QUELLO CHE MANGIANO
Un
giorno, un industriale napoletano ebbe un'idea. Sapendo che la pizza è
una delle adorazioni cucinarie napoletane, sapendo che la colonia napoletana in
Roma è larghissima, pensò di aprire una pizzeria in Roma. Il rame delle
casseruole e dei ruoti vi luccicava, il forno vi ardeva sempre; tutte le
pizze vi si trovavano: pizza al pomidoro, pizza con muzzarella
e formaggio, pizza con alici e olio, pizza con olio, origano e
aglio. Sulle prime la folla vi accorse, poi andò scemando. La pizza, tolta
al suo ambiente napoletano, pareva una stonatura e rappresentava una
indigestione; il suo astro impallidì e tramontò, in Roma; pianta esotica, morì
in questa solennità romana.
È
vero, infatti: la pizza rientra nella larga categoria dei commestibili che
costano un soldo, e di cui è formata la colazione o il pranzo, di moltissima
parte del popolo napoletano.
Il
pizzaiuolo che ha bottega, nella notte, fa un gran numero di queste
schiacciate rotonde, di una pasta densa,
che si brucia, ma non si cuoce, cariche di pomidoro quasi crudo, di aglio, di
pepe, di origano: queste pizze in tanti settori da un soldo, sono
affidate a un garzone, che le va a vendere in qualche angolo di strada, sovra
un banchetto ambulante e lì resta quasi tutto il giorno, con questi settori di
pizza che si gelano al freddo, che si ingialliscono al sole, mangiati dalle
mosche. Vi sono anche delle fette di due centesimi, pei bimbi che vanno a
scuola; quando la provvista è finita, il pizzaiuolo la rifornisce, sino
a notte.
Vi
sono anche, per la notte, dei garzoni che portano sulla testa un grande scudo
convesso di stagno, entro cui stanno queste fette di pizza e girano pei
vicoli e dànno un grido speciale, dicendo che la pizza ce l'hanno col
pomidoro e con l'aglio, con la muzzarella e con le alici salate. Le
povere donne sedute sullo scalino del basso, ne comprano e cenano, cioè
pranzano, con questo soldo di pizza.
Con
un soldo, la scelta è abbastanza varia, pel pranzo del popolo napoletano. Dal
friggitore si ha un cartoccetto di pesciolini che si chiamano fragaglia
e che sono il fondo del paniere dei pescivendoli: dallo stesso friggitore si
hanno per un soldo, quattro o cinque panzarotti, vale a dire delle
frittelline in cui vi è un pezzetto di carciofo, quando niuno vuol più saperne
di carciofi, o un torsolino di cavolo, o un frammentino di alici. Per un soldo,
una vecchia dà nove castagne allesse, denudate della prima buccia e nuotanti in
un succo rossastro: in questo brodo il popolo napoletano vi bagna il
pane e mangia le castagne, come seconda pietanza; per un soldo, un'altra
vecchia, che si trascina dietro un calderottino in un carroccio, dà due spighe
di granturco bollite. Dall'oste, per un soldo, si può comperare una porzione di
scapece; la scapece è fatta di zucchetti o melanzane fritte
nell'olio e poi condite con aceto, pepe, origano, formaggio, pomidoro, ed è
esposta in istrada, in un grande vaso profondo, in cui sta intasata, come una
conserva e da cui si taglia con un cucchiaio. Il popolo napoletano porta il suo
tozzo di pane, lo divide per metà, e l'oste vi versa sopra la scapece.
Dall'oste, sempre per un soldo, si compera la spiritosa: la spiritosa
è fatta di fette di pastinache gialle, cotte nell'acqua e poi messe in una
salsa forte di aceto, pepe, origano e peperoni. L'oste sta sulla porta e grida:
addorosa, addorosa, 'a spiritosa! Come è naturale, tutta questa roba è
condita in modo piccantissimo, tanto da soddisfare il più atonizzato palato
meridionale.
