[Il Vergerio tratta co' protestanti e
con Lutero stesso]
Il Vergerio ritornato in Germania fece
l'ambasciata del pontefice a Ferdinando, prima, e poi a qualonque de'
protestanti che andava a trovar quel re per gli occorrenti negozii; e
finalmente fece un viaggio per trattar anco con gli altri. Da nissuno d'essi
ebbe altra risposta, salvo che averebbono consultato insieme nel convento che
dovevano ridurre nel fine dell'anno, e di commun consenso deliberata la
risposta. La proposizione del noncio conteneva che quell'era il tempo del
concilio tanto desiderato, avendo il pontefice trattato con Cesare e con tutti
i re per ridurlo seriamente, e non come altre volte, in apparenza; et acciò non
si differisca piú, aveva risoluto d'elegger per luogo Mantova, conforme a
quello che già due anni era stato risoluto con l'imperatore. La qual città
essendo di un feudatario imperiale e vicina ai confini di Cesare e de'
Veneziani, potevano tenerla per sicura; senza che il pontefice e Cesare
averebbono data ogni maggior cauzione. Non esser bisogno risolvere, né parlare
del modo e forma di trattare nel concilio, poiché molto meglio ciò si farà in
esso, quando sarà congregato. Non potersi celebrar in Germania, abondando
quella di anabattisti, sacramentarii et altre sette, per la maggior parte pazzi
e furiosi; perilché alle altre nazioni non sarebbe sicuro andare dove quella
moltitudine è potente, e condannare la sua dottrina. Che al pontefice non
sarebbe differenzia di farlo in qualonque altra regione; ma non vuol apparire
che sia sforzato e gli sia levata quella autorità, che ha avuto per tanti
secoli, di prescrivere il luogo de' concilii generali.
In questo viaggio il Vergerio trovò Lutero
a Vittemberg, e trattò con lui molto umanamente con questi concetti, estendendogli
et amplificandogli assai. E prima accertandolo che era in grandissima
estimazione appresso il pontefice e tutto 'l collegio de' cardinali, quali
sentivano dispiacere estremo che fosse perduto un soggetto, che, implicatosi
ne' servizii di Dio e della Sede apostolica, che sono congionti, averebbe
potuto portare frutto inestimabile; che farebbono ogni possibile per
racquistarlo; gli testificò che il pontefice biasimava la durezza del Gaetano,
la quale non era meno ripresa da' cardinali; che da quella Santa Sede poteva
aspettar ogni favore; che a tutti dispiaceva il rigore col quale Leone
procedette, per instigazione d'altri e non per propria disposizione; gli
soggionse anco che egli non era per disputare con esso lui delle cose
controverse, non professando teologia, ma poteva ben con raggioni communi
mostrargli quanto sarebbe ben riunirsi col capo della Chiesa. Perché,
considerando che solo già 18 anni la dottrina sua era venuta in luce, e
publicandosi aveva eccitato innumerabili sette, che l'una detesta l'altra, e
tante sedizioni populari, con morte et esterminio d'innumerabili persone, non
si poteva concluder che venisse da Dio: ben si poteva tenere per certo che era
perniciosa al mondo, riuscendo da quella tanto male. Diceva il Vergerio: è un
grand'amore di se stesso, et una stima molto grande dell'opinione propria,
quando un uomo voglia turbare tutto 'l mondo per seminarla. «Se avete - diceva
il Vergerio, - innovato nella fede in quale eravate nato et educato 35 anni per
vostra conscienzia e salute, bastava che la teneste in voi. Se la carità del
prossimo vi moveva, a che turbare tutto 'l mondo per cosa di che non vi era
bisogno, poiché senza quella si viveva e serviva a Dio in tranquillità? La
confusione - soggiongeva - è passata tanto oltre, che non si può differir piú
il rimedio. Il pontefice è risoluto applicarlo con celebrar il concilio, dove
convenendo tutti gli uomini dotti d'Europa, la verità sarà messa in chiaro, a
confusione delli spiriti inquieti; et ha destinato per ciò la città di Mantova.
E se ben nella divina bontà conviene aver la principale speranza, mettendo anco
in conto l'opere umane, in potestà di Lutero è fare che il rimedio riesca
facile, se vorrà ritrovarsi presente, trattare con carità, et obligarsi anco il
pontefice, prencipe munificentissimo e che riconnosce le persone meritevoli».
Gli raccordò l'essempio d'Enea Silvio, che, seguendo le proprie openioni, con
molta servitú e fatica non si portò piú oltre che ad un canonicato di Trento;
ma, mutato in meglio, fu vescovo, cardinale e finalmente papa Pio II. Gli
raccordò Bessarione niceno, che, d'un misero caloiero da Trabisonda, diventò
cosí grande e riputato cardinale e non molto lontano dal succeder papa.
