghi
Del mio materno cor.
Morrò, ma queste viscere
Consolino i suoi baci,
Or che l'estrema è giunta
Dell'ore mie fugaci.
Spenta per man del padre,
La man ei stenderà
Sugli occhi d'una madre
Che mai più non vedrà!
ANCKARSTRÖM: (additandole, senza
guardarla, un uscio)
Alzati; là tuo figlio
A te concedo riveder. Nell'ombra
E nel silenzio, là,
Il tuo rossore e l'onta mia nascondi.
(Amelia esce)
Non è su lei, nel suo
Fragile petto che colpir degg'io.
Altro, ben altro sangue a terger dèssi
L'offesa! . . .
(fissando il ritratto)
Il sangue tuo!
E lo trarrà il pugnale
Dallo sleal tuo core,
Delle lagrime mie vendicator!
Eri tu che macchiavi quell'anima,
La delizia dell'anima mia;
Che m'affidi e d'un tratto esecrabile
L'universo avveleni per me!
Traditor! che compensi in tal guisa
Dell'amico tuo primo la fÈ!
O dolcezze perdute! O memorie
D'un amplesso che l'essere india! . . .
Quando Amelia sì bella, sì candida
Sul mio seno brillava d'amor!
È finita, non siede che l'odio
E la morte nel vedovo cor!
O dolcezze perdute, o speranze d'amor!
(Horn e Ribbing entrano salutando Anckarström freddamente)
ANCKARSTRÖM:
Siam soli. Udite. Ogni
desegno vostro
M' è noto. Voi di Gustavo la morte
Volete.
RIBBING:
È un sogno.
ANCKARSTRÖM: (mostrando alcune carte
che ha sul tavolo)
Ho qui le prove!
HORN: (fremendo)
Ed ora la trama al re tu svelerai?
ANCKARSTRÖM:
No, voglio dividerla.
HORN E RIBBING:
Tu scherzi.
ANCKARSTRÖM:
E non co' detti:
Ma qui col fatto struggerò i sospetti.
Io son vostro, compagno m'avrete
Senza posa a quest'opra di sangue.
Se vi manco.
HORN:
Ma tal mutamento
È credibile appena.
ANCKARSTRÖM:
Qual fu la cagion non cercate.
Son vostro per la vita dell'unico figlio!
HORN:
Ei non mente.
RIBBING:
No, non mente.
ANCKARSTRÖM:
Esitate?
HORN E RIBBING:
Non più.
ANCKARSTRÖM:
Non più.
ANCKARSTRÖM, HORN, RIBBING:
Dunque l'onta di tutti sol una,
Uno il cor, la vendetta sarà,
Che tremenda, repente, digiuna
Su quel capo esecrato cadrà!
ANCKARSTRÖM:
D'una grazia vi supplico.
HORN:
E quale?
ANCKARSTRÖM:
Che sia dato d'ucciderlo a me.
HORN:
No, Anckarström: l'avito castello
A me tolse, e tal dritto a me spetta.
RIBBING:
Ed a me cui spegneva il fratello,
Cui decenne agonia di vendetta
Senza requie divora, qual parte
Assegnaste?
ANCKARSTRÖM:
Chetatevi, solo
Qui la sorte decidere de'.
(Prende un vaso dal camino e lo
colloca sulla tavola. Horn scrive tre nomi e vi getta dentro i biglietti. Entra
Amelia)
E chi viene?
(incontrandola)
Tu? . . .
AMELIA:
V'è Oscarre che porta
Un invito del sire.
ANCKARSTRÖM: (fremente)
Di lui! . . .
Che m'aspetti.
(ad Amelia)
E tu resta, lo dèi:
Poi che parmi che il cielo t'ha scorta.
AMELIA:
(Qual tristezza m'assale, qual pena!
Qual terribile lampo balena!)
ANCKARSTRÖM: (additando sua moglie a
Horn e Ribbing)
Nulla sa: non temete. Costei
Esser debbe anzi l'auspice lieto.
(ad Amelia traendola verso la tavola)
V'ha tre nomi in quell'urna: un ne tragga
L'innocente tua mano.
AMELIA: (tremante)
E perche?
ANCKARSTRÖM: (fulminandola con lo
sguardo)
Obbedisci: non chieder di più.
AMELIA:
(Non è dubbio; il feroce decreto
Mi vuol parte ad un'opra di sangue)
(Con mano tremante estrae dal vaso un
biglietto che suo marito passa a Horn)
ANCKARSTRÖM:
Qual è dunque l'eletto?
HORN: (con dolore)
Renato.
ANCKARSTRÖM: (con esaltazione)
Il mio nome! O giustizia del fato;
La vendetta mi deleghi tu!
AMELIA:
(Di Gustavo la morte si vuole!
Non celâr le crudeli parole!
Su quel capo snudati dall'ira
I lor ferri scintillano già!)
ANCKARSTRÖM, HORN, RIBBING:
Sconterà della patria il pianto
Lo sleal che ne fece suo vanto.
Se traffisse, soccomba trafitto,
Tal mercede pagata gli va!
ANCKARSTRÖM: (alla porta)
Il messaggio entri.
(Entra Oscar)
OSCAR: (verso Amelia)
Alle danze questa sera, se gradite,
Con lo sposo, il mio signore
Vi desidera . . .
AMELIA: (turbata)
Nol posso.
ANCKARSTRÖM:
Anche il sire vi sarà?
OSCAR:
Certo.
HORN E RIBBING: (fra loro)
O sorte!
ANCKARSTRÖM: (al paggio, ma guardando
i compagni)
Tanto invito so che valga.
OSCAR:
È un ballo in maschera
Splendidissimo!
ANCKARSTRÖM:
Benissimo!
(accennando Amelia)
Ella meco interverrà.
AMELIA:
(Gran Dio!)
HORN E RIBBING: (fra loro)
E noi pur, se da quell'abito
Più spedito il colpo va.
OSCAR:
Ah! di che fulgor, che musiche
Esulteran le soglie,
Ove di tante giovani
Bellezze il fior s'accoglie,
Di quante altrice palpita
Questa gentil città!
AMELIA:
(Ed io medesma, io misera,
Lo scritto inesorato
Trassi dall'urna complice,
Pel mio consorte irato:
Su cui del cor più nobile
Ferma la morte sta)
ANCKARSTRÖM:
(Là fra le danze esanime
La mente mia sel pinge . . .
Ove del proprio sangue
Il pavimento tinge.
Spira, dator d'infamie,
Senza trovar pietà)
HORN E RIBBING: (fra loro)
Una vendetta in domino
È ciò che torna all'uopo.
Fra l'urto delle maschere
Non fallirà lo scopo;
Sarà una danza funebre
Con pallide beltà.
AMELIA:
(Prevenirlo potessi, e non tradir
Lo sposo mio!)
OSCAR:
Regina della festa sarete.
AMELIA:
(Forse potrallo Ulrica)
(frattanto Anckarström, Horn e Ribbing
si tirano rapidamente in disparte)
HORN E RIBBING:
E qual costume indosserem?
ANCKARSTRÖM:
Azzurra la veste, e da vermiglio
Nastro le ciarpe al manco lato attorte.
HORN E RIBBING:
E qual accento a ravvisarci?
ANCKARSTRÖM: (sottovoce)
"Morte!"
AMELIA:
(Prevenirlo potessi!)
OSCAR:
Regina sarete!
ANCKARSTRÖM, HORN, RIBBING:
Morte!
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