Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText
Paolo Sarpi
Istoria del Concilio tridentino

IntraText CT - Lettura del testo

  • Libro primo
    • [L'Inghilterra si separa dalla Chiesa romana per cagione del divorzio di Enrico VIII]
Precedente - Successivo

Clicca qui per nascondere i link alle concordanze

[L'Inghilterra si separa dalla Chiesa romana per cagione del divorzio di Enrico VIII]

Ma in questo anno, in luogo di racquistar la Germania, perdette il pontefice l'ubedienza d'Inghilterra, per aver in una causa proceduto piú con colera e con affetto, che con la prudenza necessaria a' gran maneggi. Fu l'accidente di grand'importanza e di maggiore consequenza; quale per narrare distintamente, bisogna comminciare dalle prime cause donde ebbe origine.

Era maritata al re Enrico VIII d'Inghilterra Catarina, infante di Spagna, sorella della madre di Carlo imperatore. Questa era stata in primo matrimonio moglie di Arturo, prencipe di Gales, fratello maggiore di Enrico; doppo la morte del quale con dispensa di papa Giulio II, il padre loro la diede in matrimonio ad Enrico VIII, rimasto successore. Questa regina molte volte era stata gravida, e sempre aveva partorito overo aborto, overo creatura di breve vita, se non una sola figliuola. Enrico, o per ira conceputa contra l'imperatore, o per desiderio di figliuoli, o per qual causa si sia, si lasciò entrare nella mente scrupulo che il matrimonio non fosse valido, e conferito questo con i suoi vescovi, si separò da se stesso dal congresso della moglie. I vescovi fecero ufficio con la regina che si contentasse di divorzio, dicendo che la dispensa pontificia non era valida, né vera. La regina non volse dar orrecchie; anzi di questo ebbe ricorso al papa, al quale il re ancora mandò a ricchiedere il repudio. Il papa, che si ritrovava ancora ritirato in Orvieto e sperava buone condizioni per le cose sue, se da Francia et Inghilterra fossero continuati i favori che tuttavia gli prestavano col molestar l'imperatore nel regno di Napoli, mandò in Inghilterra il cardinal Campeggio, delegando a lui et al cardinal Eboracense insieme la causa. Da questi e da Roma fu data speranza al re che in fine sarebbe stato giudicato a suo favore; anzi, che per facilitare la risoluzione, acciò le solennità del giudicio non portassero la causa in longo, fu ancora formato il breve, nel quale si dicchiarava libero da quel matrimonio con clausule le piú ample che fossero mai poste in alcuna bolla pontificia, e mandato in Inghilterra il cardinale con ordine di presentarlo, quando fossero fatte alcune poche prove, che certo era doversi facilmente fare: e questo fu 1528. Ma poiché Clemente giudicò piú a proposito per effettuare i dissegni suoi sopra Fiorenza, come al suo luogo si è narrato, di congiongersi coll'imperatore, che perseverare nella amicizia di Francia et Inghilterra, del 1529 mandò Francesco Campana al Campeggio con ordine che abbrugiasse il breve e procedesse ritenutamente nella causa. Campeggio incomminciò prima a portar il negozio in longo, e poi a metter difficoltà nell'essecuzione delle promesse fatte al re; onde egli, tenendo per fermo la collusione del giudice con gli avversarii suoi, mandò a consultar la causa sua nelle università d'Italia, Germania e Francia, dove trovò teologi parte contrarii, parte favorevoli alla pretensione sua. La maggior parte de' parisini furono da quella parte, e fu anco creduto da alcuni che ciò avessero fatto persuasi piú da' doni del re, che dalla ragione.

Ma il pontefice, o per gratificare Cesare, o perché temesse che in Inghilterra, per opera del cardinale Eboracense, potesse nascer qualche atto non secondo la mente sua, e per dar anco occasione al Campeggio di partirsi, avvocò la causa a sé. Il re, impaziente della longhezza, o conosciute le arti, o per qual altra causa si fosse, dicchiarato il divorzio con la moglie, si maritò in Anna Bolena, che fu nell'anno 1533; però continuava la causa inanzi al pontefice, nella quale egli era risoluto di proceder lentamente, per dar sodisfazzione all'imperatore e non offender il re. Perilché si trattavano piú tosto articoli che il merito della causa. E si fermò la disputa nell'articolo degli attentati, nel quale sentenziò il pontefice contra il re: prononciando che non gli fosse stato lecito di propria autorità, senza il giudice ecclesiastico, separarsi dal commercio congiugale della moglie. La qual cosa udita dal re nel principio di quest'anno 1534, levò l'ubedienza al pontefice, commandando a tutti i suoi di non portar danari a Roma e di non pagar il solito danaro di san Pietro. Questo turbò grandissimamente la corte romana e quotidianamente si pensava di porgergli qualche rimedio. Pensavano di proceder contra il re con censure e con interdire a tutte le nazioni cristiane il commercio con Inghilterra. Ma piacque piú il conseglio moderato di andar temporeggiando col re, e per mezo del re di Francia far ufficio di qualche componimento. Il re Francesco accettò il carico e mandò a Roma il vescovo di Parigi per negoziare col pontefice la composizione: nondimeno tuttavia in Roma si procedeva nella causa, lentamente, però, e con risoluzione di non venir a censure, se Cesare non procedeva prima o insieme con le armi. Avevano diviso la causa in 23 articoli, e trattavano allora se il prencipe Arturo aveva avuto congionzione carnale con la regina Catarina; et in questo si consumò sino passata la meza quadragesima, quando alli 19 di marzo andò nuova che in Inghilterra era stato publicato un libello famoso contra il pontefice e tutta la corte romana et era ancora stata fatta una comedia in presenzia del re e di tutta la corte in grandissimo vituperio et opprobrio contra il papa e tutti i cardinali in particolare. Perilché accesa la bile in tutti, si precipitò alla sentenza, la quale fu prononciata in consistorio li 24 dello stesso mese: che il matrimonio tra Enrico e la regina Catarina era valido et egli era tenuto averla per moglie, e che non lo facendo, fosse scommunicato.

