IL
PADRE DEL POPOLO
I miei occhi
hanno visto l'imponente e toccante spettacolo; e il fremito che danno le cose
grandi e sincere, ha sconvolto il mio spirito. Un popolo ha urlato di
disperazione, ha gridato di collera, ha pianto di dolore, perchè Ettore
Ciccotti non è più deputato di Vicaria: e per tre giorni e tre notti, questo
furore di popolo, pieno di singulti e pieno di lacrime, si è espresso nelle
forme antiche, puerili e semplici, della rivolta popolare: il sasso raccolto
nelle vie suburbane e che fende l'aria, fischiando, il pezzo di legno greggio
che non è neppure un bastone ma che difende ed offende, il vaso di fiori
lanciato dalla finestretta del tugurio: e un desiderio folle, funebre, di
morire, spingendosi avanti, contro le armi cariche e pronte a far fuoco,
spingendosi avanti, le donne sotto i piedi dei cavalli dei soldati, così, ebbre
di morte! Se più tragica, se infinitamente più tragica non fu l'avventura del
popolo di Vicaria, si deve al medesimo Ettore Ciccotti che consigliò, a voce,
per lettera, la calma, la pace, in nome del profondo vincolo fra lui e questo
popolo di Vicaria: si deve alla sua partenza, alla sua assenza, atto di
altruismo tenerissimo, con cui si sottrasse al terribile entusiasmo e ne placò,
così, anche il disegno di rivoluzione e di morte: ancora una volta, egli salvò
il quartiere Vicaria dal sangue e dalla strage. E l'ira folle, lentamente, si è
sedata, poichè questi possenti impeti delle masse non possono e non debbono
aver durata: ed è restato, dovunque serpeggiante, in cento episodii commoventi,
il dolore di aver perduto Ettore Ciccotti, come deputato di Vicaria. Nei
crocicchi, un organino si ferma e l'uomo dalla manovella, comincia a macinare
una musica bizzarra: un altr'uomo canta: e la canzone parla di Ciccotti, il
padre del popolo, e tutti si mettono a cantare, un coro, crescendo la folla:
delle cartoline col ritratto di Ciccotti circolano, fra la gente: le donne le
afferrano, le baciano, le conservano nel seno. Un venditore di giornali passa,
è un vecchio: ha la testa fasciata: fu ferito, in una di quelle notti: e
camminando a passo lento, con voce fioca, grida il giornale e aggiunge, come
ritornello: ànn'acciso' u padre nostro Ciccotti. In un angolo di Porta
Capuana, una donna parla, fra un gruppo di donne: è eccitata, ha le lacrime
agli occhi, narrando non so quale benefizio che ella ebbe da Ciccotti; e le
altre, a poco a poco, si mettono a gemere, intorno: e come se qualcuno fosse
morto, esse esclamano: avimmo perdute nu patre, nu patre! Altrove,
un uomo vestito bene, un signore, infine, ma noto nel quartiere, è circondato
da altre donne, che gli raccontano le loro disgrazie, ed egli ascolta, pensoso,
crollando il capo: e il ritornello, più malinconico, più triste, ricomincia,
ancora: ce l'hanno levato, signò, ce l'hanno levato! Entrate, non nelle
botteghe della borghesia di Vicaria, ma nei bassi di san Giovani a
Carbonara, di via Santi Apostoli, delle traverse del Nuovo Corso Garibaldi, di
Porta Capuana, e in ognuna di quelle tane ove manca l'aria e manca la luce e
ove il popolo napoletano vive, per colpa dei suoi mali governanti, come se non
fosse uomini e non fosse cristiani, e voi troverete il ritratto di Ettore
Ciccotti, accanto a quello della Madonna. Nominate a uno di quei popolani, a
una di quelle donne, quest'uomo: e vedrete il volto loro infiammarsi ed
esaltarsi, poichè voi avrete loro nominato il padre, non quello che dette loro
la natura, ma il padre della loro miseria, della loro abbiezione, del loro
dolore!
E costoro, in
Vicaria, non sono elettori: sono popolo. E un'altra cosa. È una folla di
sventurati che sono nati con le mille eredità del morbo, della povertà e del
vizio e per cui nulla e nessuno si mosse mai, perchè questi sventurati
fossero, in nome di Dio, in nome della natura, considerati come fratelli, più
infelici, più disgraziati, ma fratelli; sono sventurati; a cui nessuno
pensò di dar pane e lavoro, poichè prima che il pane e il lavoro
giungano sino ad essi, mille ladri eleganti lo debbono sottrarre o taglieggiare:
sono sventurati a cui nessuno dà una scuola, poichè i signori del Comune
delirano per gittare un milione, a una società che sta per fallire e non
provvedono, a che le scuole sieno aperte: sono sventurati a cui il
lavoro pesa, sulla vita, raro a trovarsi, difficile a durare, malissimo
compensato, precario, incerto, irrisorio: sono sventurati che spesso, vengono
dal crimine o ci vanno, ma non per colpa loro, per colpa di tutta un'altra
società, cieca, sorda indifferente, dura come una roccia.
Non elettori!