Le risposte di Lutero furono, secondo il
naturale costume suo, veementi e concitate, con dire che non faceva nissuna
stima del conto in che fosse appresso la corte romana, della quale non temeva
l'odio, né curava la benevolenza; che ne' servizii divini s'implicava quanto
poteva, se ben con riuscita di servo inutile; che non vedeva come fossero
congionti a quei del pontificato, se non come le tenebre alla luce; nissuna
cosa nella vita sua essergli stata piú utile che il rigore di Leone e la
durezza del Gaetano, quali non può imputare a loro, ma gli ascrive alla
providenza divina. Perché in quei tempi, non essendo ancora illuminato di tutte
le verità della fede cristiana, ma avendo solo scoperto gli abusi nella materia
delle indulgenze, era pronto di tener silenzio, quando da suoi avversarii fosse
stato servato l'istesso. Ma le scritture del maestro del sacro palazzo, la
superchiaria del Gaetano e la rigidezza di Leone l'avevano costretto a studiare
e scoprire molti altri abusi et errori del papato meno tollerabili, i quali non
poteva con buona conscienzia dissimulare et restar di mostrare al mondo. Aver
il noncio per sua ingenuità confessato di non intender teologia, il che
appariva anco chiaro per le raggioni proposte da lui, poiché non si poteva
chiamare la dottrina sua nuova, se non da chi credesse che Cristo, gli apostoli
et i santi padri avessero vivuto come nel presente secolo il papa, i cardinali
et i vescovi; né si può far argomento contra la dottrina medesima dalle
sedizioni occorse in Germania, se non da chi non ha letto le Scritture e non sa
questa essere la proprietà della parola di Dio e dell'Evangelio, che, dove è
predicato, eccita turbe e tumulti, sino al separar il padre dal figliuolo.
Questa esser la sua virtú, che a chi l'ascolta dona la vita, a chi lo ripudia è
causa di maggiore dannazione. Aggionse che questo era il piú universale difetto
de' romani: voler stabilir la Chiesa con governi tratti da ragioni umane, come
se fosse uno stato temporale. Che questa era quella sorte di sapienza che san
Paolo dice esser riputata pazzia appresso Dio, sí come il non stimare quelle
raggioni politiche con che Roma governa, ma fidarsi nelle promesse divine e
rimettere alla Maestà sua la condotta degli affari della Chiesa, è quella
pazzia umana che è sapienza divina. Il far riuscir in bene e profitto della
Chiesa il concilio non essere potestà di Martino, ma di chi lo può lasciare
libero, acciò che lo spirito di Dio vi preseda e lo guidi, e la Scrittura
divina sia regola delle deliberazioni, cessando di portarvi interessi,
usurpazioni et artificii umani: il che, quando avvenisse, egli ancora vi
apportarebbe ogni sincerità e carità cristiana, non per obligarsi il pontefice,
né altri, ma per servizio di Cristo, pace e libertà della Chiesa. Non poter
però aver speranza di veder un tanto ben, mentre non aparisce che lo sdegno di
Dio sia pacificato per una seria conversione dell'ipocrisia; né potersi far
fondamento sopra la radunanza di uomini dotti e letterati, poiché, essendo
accesa l'ira de Dio, non vi è errore cosí assordo et irragionevole che Satan
non persuada, e piú a questi gran savii che si tengono sapere, i quali la
Maestà divina vuol confondere. Che da Roma non può ricevere cosa alcuna
compatibile col ministerio dell'Evangelio. Né moverlo gli essempii di Enea
Silvio o di Bessarione, perché non stima quei splendori tenebrosi, e quando
volesse anco essaltare se stesso, potrebbe con verità replicare quello che da
Erasmo fu detto facetamente, che Lutero, povero et abietto, arricchisce et
inalza molti; esser molto ben noto ad esso noncio, per non andar lontano, che
al maggio prossimo egli ha avuto gran parte nella creazione di Roffense et è
stato causa totale di quella di Scomberg. Che se poi al primo è stata levata la
vita cosí tosto, questo è d'ascrivere alla divina providenza. Non poté il
Vergerio indurre Lutero a rimetter niente della sua fermezza, il quale con
tanta costanza teneva la sua dottrina come se fosse veduta con gli occhi, e
diceva che piú facilmente il noncio et anco il papa averebbe abbraciata la fede
sua, che egli abbandonatala.
Tentò ancora il Vergerio altri predicatori
in Vitemberg, secondo la commissione del pontefice, et altrove nel viaggio, né
trovò inclinazione, come averebbe pensato, ma rigidità in tutti quelli che
erano di conto, e quelli che si sarebbono resi, gli trovò di poco valore e di
molta pretensione, sí che non facevano al caso suo.
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