IL PITTORESCO
Alla mattina,
se avete il sonno leggiero, fra i tanti rumori napoletani, udirete uno
scampanio in cadenza, che ora tace, ora ricomincia dopo breve intervallo: e
insieme un aprir e chiuder di porte, uno schiuder di finestre e di balconi, un
parlare, un discutere a voce alta, dalla strada o dalle finestre. Sono le
vacche che vanno in giro per un paio d'ore, condotte, ognuna, da un vaccaro
sudicio, per mezzo di una fune: le serve comprano i due soldi di latte,
attardandosi sulla soglia del portone, litigando sulla misura; molte, per non
avere il fastidio di far le scale, calano dalla finestra un panierino dove è un
bicchiere vuoto e un soldo, e da sopra protestano che è troppo poco, che il
vaccaro è un ladro e fanno risalire il panierino con molta precauzione, per non
versare il latte; poi sbattono rabbiosamente le finestre.
Queste vacche
si fermano innanzi a ogni porta, nel loro giro mattinale: dove le serve dormono
ancora, il vaccaro grida forte, acalate o panaro; se non sentono, batte forte il campanaccio della
vacca. È un quadro pittoresco, mattinale; quelle vacche tutte incrostate di
fango, quel vaccaro dalle mani nere che sporcano il bicchiere, quelle serve
scapigliate e discinte, quelle comari dalla camiciuola macchiata di pomidoro.
L'altro lato
del quadro, è nel pomeriggio; dalle quattro alle sei, uno scampanellìo acuto e
fitto: sono le mandre di capre che scorazzano per tutte le vie della città,
ogni branco guidato da un capraro, con un bastone.
A ogni portone
il branco si ferma, si butta a terra, per riposarsi, il capraro acchiappa una
capra, e la trascina dentro il portone, per mungerla innanzi agli occhi della
serva, che è scesa giù; talvolta la padrona è diffidente, non crede nè
all'onestà del capraro, nè a quella della serva; allora capraro e capra salgono
sino al terzo piano, e sul pianerottolo si forma un consiglio di famiglia, per
sorvegliare la mungitura del latte.
Il capraro e la
sua capra ridiscendono, galoppando, dando di petto, contro qualche infelice che
sale e che non aspetta questo incontro: giù, alla porta, è un combattimento fra
il capraro e le sue capre per farle muovere, fino a che queste prendono una
corsa sfrenata, massime quando si avvicina la sera e sanno che ritornano sulle
colline.
In tutte le
città civili, queste mandre di bestie utili ma sporche e puzzolenti, queste
vacche non si vedono per le vie: il latte si compra nelle botteghe pulite e bianche
di marmi.
A Napoli, no: è
troppo pittoresco il costume, per abolirlo. Nessun municipio osa farlo. La gran
riforma, in venticinque anni, è stata che non potessero girare per la città i
maiali, come era prima permesso.
Un'altra cosa
molto pittoresca, è il sequestro delle strade, fatto per opera dei piccoli
bottegai o dei rivenditori ambulanti. Che quadri di colore acceso, vivo,
cangiante, che bella e grande festa degli occhi, che descrizione potente e
carnosa, potrebbero ispirare a uno dei moderni sperimentali, troppo preoccupati
dell'ambiente! Per via Roma, la più importante strada della città, il tratto da
San Nicola alla Carità, fino alle Chianche della Carità, vale a dire, due
piazze, due lunghi marciapiedi, sino alle otto della mattina, è abbandonato ai
rivenditori di frutta, di erbaggi, di legumi: un contrasto di fichi e di fave,
di uva e di cicoria, di pomidori e di peperoni; e un buttar acqua, sempre, uno
spruzzare, uno scartare la roba fradicia; dopo le otto, quel tratto è un campo
di battaglia di acque fetenti, di buccie, di foglie di cavolo, di frutta
marcite, di pomidori crepati, tanto che, come la mano fatale di lady Macbeth, che tutte le acque dell'Oceano non potevano
lavare, quel tratto di strada, via Roma, malgrado le premure degli spazzini,
non arriva mai a detergersi.
Intanto il
grande mercato di Monteoliveto lì presso, resta semi-vuoto, con la malinconia
dei grandi fabbricati inutili; quello di San Pasquale a Chiaia, è addirittura
chiuso; il venditore napoletano non vuole andarci, vuol vendere nelle strade.
Tutto il
quartiere della Pignasecca, dal largo della Carità, sino ai Ventaglieri,
passando per Montesanto, è ostruito da un mercato continuo. Vi sono le
botteghe, ma tutto si vende nella via; i marciapiedi sono scomparsi, chi li ha
mai visti? I maccheroni, gli erbaggi, i generi coloniali, le frutta, i salami
ed i formaggi, tutto, tutto nella strada, al sole, alle nuvole, alla pioggia;
le casse, il banco, le bilancie, le vetrine, tutto, tutto nella via; vi si
frigge, essendovi una famosa friggitrice; vi si vendono i melloni, essendovi un
mellonaro famoso per dar la voce; vanno e vengono gli asini carichi di frutta; l'asino è il padrone
tranquillo e potente della Pignasecca.
