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Paolo Sarpi
Istoria del Concilio tridentino

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  • Libro primo
    • [È fatto capitolo in conclave intorno alla convocazione del concilio]
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[È fatto capitolo in conclave intorno alla convocazione del concilio]

Nelle vacanze della Sede è costume de' cardinali comporre una modula di capitoli per reforma del governo pontificio, la quale tutti giurano servare, se saranno assonti al pontificato, quantunque per tutti gli essempii passati si è veduto che ciascuno giura con animo di non servargli, se sarà papa; e subito creato dice non aver potuto obligarsi, e coll'acquisto del pontificato esserne sciolto. Morto Clemente, secondo il costume, furono ordinati gli capitoli, fra quali uno fu che il futuro papa fosse tenuto in termine d'un anno convocare il concilio. Ma i capitoli non potero esser stabiliti e giurati, perché quel medesimo giorno de' 12 ottobre, nel quale fu serrato il conclave, sprovistamente fu creato pontefice il cardinal Farnese, chiamato prima nella creazione Onorio V, e poi nella coronazione Paolo III, prelato ornato di buone qualità, e che, tra tutte le sue virtú, di nissuna faceva maggior stima che della dissimulazione. Egli, cardinal essercitato in 6 pontificati, decano del collegio e molto versato nelle negoziazioni, non mostrava di temer il concilio, come Clemente, anzi era d'opinione che fosse utile per le cose del pontificato mostrare di desiderarlo e volerlo onninamente, essendo certo che non poteva esser sforzato di farlo con modo et in luogo dove non vi fosse suo avvantaggio, e che, quando avesse bisognato impedirlo, era assai bastante la contradizzione che gli averebbe fatta la corte e tutto l'ordine ecclesiastico. Giudicava che questo anco gli avesse dovuto servire per tener la pace in Italia, la quale gli pareva molto necessaria, per poter governare con quiete. Vedeva benissimo che questo colore di concilio gli poteva servire a coprire molte cose et a scusarsi dal far quelle che non fossero state di sua volontà. Perilché, subito creato, si lasciò intendere che, quantonque i capitoli non fossero giurati, egli nondimeno era risoluto di voler osservare quello della convocazione del concilio, conoscendola necessaria per la gloria di Dio e beneficio della Chiesa; et a' 16 dello stesso mese fece congregazione universale de' cardinali, che non si chiama consistorio, non essendo ancora coronato il papa, dove propose questa materia. Mostrò con efficaci ragioni che la intimazione non si poteva differire, essendo altrimente impossibile che fra prencipi cristiani potesse seguire buona amicizia e che le eresie potessero esser estirpate, e però che i cardinali tutti dovessero pensare maturamente sopra il modo di celebrarlo. Deputò anco tre cardinali che considerassero sopra il tempo e luogo et altri particolari, con ordine che, fatta la coronazione, nel primo consistorio dovessero andare col loro parere. E per incomminciare a far nascere le contradizzioni, delle quali potesse servirsi alle occasioni, soggionse che sicome nel concilio s'averebbe riformato l'ordine ecclesiastico, cosí non era conveniente che vi fosse bisogno di riformar i cardinali, anzi era necessario che essi comminciassero allora a riformarsi, per essere sua deliberata volontà di cavare frutto dal concilio, i precetti del quale sarebbono di poco vigore, se ne' cardinali non si vedessero prima gli effetti.

Secondo il costume che ne' primi giorni i cardinali, massime grandi, ottengono dal nuovo pontefice facilmente grazie, il cardinal di Lorena et altri francesi, per nome ancora del re, gli domandarono che concedesse al duca di Lorena la nominazione de' vescovati et abbazie del suo dominio: la qual cosa s'intendeva anco che era per domandar la republica di Venezia de' suoi. Rispose il pontefice che nel concilio, qual in breve doveva celebrare, era necessario levare tal facoltà di nominazione a quei prencipi che l'avevano, non senza nota de' pontefici precessori suoi, che le hanno concesse. Perilché non era cosa raggionevole accrescer il cumulo delli errori e conceder allora cosa che era certo dover esser rivocata fra poco tempo con poco onore.

Nel primo consistorio, che fu alli 12 novembre, tornò a raggionare del concilio e disse esser necessario inanzi ad ogni altra cosa ottener un'unione de' prencipi cristiani, o veramente una sicurezza che, per il tempo che durerà il concilio, non si moveranno le arme. E però voleva mandar nuncii a tutti i prencipi per negoziare questo capo, et altri particolari che i cardinali avessero raccordato. Chiamò anco il Vergerio di Germania, per intendere bene lo stato delle cose in quelle provincie, e deputò tre cardinali, uno per ciascun ordine, per consultare le cose della riforma. I quali furono il cardinal di Siena, di San Severino e Cesis; né mai celebrava consistorio, che non intrasse e parlasse longamente di questa materia, e spesso replicava essere necessario, perciò, che prima si riformasse la corte e massime i cardinali; il che da alcuni veniva interpretato esser detto con buon zelo e desiderio dell'effetto, da altri acciò la corte et i cardinali trovassero modi, per non venir alla riforma, di metter impedimenti al concilio; e ne prendevano argomento perché, avendo deputato i 3 cardinali, non aveva eletto né i piú zelanti, né i piú essecutivi, ma i piú tardi e quieti che fossero nel collegio. Ma il seguente mese di decembre diede piú ampia materia a' discorsi. Perché creò cardinali Alessandro Farnese, nepote suo di Pietro Aloisio, figliuolo suo naturale, e Guido Ascanio Sforza, nipote per Costanza, sua figliuola, quello di 14 e questo di 16 anni; rispondendo a chi considerava la loro tenera età, che egli suppliva con la sua decrepità. L'openione conceputa che si dovesse veder riforma de' cardinali, et il timore d'alcuni d'essi svaní immediate, non parendo che d'altrove potesse esser incomminciata che dall'età e nascimento di quelli che si dovevano creare. Cessò anco il pontefice di piú parlarne, avendo fatto un'opera che l'impediva il mascherare la mente propria; restava però in piedi la proposizione di far il concilio.

 

 




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