[È pubblicata infine la bolla con
l'intimazione a Mantova]
Perilché l'imperatore, intervenendo nel
consistorio publico a' 28 d'aprile, ringraziò il pontefice et il collegio che
avessero prontamente et espeditamente deliberata la convocazione del concilio
generale, e gli ricercò appresso che la bolla fosse spedita inanzi la sua
partita da Roma, acciò egli potesse dar ordine al rimanente. Non si poté
ordinare cosí presto, essendo pur necessaria qualche considerazione per
mettervi parole apposite che dessero quanto piú buona speranza di libertà era
possibile et insieme non portassero alcun pregiudicio all'autorità pontificia.
Furono deputati a questo 6 cardinali e 3 vescovi, e finalmente la bolla fu
spedita sotto i 2 di giugno, publicata in consistorio e sottoscritta da tutti i
cardinali. Il tenor di quella era:
Che dal principio del suo pontificato
nissuna cosa aveva piú desiderato che purgare dalle eresie et errori la Chiesa,
raccommandata da Dio alla cura sua, e di restituire nel pristino stato la
disciplina; al che non avendo trovato via piú commoda che la sempremai usata in
simili occorrenze, cioè il concilio generale, di questo aver scritto piú volte
a Cesare et agli altri re con speranza non solamente d'ottener questo fine, ma
ancora che, sedate le discordie tra i prencipi cristiani, si movesse la guerra
agli infedeli per liberar i cristiani da quella misera servitú e ridurre anco
gli infideli alla fede. Perilché, per la pienezza di potestà che egli ha da
Dio, col consenso de' suoi fratelli cardinali, intima un concilio generale di
tutta la cristianità per i 23 maggio dell'anno seguente 1537 in Mantova, luogo
abondante et opportuno per la celebrazione d'un concilio; e pertanto commanda
a' vescovi et altri prelati di qualonque luogo si siano, per l'obligo del
giuramento prestato da loro e sotto le pene statuite da' santi canoni e
decreti, che vi si debbiano trovare al giorno prefisso. Prega Cesare et il re
di Francia e tutti gli altri re e prencipi, per amor di Cristo e per salute
della republica cristiana, che vogliano trovarvisi in persona, e non potendo,
mandino onorevoli et ampie ambasciarie, sí come esso Cesare et il medesimo re
di Francia e gli altri prencipi cristiani hanno promesso piú volte et a
Clemente et a lui. E facciano anco, che i prelati di suoi regni debbiano
andarvi e starvi sino al fine, per determinare quello che sarà opportuno per
riforma della Chiesa, estirpazione delle eresie e per mover la guerra agli
infideli.
Publicò anco il papa un'altra bolla, per
emendare (sí come diceva) la città di Roma, capo di tutta la cristianità,
maestra della dottrina, di costumi e della disciplina, di tutti i vizii e
mancamenti; acciò che purgata la casa propria, potesse piú facilmente purgare
le altre; al che non potendo attendere solo pienamente, deputò sopra ciò i
cardinali Ostiense, San Severino, Ginuzio e Simoneta, commandando sotto gravissime
pene a tutti di prestar loro intiera obedienza. Questi cardinali insieme con
alcuni prelati, pur dal papa deputati, si diedero immediate a trattare la
riformazione della penitenziaria, della dataria e de' costumi de' corteggiani:
però non fu posta cosa alcuna in effetto. Ma l'intimazione del concilio parve
ad ogni mediocre ingegno molto poco opportuna in tempo quando tra l'imperatore
et il re di Francia erano in piedi le guerre in Picardia, in Provenza et in
Piemonte.
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