Qui il romanzo
sperimentale potrebbe anche applicare la sua tradizionale sinfonia degli odori,
poichè si subiscono musiche inconcepibili: l'olio fritto, il salame rancido, il
formaggio forte, il pepe pestato nel mortaio, l'aceto acuto, il baccalà in
molle. Nel mezzo della sinfonia della Pignasecca, vi è il gran motivo profondo e che turba; la vendita del pesce,
specialmente del tonno, in pieno sole, su certi banchi inclinati, di marmo.
Alla mattina il tonno va a ventisei soldi e il pescivendolo grida il prezzo con
orgoglio: ma, come la sera arriva, per il declinare dell'ora e della merce, il
tonno scende a ventiquattro, a una lira, a diciotto soldi; quando arriva a
dodici soldi, la gran nota sinfonica del puzzo ha raggiunto il suo apogeo.
La Pignasecca
non può mai essere pulita; nessun Municipio ha mai osato dichiararla via di sbarazzo. Il quartiere del Sangue di Cristo, detto piuttosto 'o
sanghe d'e galline, per rispetto al nome del Redentore, se ne ride del
Municipio.
Del resto,
tutto questo è bellissimo, pel pittore e pel novelliere.
Nulla di più pittoresco
che la strada di santa Lucia, di esclusiva proprietà dei signori pescatori e
marinai, intrecciatori di nasse e venditori di ostriche; nonchè delle loro
signore mogli, venditrici di acqua sulfurea e di ciambellette, cucinatrici di
polipi e friggitrici di peperoni; nonchè dei loro signori figliuoli, in numero
indefinito, nudi e bruni come il bronzo.
In quella
strada, all'aria aperta, tutto si fa: il bucato e la conserva di pomidoro, la
pettinatura delle donne e la spulciatura dei gatti, la cucina e
l'amoreggiamento, la partita a carte e la partita alla morra. La strada di
santa Lucia appartiene ai luciani, che fanno il loro comodo. Le quattro viottole cieche che salgono da
santa Lucia verso la collina, valgono i fondaci del quartiere Mercato, per il luridume: i cavalcavia
uniscono le case pencolanti e sbuzzanti, le cordicelle vanno da un balcone
all'altro, un lumicino innanzi a una Madonnina nera illumina soltanto la
viottola, dove va a cadere tutto il sudiciume di quella gente.
Non vi è più
marciapiede, verso il mare: i luciani se lo pigliano tutto, per le nasse, e per le fiasche
dell'acqua sulfurea. Nell'estate, anzi, dormono sul marciapiede o sul parapetto
e brontolano contro colui che osa passare e svegliarli. Verso le case, non vi
si accosta nessuno: lì per scherzo, volano i torsi di spighe e le buccie di
fichi e le cantine mettono le tavolelle dei bevitori, nella via.
I luciani sopportano che il tram passi per la loro via, ma vi bestemmiano contro,
spesso e volentieri, poichè è una usurpazione della loro strada: le venditrici
di acqua sulfurea paiono tanti uomini vestiti da donne, con gli zoccoli dal
tacco alto, la gonna corta legata sullo stomaco, le rosette di perle sostenute
con un filo all'orecchio, perchè non si spezzi il lobo, pel peso. Sono
naturalmente rissose e brutali: vi dànno a bere l'acqua per forza, litigano fra
loro, rubandosi gli avventori. Sono indomabili: per poterle governare, il
delegato del quartiere deve essere anche un luciano, che le pigli a male parole.
Una volta, due
di esse, bastonarono fino all'estenuazione, una guardia municipale che voleva
loro assegnare una contravvenzione: è vero, però, che il giorno seguente si
quotarono per aiutarne la vecchia madre, mentre il figlio era all'ospedale.
Ma santa Lucia,
tutta pittoresca, resta sempre fuori delle leggi dell'edilizia e d'igiene: è un
borgo fortificato.
Forse il colera
non vi avrà fatto strage; vi è il mare e vi è il sole. Ma che mare nero,
untuoso! Ma qual putrefazione, non illumina quel sole!
È pittoresco,
per un amante del colore, veder girare, di sera, per via Roma, un carretto
disposto a mensa, su cui, in tanti piattelli, vedi dei castelletti di fichi
d'India, sbucciati: un uomo spinge il carretto, una lampada a petrolio vi
fumiga, il carretto si ferma ogni tanto. Riparte, lasciando dietro di sè le
bucce spinose e sdrucciolevoli.
È pittoresco,
assai, per un novelliere, girare dopo mezzanotte: e trovare degli uomini che
dormono sotto il porticato di san Francesco di Paola, col capo appoggiato alle
basi delle colonne: degli uomini che dormono sui banchi dei giardinetti, in
piazza Municipio; dei bimbi e delle bimbe, che dormono sugli scalini delle
chiese di san Ferdinando, santa Brigida, la Madonna delle Grazie, specialmente
quest'ultima, che ha una larga scala e certi poggiuoli ampli, nel centro di via
Roma.
Può piacere
all'uno e all'altro, che giusto a due passi da via Roma, vi sia il Chiostro di
San Tommaso d'Aquino, dove non vi sono più monaci, ma che è un piccolo fondaco, una piccola Corte dei Miracoli, con le sue vanelle, e le sue botteghe brulicanti di ombre e le case
brulicanti di poveri e d'infelici.
Ma in realtà è
molto, molto crudele che tutto questo esista ancora, e che creature umane lo
subiscano, e che uomini di cuore sopportino che questo sia.
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