Fu il pontefice presto mal contento della precipitazione usata. Perché 6 giorni dopo arrivarono lettere del re di Francia, che quello d'Inghilterra si contentava d'accettare la sentenza sopra gli attentati e render l'ubedienza, con questo che i cardinali sospetti a lui non s'intromettessero nella causa e si mandasse in Cambrai persone non sospette per pigliare l'informazione, e già aveva inviato il re i procuratori suoi per intervenire nella causa in Roma. Per questo il pontefice andava pensando qualche pretesto con quale poteva sospendere la sentenza precipitata e ritornar in piedi la causa.

Ma Enrico, subito veduta la sentenza, disse importare poco, perché il papa sarebbe vescovo di Roma, et egli unico padrone del suo regno; che l'averebbe fatta al modo antico della Chiesa orientale, non restando d'esser buon cristiano, né lasciando introdurre nel suo regno l'eresia luterana o altra; e cosí esseguí. Publicò un editto dove si dichiarò capo della Chiesa anglicana; pose pena capitale a chi dicesse che il pontefice romano avesse alcun'autorità in Inghilterra; scacciò il collettore del danaro di san Pietro, e fece approvare tutte queste cose dal parlamento, dove anco fu determinato che tutti i vescovati d'Inghilterra fossero conferiti all'arcivescovo Cantuariense, senza trattar niente con Roma, e che dal clero fosse pagato al re 150 mila lire sterlinghe all'anno per defensione del regno contra qualonque.

Questa azzione del re fu variamente sentita: altri la riputavano prudente, che si fosse liberato dalla soggezzione romana senza nissuna novità nelle cose di religione e senza metter in pericolo di sedizione i suoi popoli e senza rimettersi al concilio, cosa che si vedeva difficile da poter effettuare e pericolosa anco a lui, non sapendosi vedere come un concilio composto di persone ecclesiastiche non fosse sempre per sostentare la potenzia pontificia, essendo quella il sostentamento dell'ordine loro; poiché quello, col pontificato, è sopraposto ad ogni re et imperatore, che senza quello bisogna che resti soggetto, non essendovi altro ecclesiastico che abbia principato con superiorità, se non il pontefice romano. Ma la corte romana difendeva che non si poteva dire non esser fatta mutazione nella religione, essendo mutato il primo e principale articolo romano, che è la superiorità del pontifice, e dover nascere le medesime sedizioni per questo solo che per tutti gli altri. Il che anco l'evento comprobò, essendo stato necessitato il re, per conservazione dell'editto suo, di proceder ad essecuzioni severe contra persone del suo regno, amate e stimate da lui. Non si può esplicar il dispiacer sentito in Roma e da tutto l'ordine ecclesiastico per l'alienazione d'un tanto regno dalla soggezzione pontificia, e diede materia per far conoscer la imbecillità delle cose umane, nelle quali il piú delle volte s'incorre in estremi detrimenti, donde furono prima ricevuti supremi beneficii. Imperoché per le dispense matrimoniali e per le sentenze di divorzio, cosí concesse, come negate, il pontificato romano in tempi passati ha molto acquistato, facendo ombra col nome di vicario di Cristo a' prencipi, a' quali metteva conto con qualche matrimonio incesto, o col discioglier uno per contraerne un altro, unir al suo qualche altro prencipato, o sopire raggioni di diversi pretendenti, restringendosi per ciò con loro et interessando la loro potestà a defender quell'autorità, senza la quale le azzioni loro sarebbono state dannate et impedite; anzi, interessando non quei prencipi soli, ma tutta la posterità loro per sostentamento della legitimità de' suoi natali: se ben forsi l'infortunio nato quella volta si potrebbe ascriver alla precipitazione di Clemente, che non seppe maneggiar in questo caso la sua autorità, e che, se a Dio fosse piacciuto lasciarli in questo fatto l'uso della solita prudenza, poteva far grand'acquisto, dove fece molta perdita.

 

 




Precedente - Successivo

Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText

Best viewed with any browser at 800x600 or 768x1024 on Tablet PC
IntraText® (V89) - Some rights reserved by EuloTech SRL - 1996-2008. Content in this page is licensed under a Creative Commons License