Appena
ha due soldi, il popolo napoletano compra un piatto di maccheroni cotti e
conditi; tutte le strade dei quartieri popolari, hanno una di queste osterie
che installano all'aria aperta le loro caldaie, dove i maccheroni bollono
sempre, i tegami dove bolle il sugo di pomidoro, le montagne di cacio grattato,
un cacio piccante che viene da Cotrone. Anzi tutto, quest'apparato è molto
pittoresco, e dei pittori lo hanno dipinto, ed è stato da essi reso lindo e
quasi elegante con l'oste che sembra un pastorello di Watteau; e nella
collezione di fotografie napoletane, che gl'inglesi comprano, accanto alla
monaca di casa, al ladruncolo di fazzoletti, alla famiglia di
pidocchiosi, vi è anche il banco del maccaronaro. Questi maccheroni
si vendono a piattelli di due e di tre soldi; e il popolo napoletano li chiama
brevemente, dal loro prezzo: nu doie e nu tre. La porzione è
piccola e il compratore litiga con l'oste, perchè vuole un po' più di sugo, un
po' più di formaggio e un po' più di maccheroni.
Con
due soldi si compera un pezzo di polipo bollito nell'acqua di mare, condito con
peperone fortissimo: questo commercio lo fanno le donne, nella strada, con un
focolaretto e una piccola pignatta; con due soldi di maruzze, si hanno
le lumache, il brodo e anche un biscotto intriso nel brodo: per due soldi
l'oste, da una grande padella dove friggono confusamente ritagli di grasso di
maiale e pezzi di coratella, cipolline, e frammenti di seppia, cava una grossa
cucchiaiata di questa miscela e la depone sul pane del compratore, badando bene
a che l'unto caldo e bruno non coli per terra, che vada tutto sulla mollica,
perchè il compratore ci tiene.
Appena
ha tre soldi al giorno per pranzare, il buon popolo napoletano, che è corroso
dalla nostalgia familiare, non va più dall'oste per comperare i commestibili
cotti, pranza a casa sua, per terra, sulla soglia del basso, o sopra una sedia
sfiancata.
Con
quattro soldi si compone una grande insalata di pomidori crudi verdastri e di
cipolle; o un'insalata di patate cotte e di barbabietole, o un'insalata di
broccoli di rape; o un'insalata di citrioli freschi.
La
gente agiata, quella che può disporre di otto soldi al giorno, mangia dei
grandi piatti di minestra verde, indivia, foglie di cavolo, cicoria, o tutte
queste erbe insieme, la cosidetta minestra maritata; o una minestra,
quando ne è tempo, di zucca gialla con molto pepe; o una minestra di fagiolini
verdi, conditi col pomidoro; o una minestra di patate cotte nel pomidoro.
Ma
per lo più compra un rotolo di maccheroni, una pasta nerastra, e di
tutte le misure e di tutte le grossezze, che è il raccogliticcio, il fondiccio
confuso di tutti i cartoni di pasta, e che si chiama efficacemente monnezzaglia:
e la condisce con pomidoro e formaggio.
Il
popolo napoletano è goloso di frutta: ma non spende mai più di un soldo, alla volta.
A Napoli, con un soldo si hanno sei peruzze un po' bacate, ma non importa: si ha mezzo chilo di
fichi, un po' flosci dal sole: si hanno dieci o dodici di quelle piccole prugne
gialle, che pare abbiano l'aspetto della febbre; si ha un grappolo di uva nera,
si ha un poponcino giallo, piccolo, ammaccato, un po' fradicio; dal venditore
di melloni, quelli rossi, si hanno due fette, di quelli che sono riusciti male,
vale a dire biancastri.
Ha
anche qualche altra golosità, il popolo napoletano: lo spassatiempo,
vale a dire i semi di mellone o di popone, le fave e i ceci cotti nel forno;
con un soldo si rosicchia mezza giornata, la lingua punge e lo stomaco si
gonfia, come se avesse mangiato.
La
massima golosità è il soffritto: dei ritagli di carne di maiale cotti
con olio, pomidoro, peperone rosso, condensati, che formano una catasta rossa,
bellissima all'occhio, da cui si tagliano delle fette: costano cinque soldi. In
bocca, sembra dinamite.
Questionario:
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