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Paolo Sarpi
Istoria del Concilio tridentino

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  • Libro primo
    • [Invasione de' Colonnesi]
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[Invasione de' Colonnesi]

Ma come i semi, quantonque fertilissimi, gettati in terra fuori di stagione non producono, cosí i gran tentativi fuori dell'opportunità riescono vani. E tanto avvenne in questa occasione. Perché, mentre il pontefice trattava con le arme sue e di tanti prencipi risentirsi, per dover poi adoperar i rimedii spirituali, doppo fatto qualche fondamento temporale, i Colonnesi, o non fidandosi delle promesse del pontefice o per altra causa, armati gli uomini delle loro terre et altri seguaci di quella fazzione, s'accostarono a Roma dalla parte del Borgo il 20 settembre; che messe gran spavento nella famiglia ponteficia, et il papa soprapreso alla sprovista e tutto confuso, non sapendo che risoluzione prendere, dimandava gli abiti pontificali solenni, dicendo voler cosí vestito ad imitazione di Bonifacio VIII, sedendo nella Sede pontificale aspettare di veder se ardissero di aggionger alla prima una seconda violazione della dignità apostolica nella propria persona del pontefice. Ma cesse facilmente al consiglio de suoi che lo persuasero a salvar la persona sua per il corridore nel Castello e non dar occasione d'esser notato d'imprudenza.

Entrarono i Colonnesi in Roma e saccheggiarono tutta la supellettile del palazzo ponteficio e la chiesa di San Pietro. Si estesero ancora alle prime case del Borgo. Ma facendo resistenza gli abitanti e sopravenendo gli Orsini, contraria fazzione, in soccorso, furono costretti ritirarsi nell'alloggiamento sicuro che avevano preso vicino, portando nondimeno la preda del Vaticano con immenso dispiacere del papa, et in quel luogo ingrossandosi ogni giorno piú con aiuti che giongevano da Napoli, il papa, temendo qualche maggior incontro, vinto dalla necessità, chiamò in Castello don Ugo di Moncada, ministro imperiale, concluse con lui tregua per 4 mesi, con condizione che i Colonnesi et i napolitani si ritirassero da Roma, et il papa ritirasse le sue genti di Lombardia; il che esseguendo ambidue le parti, Clemente fece ritornar le genti sue a Roma sotto pretesto d'osservare i capitoli della tregua, e con quelle assicurato fulminò contra tutti i Colonnesi, dichiarandoli eretici e scismatici e scommunicando qualonque gli prestasse aiuto, conseglio o favore overo gli desse ricetto, e privò ancora il cardinale della dignità cardinalizia; il qual ritrovandosi in Napoli, non stimate le censure del papa, publicò un'appellazione al concilio, proponendo non solo l'ingiustizia e nullità de' monitorii, censure e sentenze, ma ancora la necessità della Chiesa universale, la quale, ridotta in manifesto esterminio, non poteva esser per alcun mezo sollevata se non per la convocazione d'un legitimo concilio che la riformasse nel capo e ne' membri; in fine citando Clemente al concilio che l'imperatore averebbe convocato in Spira.

Di questa appellazione o citazione o pur manifesto, da' partegiani de' Colonnesi ne fu affisso in Roma di notte sopra le porte delle chiese principali et in diversi altri luoghi l'essemplare e disseminato per Italia: il che a Clemente causò gran perturbazione, il quale aborriva sommamente il nome di concilio, non tanto temendo la moderazione dell'autorità pontificia e de' commodi della corte, quanto per, i rispetti suoi proprii. Imperoché, quantonque Leone suo cugino, volendolo crear cardinale, facesse provare che tra la madre sua et il padre Giuliano fosse promessa di matrimonio, nondimeno la falsità delle prove era notoria, e se ben non vi è legge che proibisca agli illegitimi d'ascender al pontificato, nondimeno l'openione vulgare è persuasa che con tal qualità non possi star la degnità papale. Lo faceva dubitar assai che ad un tal pretesto, se ben vano, non fosse dato vigore da' suoi nemici sostentati dalla potenza dell'imperatore. Ma piú ancora temeva perché, conscio a se stesso con che arti fosse asceso al pontificato e come il cardinale Colonna avesse maniera di provarle, attesa la severa bolla di Giulio II che annulla l'elezzione simoniaca e vieta che possi esser convalidata per consenso susseguente, aveva gran dubitazione che non avvenisse a sé quello che a Baltassar Cossa detto Giovanni XXIII. Ma che negoziazione fosse di concilio di Spira, non ho potuto venir in maggior cognizione, non avendone trovato menzione se non nel manifesto sopradetto et appresso Paulo Giovio nella vita del sopra nominato cardinale. Nel colmo di questi tumulti venne il fine dell'anno con publica aspettazione e timore dove fosse per cadere tanta tempesta.

 

 




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