Il
Ventre di Napoli (venti anni fa)
BISOGNA
SVENTRARE NAPOLI
Efficace
la frase, Voi non lo conoscevate, onorevole Depretis, il ventre di Napoli.
Avevate torto, perchè voi siete il Governo e il Governo deve saper tutto. Non
sono fatte pel Governo, certamente, le descrizioncelle colorite di cronisti con
intenzioni letterarie, che parlano della via Caracciolo, del mare glauco, del
cielo di cobalto, delle signore incantevoli e dei vapori violetti del tramonto:
tutta questa rettorichetta a base di golfo e di colline fiorite, di cui noi
abbiamo già fatto e oggi continuiamo a fare ammenda onorevole, inginocchiati
umilmente innanzi alla patria che soffre; tutta questa minuta e facile
letteratura frammentaria, serve per quella parte di pubblico che non vuole
essere seccata per racconti di miserie. Ma il governo doveva sapere l'altra
parte; il governo a cui arriva la statistica della mortalità e quella dei
delitti; il governo a cui arrivano i rapporti dei prefetti, dei questori, degli
ispettori di polizia, dei delegati; il governo a cui arrivano i rapporti dei
direttori delle carceri; il governo che sa tutto: quanta carne si consuma in un
giorno e quanto vino si beve in un anno, in un paese; quante femmine
disgraziate, diciamo così, vi esistano, e quanti ammoniti siano i loro amanti
di cuore, quanti mendichi non possano entrare nelle opere pie e quanti
vagabondi dormano in istrada, la notte; quanti nullatenenti e quanti
commercianti vi sieno; quanto renda il dazio consumo, quanto la fondiaria, per
quanto s'impegni al Monte di Pietà e quanto renda il lotto. Quest'altra
parte, questo ventre di Napoli, se non lo conosce il Governo, chi lo deve
conoscere? E se non servono a dirvi tutto, a che sono buoni tutti questi
impiegati alti e bassi, a che questo immenso ingranaggio burocratico che ci
costa tanto? E, se voi non siete la intelligenza suprema del paese che tutto
conosce e a tutto provvede, perchè siete ministro?
Vi
avranno fatto vedere una, due, tre strade dei quartieri bassi e ne avrete avuto
orrore. Ma non avete visto tutto; i napoletani istessi che vi conducevano, non
conoscono tutti i quartieri bassi. La via dei Mercanti, l'avete percorsa
tutta?
Sarà
larga quattro metri, tanto che le carrozze non vi possono passare, ed è
sinuosa, si torce come un budello: le case altissime la immergono, durante le
più belle giornate, in una luce scialba e morta: nel mezzo della via il
ruscello è nero, fetido, non si muove, impantanato, è fatto di liscivia e di
saponata lurida, di acqua di maccheroni e di acqua di minestra, una miscela
fetente che imputridisce. In questa strada dei Mercanti, che è una delle
principali del quartiere Porto, v'è di tutto: botteghe oscure, dove si agitano
delle ombre, a vendere di tutto, agenzie di pegni, banchi lotto; e ogni tanto
un portoncino nero, ogni tanto un angiporto fangoso, ogni tanto un friggitore,
da cui esce il fetore dell'olio cattivo, ogni tanto un salumaio, dalla cui
bottega esce un puzzo di formaggio che fermenta e di lardo fradicio.
Da
questa via partono tante altre viottole, che portano i nomi delle arti: la
Zabatteria, i Coltellai, gli Spadari, i Taffettanari, i Materassari, e via di
seguito. Sono, queste viottole - questa è la sola differenza - molto più
strette dei Mercanti, ma egualmente sporche e oscure; e ognuna puzza in modo
diverso: di cuoio vecchio, di piombo fuso, di acido nitrico, di acido solforico.
Varie
strade conducono dall'alto al quartiere di Porto: sono ripidissime, strette,
mal selciate. La via di Mezzocannone è popolata tutta di tintori: in fondo a
ogni bottega bruna, arde un fuoco vivo sotto una grossa caldaia nera, dove gli
uomini seminudi agitano una miscela fumante; sulla porta si asciugano dei cenci
rossi e violetti; sulle selci disgiunte, cola sempre una feccia di tintura
multicolore. Un'altra strada, le così dette Gradelle di Santa Barbara,
ha anche la sua originalità: da una parte e dall'altra abitano femmine
disgraziate, che ne hanno fatto un loro dominio, e, per ozio di infelici
disoccupate, nel giorno, e per cupo odio contro l'uomo, buttano dalla finestra,
su chi passa, buccie di fichi, di cocomero, spazzatura, torsoli di spighe. e
tutto resta, su questi gradini, così che la gente pulita non osa passarvi più.
Vi è un'altra strada, che dietro l'educandato di San Marcellino, conduce a
Portanova, dove i Mercanti finiscono e cominciano i Lanzieri: veramente non è
una strada, è un angiporto, una specie di canale nero, che passa sotto due
archi e dove pare raccolta tutta la immondizia di un villaggio africano. Ivi, a
un certo punto, non si può procedere oltre: il terreno è lubrico e lo stomaco
spasima.
