[È fatto capitolo in conclave intorno
alla convocazione del concilio]
Nelle vacanze della Sede è costume de'
cardinali comporre una modula di capitoli per reforma del governo pontificio,
la quale tutti giurano servare, se saranno assonti al pontificato, quantunque
per tutti gli essempii passati si è veduto che ciascuno giura con animo di non
servargli, se sarà papa; e subito creato dice non aver potuto obligarsi, e
coll'acquisto del pontificato esserne sciolto. Morto Clemente, secondo il
costume, furono ordinati gli capitoli, fra quali uno fu che il futuro papa
fosse tenuto in termine d'un anno convocare il concilio. Ma i capitoli non
potero esser stabiliti e giurati, perché quel medesimo giorno de' 12 ottobre,
nel quale fu serrato il conclave, sprovistamente fu creato pontefice il
cardinal Farnese, chiamato prima nella creazione Onorio V, e poi nella
coronazione Paolo III, prelato ornato di buone qualità, e che, tra tutte le sue
virtú, di nissuna faceva maggior stima che della dissimulazione. Egli, cardinal
essercitato in 6 pontificati, decano del collegio e molto versato nelle
negoziazioni, non mostrava di temer il concilio, come Clemente, anzi era
d'opinione che fosse utile per le cose del pontificato mostrare di desiderarlo
e volerlo onninamente, essendo certo che non poteva esser sforzato di farlo con
modo et in luogo dove non vi fosse suo avvantaggio, e che, quando avesse
bisognato impedirlo, era assai bastante la contradizzione che gli averebbe
fatta la corte e tutto l'ordine ecclesiastico. Giudicava che questo anco gli
avesse dovuto servire per tener la pace in Italia, la quale gli pareva molto
necessaria, per poter governare con quiete. Vedeva benissimo che questo colore
di concilio gli poteva servire a coprire molte cose et a scusarsi dal far
quelle che non fossero state di sua volontà. Perilché, subito creato, si lasciò
intendere che, quantonque i capitoli non fossero giurati, egli nondimeno era
risoluto di voler osservare quello della convocazione del concilio,
conoscendola necessaria per la gloria di Dio e beneficio della Chiesa; et a' 16
dello stesso mese fece congregazione universale de' cardinali, che non si
chiama consistorio, non essendo ancora coronato il papa, dove propose questa
materia. Mostrò con efficaci ragioni che la intimazione non si poteva differire,
essendo altrimente impossibile che fra prencipi cristiani potesse seguire buona
amicizia e che le eresie potessero esser estirpate, e però che i cardinali
tutti dovessero pensare maturamente sopra il modo di celebrarlo. Deputò anco
tre cardinali che considerassero sopra il tempo e luogo et altri particolari,
con ordine che, fatta la coronazione, nel primo consistorio dovessero andare
col loro parere. E per incomminciare a far nascere le contradizzioni, delle
quali potesse servirsi alle occasioni, soggionse che sicome nel concilio
s'averebbe riformato l'ordine ecclesiastico, cosí non era conveniente che vi
fosse bisogno di riformar i cardinali, anzi era necessario che essi
comminciassero allora a riformarsi, per essere sua deliberata volontà di cavare
frutto dal concilio, i precetti del quale sarebbono di poco vigore, se ne'
cardinali non si vedessero prima gli effetti.
Secondo il costume che ne' primi giorni i
cardinali, massime grandi, ottengono dal nuovo pontefice facilmente grazie, il
cardinal di Lorena et altri francesi, per nome ancora del re, gli domandarono
che concedesse al duca di Lorena la nominazione de' vescovati et abbazie del
suo dominio: la qual cosa s'intendeva anco che era per domandar la republica di
Venezia de' suoi. Rispose il pontefice che nel concilio, qual in breve doveva
celebrare, era necessario levare tal facoltà di nominazione a quei prencipi che
l'avevano, non senza nota de' pontefici precessori suoi, che le hanno concesse.
Perilché non era cosa raggionevole accrescer il cumulo delli errori e conceder
allora cosa che era certo dover esser rivocata fra poco tempo con poco onore.
Nel primo consistorio, che fu alli 12
novembre, tornò a raggionare del concilio e disse esser necessario inanzi ad
ogni altra cosa ottener un'unione de' prencipi cristiani, o veramente una
sicurezza che, per il tempo che durerà il concilio, non si moveranno le arme. E
però voleva mandar nuncii a tutti i prencipi per negoziare questo capo, et
altri particolari che i cardinali avessero raccordato. Chiamò anco il Vergerio
di Germania, per intendere bene lo stato delle cose in quelle provincie, e
deputò tre cardinali, uno per ciascun ordine, per consultare le cose della
riforma. I quali furono il cardinal di Siena, di San Severino e Cesis; né mai
celebrava consistorio, che non intrasse e parlasse longamente di questa
materia, e spesso replicava essere necessario, perciò, che prima si riformasse
la corte e massime i cardinali; il che da alcuni veniva interpretato esser
detto con buon zelo e desiderio dell'effetto, da altri acciò la corte et i
cardinali trovassero modi, per non venir alla riforma, di metter impedimenti al
concilio; e ne prendevano argomento perché, avendo deputato i 3 cardinali, non
aveva eletto né i piú zelanti, né i piú essecutivi, ma i piú tardi e quieti che
fossero nel collegio. Ma il seguente mese di decembre diede piú ampia materia
a' discorsi. Perché creò cardinali Alessandro Farnese, nepote suo di Pietro
Aloisio, figliuolo suo naturale, e Guido Ascanio Sforza, nipote per Costanza,
sua figliuola, quello di 14 e questo di 16 anni; rispondendo a chi considerava
la loro tenera età, che egli suppliva con la sua decrepità. L'openione
conceputa che si dovesse veder riforma de' cardinali, et il timore d'alcuni
d'essi svaní immediate, non parendo che d'altrove potesse esser incomminciata
che dall'età e nascimento di quelli che si dovevano creare. Cessò anco il
pontefice di piú parlarne, avendo fatto un'opera che l'impediva il mascherare
la mente propria; restava però in piedi la proposizione di far il concilio.
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