[Invasione de' Colonnesi]
Ma sí come i semi, quantonque
fertilissimi, gettati in terra fuori di stagione non producono, cosí i gran
tentativi fuori dell'opportunità riescono vani. E tanto avvenne in questa
occasione. Perché, mentre il pontefice trattava con le arme sue e di tanti
prencipi risentirsi, per dover poi adoperar i rimedii spirituali, doppo fatto
qualche fondamento temporale, i Colonnesi, o non fidandosi delle promesse del
pontefice o per altra causa, armati gli uomini delle loro terre et altri
seguaci di quella fazzione, s'accostarono a Roma dalla parte del Borgo il dí 20
settembre; che messe gran spavento nella famiglia ponteficia, et il papa
soprapreso alla sprovista e tutto confuso, non sapendo che risoluzione
prendere, dimandava gli abiti pontificali solenni, dicendo voler cosí vestito
ad imitazione di Bonifacio VIII, sedendo nella Sede pontificale aspettare di
veder se ardissero di aggionger alla prima una seconda violazione della dignità
apostolica nella propria persona del pontefice. Ma cesse facilmente al
consiglio de suoi che lo persuasero a salvar la persona sua per il corridore
nel Castello e non dar occasione d'esser notato d'imprudenza.
Entrarono i Colonnesi in Roma e
saccheggiarono tutta la supellettile del palazzo ponteficio e la chiesa di San
Pietro. Si estesero ancora alle prime case del Borgo. Ma facendo resistenza gli
abitanti e sopravenendo gli Orsini, contraria fazzione, in soccorso, furono
costretti ritirarsi nell'alloggiamento sicuro che avevano preso vicino,
portando nondimeno la preda del Vaticano con immenso dispiacere del papa, et in
quel luogo ingrossandosi ogni giorno piú con aiuti che giongevano da Napoli, il
papa, temendo qualche maggior incontro, vinto dalla necessità, chiamò in
Castello don Ugo di Moncada, ministro imperiale, concluse con lui tregua per 4
mesi, con condizione che i Colonnesi et i napolitani si ritirassero da Roma, et
il papa ritirasse le sue genti di Lombardia; il che esseguendo ambidue le
parti, Clemente fece ritornar le genti sue a Roma sotto pretesto d'osservare i
capitoli della tregua, e con quelle assicurato fulminò contra tutti i
Colonnesi, dichiarandoli eretici e scismatici e scommunicando qualonque gli
prestasse aiuto, conseglio o favore overo gli desse ricetto, e privò ancora il
cardinale della dignità cardinalizia; il qual ritrovandosi in Napoli, non
stimate le censure del papa, publicò un'appellazione al concilio, proponendo
non solo l'ingiustizia e nullità de' monitorii, censure e sentenze, ma ancora
la necessità della Chiesa universale, la quale, ridotta in manifesto
esterminio, non poteva esser per alcun mezo sollevata se non per la convocazione
d'un legitimo concilio che la riformasse nel capo e ne' membri; in fine citando
Clemente al concilio che l'imperatore averebbe convocato in Spira.
Di questa appellazione o citazione o pur
manifesto, da' partegiani de' Colonnesi ne fu affisso in Roma di notte sopra le
porte delle chiese principali et in diversi altri luoghi l'essemplare e
disseminato per Italia: il che a Clemente causò gran perturbazione, il quale
aborriva sommamente il nome di concilio, non tanto temendo la moderazione
dell'autorità pontificia e de' commodi della corte, quanto per, i rispetti suoi
proprii. Imperoché, quantonque Leone suo cugino, volendolo crear cardinale,
facesse provare che tra la madre sua et il padre Giuliano fosse promessa di
matrimonio, nondimeno la falsità delle prove era notoria, e se ben non vi è
legge che proibisca agli illegitimi d'ascender al pontificato, nondimeno
l'openione vulgare è persuasa che con tal qualità non possi star la degnità
papale. Lo faceva dubitar assai che ad un tal pretesto, se ben vano, non fosse
dato vigore da' suoi nemici sostentati dalla potenza dell'imperatore. Ma piú
ancora temeva perché, conscio a se stesso con che arti fosse asceso al
pontificato e come il cardinale Colonna avesse maniera di provarle, attesa la
severa bolla di Giulio II che annulla l'elezzione simoniaca e vieta che possi
esser convalidata per consenso susseguente, aveva gran dubitazione che non
avvenisse a sé quello che a Baltassar Cossa detto Giovanni XXIII. Ma che
negoziazione fosse di concilio di Spira, non ho potuto venir in maggior
cognizione, non avendone trovato menzione se non nel manifesto sopradetto et
appresso Paulo Giovio nella vita del sopra nominato cardinale. Nel colmo di
questi tumulti venne il fine dell'anno con publica aspettazione e timore dove fosse
per cadere tanta tempesta.
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