Popolo: popolo vero, folto, oscuro, a masse paurose, con volti ove si
manifestano gli stenti e le tristezze, con voci roche, velate dalla fame e
dalle malattie, con i germi ereditarii che un atavismo, ahi, di povertà, vi
mise, con gli istinti del male esaltati dalla lunga esistenza di miserie, e di
pianto, con l'inclinazione al male sì, al male, che vi pose questo centennale e
crudele abbandono ostinato della loro truce sorte; e la Società infame si vela
gli occhi per non vedere questo popolo, che fugge via, per obbliarne
l'esistenza e crede che la fuga sia la salvezza. Oh voi non fuggiste, Cristo,
Signore, questo popolo che, nel tempo dei tempi, era oppresso da ogni male e
schiacciato dai possenti e dai protervi! Voi lo cercaste, dapertutto: ovunque
vi fosse un misero, un sofferente, un peccatore, un malato, un criminale, voi
gli tendeste la mano, lo abbracciaste, lo chiamaste figliuolo: voi lasciaste
che la donna del male, emblema, di tutte le peccatrici, di tutte le criminali,
si curvasse ai vostri piedi domandando perdono e perdonaste, in lei, tutti i
peccati delle povere creature muliebri, fiacche, caduche, fragili, che la virtù
non le sorregge.
Ah, non voi
fuggite, questo popolo, o Leone Tolstoi, o il più cristiano fra i cristiani,
voi che avete salutato come fratelli, solo quelli che soffrono, voi che avete
rinfacciato alla società ipocrita e perversa tutti i suoi inganni e tutte le
sue infamie, voi che siete sceso in mezzo a tutti i disgraziati e le
disgraziate, e solo essi, nei vostri libri, salirono all'onore della vostra
pietà e della vostra tenerezza. Padre del popolo, era il Signor Nostro Gesù: e
padre fu ognuno che disprezzò i ricchi e i malvagi e che curò le piaghe fisiche
morali degli infelici: e padre sarà chiamato, nella vita nostra, chi si curerà
solo di asciugar le lacrime di chi piange, di sollevar le anime depresse, di
ridare una coscienza morale a coloro che l'ebbero distrutta, dal loro destino.
Questo nome di padre il popolo di Vicaria, lo ha dato ad Ettore Ciccotti,
perchè egli non ha messo le mani sui suoi occhi, per non vedere l'orrore di
quelle esistenze, perchè egli non è fuggito, via, compreso da un senso di
terrore e d'impotenza: perchè egli è restato, coraggioso, paziente, indulgente,
dove consolante, dove beneficante, dove cercando di rialzare lo spirito, dove
soccorrendo il corpo: perchè, egli ha avuto pietà, ma non una pietà pomposa e
oltraggiosa, non una pietà sterile e infeconda, ma una pietà umile e fraterna,
ma una pietà efficace e operosa, ma una pietà civile e gentile. Mille volte,
questo popolo di Vicaria obbliato, abbandonato, tradito, ha trovato in Ettore
Ciccotti non l'ipocrita che mette mano al portafogli e dà due lire, e compera
due lire di tranquillità di coscienza, ma un cuore paterno, pieno di quella
celestiale indulgenza che è la forza dei soggiogatori del popolo, ma un'anima
virile che, nell'istesso tempo, ha detto la parola che solleva e ha prestato
l'opera che redime, che ha consolato il dolore e ha aperto gli spiriti alla
speranza di una vita più cosciente e più civile. Non vi stupite se le donne
violenti di Porta Capuana e le male donne di via Martiri d'Otranto lo adorino!
Così la Maddalena adorò Cristo: così la Maslova, perduta e criminale, adorò
Tolstoi. Il vincolo sociale è fondato sull'alta e nobile e riabilitante carità
fraterna: il miracolo sociale, è creato solo da un sublime e ardente sentimento
di pietà e di amore.
E che gli
importa di esser deputato di Vicaria. a Ettore Ciccotti? L'uomo, in lui, è superiore
a questa carica tenuta, spesso da gente vile o sciocca. La beltà della sua
anima non soffre miscela di ambizione puerile: egli non è un arrivista: il
socialismo non gli è servito per emergere: per cento altre forze intellettuali
e morali, che sono in lui, egli sarebbe emerso. E non fu sempre socialista: e
la sua storia della sua via di Damasco, tutta a onor, suo, è il romanzo di uno
spirito retto e puro che si ribella, d'un colpo solo, alla infamia sociale, in
tutti i ceti, infamia che non colpisce lui, ma chi sta intorno a lui: è la
ribellione oscura e impetuosa di un altruista.
Sia, sia,
sempre il padre del popolo di Vicaria, Ettore Ciccotti! Non dimentichi questo
popolo che egli ha amato, che lo ama: non lo abbandoni, di nuovo alla sua sorte
tetra e truce: apporti, egli la luce della parola, la bellezza dell'esempio, la
efficacia dell'azione a quella gente sventurata che, pure, è umana, è
cristiana, ha i segni della intelligenza e del sentimento, nella persona. A
ciò, non serve esser deputato. E, forse, domani, Ettore Ciccotti lo sarà di
nuovo, se il giovine patrizio che ne prese il posto, non si decida, e forse è
capace di farlo, a diventare, di Ettore Ciccotti, scolaro, cooperatore,
fratello, in quartiere Vicaria. Il titolo di padre, è così bello,
è così degno! Niuno che lo pronunzi, senza esserne commosso: ed in bocca a un
popolo, esso significa preghiera e benedizione.
Napoli,
Novembre del 1904
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