[Il papa, mal sodisfatto di Cesare, per
la riputazione simula desiderar il concilio]
Il pontefice, avuta notizia delle cose
nella dieta successe per aviso del suo legato, fu toccato d'un interno
dispiacere d'animo, scoprendo che se ben Carlo aveva ricevuto il suo conseglio,
usando l'imperio e minacciando la forza, però non aveva proceduto come avvocato
della Chiesa romana, al quale non appartiene prender cognizione della causa, ma
esser mero essecutore de' decreti del pontefice; a che era affatto contrario
l'aver ricevuto e fatto legger le confessioni e l'aver instituito colloquio per
accordar le differenze. Si doleva sopra modo che alcuni ponti fossero
accordati, e maggiormente che avesse acconsentito l'abolizione d'alcuni riti,
parendogli che l'autorità pontificia fosse violata quando cose di tanto momento
sono trattate senza participazione sua; se almeno l'autorità del suo legato
fosse intervenuta, s'averebbe potuto tolerare. Considerava appresso che l'aver
a ciò consentito i prelati, era con sommo suo pregiudicio, e sopra tutto gli
premeva la promessa del concilio, tanto aborrito da lui: nella quale, se ben
pareva fatta onorevole menzione dell'autorità sua, però l'aver prescritto il
tempo di 6 mesi a convocarlo e d'un anno a principiarlo era metter mano in
quello che è proprio del pontefice e far l'imperatore principale et il papa
ministro. Osservando questi principii, concluse che poco buona speranza poteva
aver nelle cose di Germania, ma che conveniva pensare ad un defensivo, acciò il
male non passasse all'altre parti del corpo della Chiesa. E poiché non si
poteva rifar altrimenti il passato, era prudenza non mostrar che fosse contra
suo voler, ma farsene esso autore, dovendo in tal modo ricever minor percossa
nella riputazione.
Per tanto diede conto delle cose passate a
tutti i re e prencipi, spedendo sue lettere sotto il primo decembre, tutte
dell'istesso tenore: che sperava potersi estinguer l'eresia luterana con la
presenzia di Cesare, e che per tal causa principalmente era andato a Bologna
per fargliene instanzia, se ben lo conosceva in ciò da se stesso assai animato;
ma avendo avisi dell'imperatore e del Campeggio, suo legato, che i protestanti
si sono fatti piú ostinati, esso, avendo communicato il tutto con i cardinali
et insieme con loro avendo chiaramente veduto che non vi resta altro rimedio se
non l'usato da' maggiori, cioè un generale concilio, per tanto gli essorta ad
aiutar con la presenzia loro, o veramente per mezo di ambasciatori nel concilio
che si convocherà, una causa cosí santa che egli quanto prima si potrà ha
deliberato metter in effetto, intimando un generale e libero concilio in
qualche luogo commodo in Italia. Le lettere del pontefice furono a tutto 'l
mondo note, facendo opera i ministri pontificii in ogni luogo che passassero a
notizia di tutti; non perché né il papa né la corte desiderassero o volessero
applicar l'animo al concilio, dal quale erano alienissimi, ma per trattener gli
uomini, acciò con l'aspettazione che gli abusi et inconvenienti sarebbono
presto rimediati, restassero fermi nell'ubidienzia. Però pochi restarono
ingannati, non essendo difficile scoprire che l'instanzia fatta a prencipi di
mandare ambasciatori ad un concilio, del quale non era determinato né tempo né
luogo né modo, era troppo affettata prevenzione.
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