[Cesare risponde con gravi querele et
imputazioni]
E cosí fu esseguito, e sotto il 17
settembre scritta dall'imperatore una lettera apologetica, che nel suo
originale conteneva 22 fogli in carta bombacina, la qual Mercurio da Gattinara
cosí aperta presentò al noncio e gliela lesse, et in sua presenza la sigillò e
consegnò acciò la facesse capitar al papa. Nell'ingresso della lettera mostrò
Cesare il modo tenuto dal pontefice esser disconveniente all'ufficio d'un vero
pastore e non corrispondente alla filial osservanza usata da sé verso la Sede
apostolica e la Santità Sua, la quale lodava tanto le proprie azzioni e
condannava con titoli di ambizione et avarizia quelle di lui, che lo
costringeva dimostrar la sua innocenzia; et incomminciata la narrazione da
quello che passò in tempo di Leone, poi in tempo di Adriano e finalmente nel
suo pontificato, andò mostrando in tutte le sue azzioni aver avuto ottima
intenzione e necessità d'operare come aveva fatto, rivoltando la colpa nel
pontefice; commemorò ancora molti beneficii fattigli, e per il contrario molte
trattazioni di esso pontefice contra di lui in diverse occasioni; e finalmente
concluse che nissuna cosa piú desiderava che la publica quiete e la pace
universale e la giusta libertà d'Italia. Le quali se anco erano desiderate
dalla Santità Sua, ella doveva metter giú l'arme, riponendo la spada di Pietro
nella vagina; perché, fatto questo fondamento, era facile edificarvi sopra la
pace et attender a correger gli errori de' luterani et altri eretici, in che
averebbe trovato lui ossequente figliuolo. Ma se la Santità Sua facesse
altrimenti, protestava inanzi a Dio et agli uomini che non si poteva ascriver a
colpa sua nissuna delle sinistre cose che sarebbono avvenute alla religione
cristiana; promettendo che se Sua Santità ammetterà le sue giustificazioni,
come vere e legitime, egli non si riccorderà delle ingiurie ricevute. Ma se continuerà
contra di lui con l'arme, poi che ciò non sarà far officio di padre, ma di
parte, né di pastore, ma di assalitore, non sarà conveniente che sia giudice in
quelle cause, né essendovi altro a chi aver ricorso contro di lui, per propria
giustificazione rimetterà tutto alla recognizione e giudicio d'un concilio
generale di tutta la cristianità, essortando nel Signore la Santità Sua che
dovesse intimarlo, in luogo sicuro e congruo, prefigendovi termine conveniente.
Perché vedendo lo stato della Chiesa e religione cristiana tutto turbarsi, per
proveder alla salute propria e della republica, ricorre ad esso sacro et
universal concilio et a quello appella di tutte le minaccie e futuri gravami.
La risposta alla seconda fu sotto il 18 et
in quella diceva essersi rallegrato vedendo nelle seconde lettere la Santità
Sua trattar piú benignamente e di meglior animo desiderar la pace. La qual se
fosse cosí in potestà di lui di stabilire, come in mano d'altri il muover la
guerra, vederebbe qual fosse l'animo suo. Se ben tiene che la Santità Sua parli
spinta da altri e non d'animo spontaneo, e spera in Dio che ella debbia piú
tosto procurar la salute publica, che secondar gli affetti d'altri. Perilché la
prega a risguardar le calamità del popolo cristiano. Imperoché egli chiama Dio
in testimonio che sempre è per far che ogni uno conosca lui non aver altro fine
che la gloria di Dio e la salute del suo popolo, come nelle altre lettere ha
scritto piú diffusamente.
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