[Il papa entra in trattato con Cesare]
Nel seguente anno 1529, maneggiandosi la
pace tra l'imperatore et il re di Francia, rimesso l'ardore della guerra, si
ritornò alle trattazioni di concilio. Imperoché avendo Francesco Quignones,
cardinale di Santa Croce, venuto di Spagna, portato da Cesare al papa la
rilassazione di Ostia e Civitavecchia et altre terre della Chiesa consegnate a'
ministri imperiali per sicurezza delle promesse pontificie, insieme con ample
offerte per parte dell'imperatore, Clemente, attesa la trattazione di pace col
re di Francia che si maneggiava e considerando quanto gli interessi suoi
ricercassero che si congiongesse strettamente con Carlo, gli mandò Girolamo,
vescovo di Vasone, suo maestro di casa, in Barcellona per trattar gli articoli
della convenzione; alla conclusione de' quali facilmente si venne, promettendo
il papa l'investitura di Napoli con censo solo d'un caval bianco, il
iuspatronato delle 24 chiese, passo alle sue genti e la corona imperiale;
dall'altro canto l'imperatore promettendo di rimetter in Fiorenza il nipote del
papa, figlio di Lorenzo, e dargli Margarita, sua figlia naturale, per moglie,
et aiutarlo alla ricuperazione di Cervia, Ravenna, Modena e Reggio occupategli
da' veneziani e dal duca di Ferrara. Convennero anco di riceversi insieme alla
coronazione con le ceremonie consuete. Solo un articolo fu longamente
disputato, proponendo i pontificii che Carlo e Ferdinando si obligassero a
costringer con le arme i luterani a ritornare all'ubedienza della Chiesa
romana, e ricchiedendo gli imperiali che, per ridurgli, il papa convocasse il
concilio generale: sopra che, doppo longa discussione, essendo nel resto
convenuti, per non troncare tanti altri importanti dissegni sopra quali erano
in buon appontamento, fu deliberato in questo articolo star ne' termini generali
e concluso che per ridur i luterani all'unione della Chiesa, il pontefice
s'averebbe adoperato con i mezi spirituali, e Carlo e Ferdinando con i
temporali; quali sarebbono anco venuti alle arme, quando quelli fossero stati
pertinaci, et il pontefice in quel caso sarebbe obligato ad operare che gli
altri prencipi cristiani gli porgessero aiuto.
In questo tenore fu conclusa la
confederazione con molta allegrezza di Clemente e maraviglia del mondo, come
avendo perduto tutto lo Stato e la riputazione, in cosí breve tempo fosse
ritornato nella medesima grandezza; il che in Italia, la qual vidde un
accidente cosí pieno di varietà, anzi contrarietà, da ciascuno era attribuito a
miracolo divino, e dalli amatori della corte ascritto a dimostrazione di favore
di Dio verso la sua Chiesa.
Ma in Germania, essendo intimato un
convento in Spira, al qual fu dato principio li 15 marzo, vi mandò il papa
Giovanni Tomaso dalla Mirandola per essortare alla guerra contra il Turco,
promettendo di contribuir esso ancora quanto gli concedessero le sue forze
essauste per le calamità patite negli anni passati, et ad assicurare di
adoperarsi con ogni spirito per accordar le differenze tra l'imperatore et il
re di Francia, acciò, quietate tutte le cose e levati tutti gli impedimenti, si
potesse attender quanto prima alla convocazione e celebrazione del concilio per
ristabilire la religione in Germania.
|