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Paolo Sarpi
Istoria del Concilio tridentino

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  • Libro primo
    • [Cesare risponde con gravi querele et imputazioni]
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[Cesare risponde con gravi querele et imputazioni]

E cosí fu esseguito, e sotto il 17 settembre scritta dall'imperatore una lettera apologetica, che nel suo originale conteneva 22 fogli in carta bombacina, la qual Mercurio da Gattinara cosí aperta presentò al noncio e gliela lesse, et in sua presenza la sigillò e consegnò acciò la facesse capitar al papa. Nell'ingresso della lettera mostrò Cesare il modo tenuto dal pontefice esser disconveniente all'ufficio d'un vero pastore e non corrispondente alla filial osservanza usata da sé verso la Sede apostolica e la Santità Sua, la quale lodava tanto le proprie azzioni e condannava con titoli di ambizione et avarizia quelle di lui, che lo costringeva dimostrar la sua innocenzia; et incomminciata la narrazione da quello che passò in tempo di Leone, poi in tempo di Adriano e finalmente nel suo pontificato, andò mostrando in tutte le sue azzioni aver avuto ottima intenzione e necessità d'operare come aveva fatto, rivoltando la colpa nel pontefice; commemorò ancora molti beneficii fattigli, e per il contrario molte trattazioni di esso pontefice contra di lui in diverse occasioni; e finalmente concluse che nissuna cosa piú desiderava che la publica quiete e la pace universale e la giusta libertà d'Italia. Le quali se anco erano desiderate dalla Santità Sua, ella doveva metter giú l'arme, riponendo la spada di Pietro nella vagina; perché, fatto questo fondamento, era facile edificarvi sopra la pace et attender a correger gli errori de' luterani et altri eretici, in che averebbe trovato lui ossequente figliuolo. Ma se la Santità Sua facesse altrimenti, protestava inanzi a Dio et agli uomini che non si poteva ascriver a colpa sua nissuna delle sinistre cose che sarebbono avvenute alla religione cristiana; promettendo che se Sua Santità ammetterà le sue giustificazioni, come vere e legitime, egli non si riccorderà delle ingiurie ricevute. Ma se continuerà contra di lui con l'arme, poi che ciò non sarà far officio di padre, ma di parte, né di pastore, ma di assalitore, non sarà conveniente che sia giudice in quelle cause, né essendovi altro a chi aver ricorso contro di lui, per propria giustificazione rimetterà tutto alla recognizione e giudicio d'un concilio generale di tutta la cristianità, essortando nel Signore la Santità Sua che dovesse intimarlo, in luogo sicuro e congruo, prefigendovi termine conveniente. Perché vedendo lo stato della Chiesa e religione cristiana tutto turbarsi, per proveder alla salute propria e della republica, ricorre ad esso sacro et universal concilio et a quello appella di tutte le minaccie e futuri gravami.

La risposta alla seconda fu sotto il 18 et in quella diceva essersi rallegrato vedendo nelle seconde lettere la Santità Sua trattar piú benignamente e di meglior animo desiderar la pace. La qual se fosse cosí in potestà di lui di stabilire, come in mano d'altri il muover la guerra, vederebbe qual fosse l'animo suo. Se ben tiene che la Santità Sua parli spinta da altri e non d'animo spontaneo, e spera in Dio che ella debbia piú tosto procurar la salute publica, che secondar gli affetti d'altri. Perilché la prega a risguardar le calamità del popolo cristiano. Imperoché egli chiama Dio in testimonio che sempre è per far che ogni uno conosca lui non aver altro fine che la gloria di Dio e la salute del suo popolo, come nelle altre lettere ha scritto piú diffusamente.

 

 




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