In
sezione Vicaria, vi siete stato?
Sopra
tutte le strade che la traversano, una sola è pulita, la via del Duomo: tutte
le altre sono rappresentazioni della vecchia Napoli, affogate, brune, con le
case puntellate, che cadono per vecchiaia. Vi è un vicolo del Sole, detto così
perchè il sole non vi entra mai; vi è un vicolo del Settimo Cielo, appunto per
l'altitudine di una strisciolina di cielo, che apparisce fra le altissime e
antiche case. Attorno alla piazzetta dei SS. Apostoli vi sono tre o quattro
stradette; Grotta della Marra, Santa Maria a Vertecœli, vicolo della Campana,
dove vive una popolazione magra e pallida, appestata dalla fabbrica di tabacco
che è lì, appestata dalla propria sudiceria; e tutti i dintorni di
Castelcapuano, di questa grande e storica Vicaria, sembrano proprio il suo
ambiente, vale a dire putridume materiale e morale, su cui sorge l'estremo
portato di questa società povera e necessariamente corrotta: la galera.
La
sezione Mercato? Ah, già: quella storica, dove Masaniello ha fatto la
rivoluzione, dove hanno tagliato il capo a Corradino di Svevia; sì, sì, ne
hanno parlato drammaturghi e poeti. Se ne traversa un lembo, venendo in
carrozza, dalla Ferrovia, ma si esce subito alla Marina. Al diavolo la poesia e
il dramma! In sezione Mercato, niuna strada è pulita; pare che da anni non ci
passi mai lo spazzino; ed è forse la sporcizia di un giorno.
Ivi
è il Lavinaio, la grande fonte, dove si lavano i cenci luridi della vecchia e
povera Napoli: il Lavinaio, che è il grande ruscello, dove il luridume viene a
detergersi superficialmente; tanto che per insultare bonariamente un
napoletano, sul proprio napoletanesimo, gli si dice. - Sei proprio del
Lavinaio. Nella sezione Mercato, vi sono i sette vicoli della Duchesca,
in uno dei quali, ho letto un dispaccio, vi sono stati in un'ora trenta casi;
vi è il vicolo del Cavalcatoio; vi è il vicolo di Sant'Arcangelo a
Baiano. Io sono una donna e non posso dirvi che sieno queste strade, poichè
ivi l'abbiezione diventa così profonda, così miseranda, la natura umana si
degrada talmente, che vengono alla faccia le fiamme della vergogna.
Sventrare
Napoli? Credete che basterà? Vi lusingate che basteranno tre, quattro strade,
attraverso i quartieri popolari, per salvarli? Vedrete, vedrete, quando gli
studi, per questa santa opera di redenzione, saranno compiuti, quale verità
fulgidissima risulterà: bisogna rifare.
Voi
non potrete sicuramente lasciare in piedi le case che sono lesionate dalla
umidità, dove al pianterreno vi è il fango e all'ultimo piano si brucia
nell'estate e si gela nell'inverno; dove le scale sono ricettacoli
d'immondizie; nei cui pozzi, da cui si attinge acqua così penosamente, vanno a
cadere tutti i rifiuti umani e tutti gli animali morti; e che hanno tutto un pot-bouille,
una cosidetta vinella, una corticina interna in cui le serve buttano
tutto; il cui sistema di latrine, quando ci sono, resiste a qualunque
disinfezione.
Voi
non potrete lasciare in piedi le case, nelle cui piccole stanze sono
agglomerate mai meno di quattro persone, dove vi sono galline e piccioni, gatti
sfiancati e cani lebbrosi; case in cui si cucina in uno stambugio, si mangia
nella stanza da letto e si muore nella medesima stanza, dove altri dormono e
mangiano, case, i cui sottoscala, pure abitati da gente umana, rassomigliano
agli antichi, ora aboliti, carceri criminali della Vicaria, sotto il
livello del suolo.
Voi
non potrete sicuramente lasciare in piedi i cavalcavia che congiungono le case;
nè quelle ignobili costruzioni di legno che si sospendono a certe muraglie di
case, nè quei portoncini angusti, nè vicoli ciechi, nè quegli angiporti, nè
quei supportici; voi non potrete lasciare in piedi i fondaci.
Voi
non potrete lasciare in piedi certe case dove al primo piano è un'agenzia di
pegni, al secondo si affittano camere a studenti, al terzo si fabbricano i
fuochi artificiali: certe altre dove al pianterreno vi è un bigliardo, al primo
piano un albergo dove si pagano tre soldi per notte, al secondo una raccolta di
poverette, al terzo un deposito di cenci.
Per
distruggere la corruzione materiale e quella morale, per rifare la salute e la
coscienza a quella povera gente, per insegnare loro come si vive - essi sanno
morire, come avete visto! - per dir loro che essi sono fratelli nostri, che noi
li amiamo efficacemente, che vogliamo salvarli, non basta sventrare Napoli:
bisogna quasi tutta rifarla.
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