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Paolo Sarpi
Istoria del Concilio tridentino

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  • Libro primo
    • [Paolo III spedisce suoi noncii a' prencipi intorno alla convocazione del concilio]
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[Paolo III spedisce suoi noncii a' prencipi intorno alla convocazione del concilio]

E nel consistorio di 16 gennaro 1535 fece una longhissima et efficacissima orazione, eccitando i cardinali di venir a risoluzione di quella materia; perché, procedendosi cosí lentamente, si dava ad intender al mondo che in verità il concilio non si volesse, ma fossero parole e pasto dato; e parlò con cosí gravi sentenzie, che commosse tutti. Fu deliberato in quel consistorio di spedire noncii a Cesare, al Cristianissimo et ad altri prencipi cristiani, con commissione d'esporre che il pontefice et il collegio avevano determinato assolutamente, per beneficio della cristianità, di celebrarlo, con essortargli a favorirlo et anco ad assicurare la quiete e tranquillità mentre si celebrarà; ma, quanto al tempo e luogo, di dire che Sua Santità non era ancora risoluta. E portava anco la instruzzione loro piú segreta che vedessero destramente di sottrarre qual fosse la mente de' prencipi quanto al luogo, a fine di poter, saputi gli interessi e fini di tutti, opporre l'uno all'altro per impedirgli e metter ad effetto il suo. Commise anco a' noncii di querelarsi delle azzioni del re d'Inghilterra, e quando vedessero apertura, incitarli contra lui et offerirgli anco quel regno in preda.

Tra questi noncii fu uno il Vergerio, rimandato con piú speciali commissioni in Germania per penetrare la mente de' protestanti circa la forma del trattar nel concilio, per potergli far sopra i riflessi necessarii. Gli commise anco specialmente di trattare con Lutero e con gli altri principali predicatori della rinovata dottrina usando ogni sorte di promesse e partiti di ridurgli a qualche composizione. Riprendeva il pontefice in ogni occasione la durezza del cardinal Gaetano, che nella dieta d'Augusta del 1518 rifiutasse il partito proposto da Lutero, che, imposto silenzio agli avversarii suoi, si contentava anco esso di tacere, e dannava l'acerbità di quel cardinal, che, con voler ostinatamente la ritrattazione, avesse precipitato quell'uomo in disperazione, la qual diceva esser costata e dover costar cosí cara alla Chiesa romana, quanto la metà della autorità sua; che egli non voleva immitare Leone in questo, che credette i frati esser buoni instromenti di opprimer i predicatori di Germania; il che la ragione e l'evento aveva mostrato quanto fosse vano pensiero. Non esservi se non due mezi: la forza e le prattiche, quali egli era per adoperare, essendo pronto a concordare con ogni condizione, la quale riservi intiera l'autorità pontificia; perilché anco, dicendo d'aver bisogno d'uomini di valore e di negozio, creò il 21 maggio 6 cardinali, e pochi giorni doppo il settimo, tutti persone di molta stima nella corte. Fra quali fu Giovanni Fischerio, vescovo Roffense, che allora si trovava prigione in Inghilterra per aver ricusato d'aderir al decreto del re nel levare l'autorità pontificia. Il papa, nell'elegger la sua persona, ebbe considerazione che onorava la promozione sua, mettendo in quel numero un uomo letterato e benemerito per la persecuzione che sosteneva, e che, avendolo accresciuto di dignità, si sarebbe il re indotto a portargli rispetto, et appresso il popolo sarebbe entrato in credito maggiore. Ma quel cardinalato non giovò in altro a quel prelato se non ad accelerargli la morte, che gli fu data 43 giorni dopo con la troncazione del capo in publico.

Ma con tutto che il papa facesse cosí aperte dimostrazioni di voler il concilio in maniera che dovesse dar sodisfazzione e ridur la Germania, nondimeno la corte tutta, et i medesimi intimi del pontefice e che trattavano queste cose intrinsecamente con lui, dicevano che non poteva esser celebrato altrove che in Italia, perché altrove non sarebbe stato libero, e che in Italia non si poteva elegger altro luogo che Mantova.

 

 




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