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Paolo Sarpi
Istoria del Concilio tridentino

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  • Libro primo
    • [Il duca di Mantova propuone condizioni per accettare il concilio nella sua città. Il concilio è sospeso]
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[Il duca di Mantova propuone condizioni per accettare il concilio nella sua città. Il concilio è sospeso]

Il duca di Mantova concesse la sua città per far il concilio in gratificazione del pontefice, senza pensar piú oltre, giudicando, conforme all'opinione commune, che non si potrebbe effettuare, essendo la guerra in piedi tra Cesare et il re di Francia, e repugnante la Germania, per la quale il concilio si faceva. Ma veduta l'intimazione, comminciò a pensare come assicurarebbe la città, e mandò a proponer al papa che dovendosi introdurre uno gran numero di persone, quali sarebbono convenute al concilio, era necessaria una grossa guarnigione, la qual egli non voleva dependente da altri e non aveva da mantenerla del suo: perilché era necessario, che volendo Sua Santità celebrar il concilio in quella città, gli somministrasse danari per il pagamento de' soldati. Al che rispose il pontefice che la moltitudine doveva esser non di persone armate, né professori di milizia, ma de' ecclesiastici e letterati, quali con un solo magistrato, che egli averebbe deputato per render giustizia con una picciola corte e guardia, sarebbe stato bastante per contenergli in ufficio; che una guarniggione di soldati armati sarebbe stata di sospetto a tutti e poco condecente al luogo d'un concilio, che debbe essere tutto in apparenza et effetti di pace; e che pure quando vi fosse stato bisogno di arme per guardia, non essere di raggione che fossero in mano d'altri che del concilio medesimo, cioè del papa che ne è il capo. Il duca, considerando che la giurisdizzione si tira sempre dietro l'imperio, replicò non volere in modo alcuno che nella sua città sia amministrata la giustizia da altri che dalli ufficiali suoi; il papa, prudentissima persona, a cui poche volte occorreva di udir risposta non preveduta, restò pieno di stupore e rispose all'uomo del duca che non averebbe creduto dal suo patrone, prencipe italiano, la casa del quale aveva ricevuti tanti beneficii dalla Sede apostolica, che aveva un fratello cardinale, dovergli essere negato quello che mai piú da nissuno gli fu messo in controversia, quello che ogni legge divina et umana gli dona, che né anco i luterani gli sanno negare, cioè l'essere giudice supremo degli ecclesiastici, e quello che il duca non contrasta al suo vescovo, che giudica le cause de' preti in Mantova. Nel concilio non dovere intervenire se non persone ecclesiastiche, le quali sono essenti dal secolare cosí esse, come le sue famiglie, il che è cosí chiaro che concordemente dalli dottori è affermato eziandio le concubine de' preti esser del foro ecclesiastico, et egli vuol negargli d'aver un magistrato che rendi giustizia a quelli durante il concilio? Non ostante questo, il duca stette fermo cosí in ricusare di concedere al papa giusdicenti in Mantova, come anco in domandar soldi per pagar soldati; le quali condizioni parendo al pontefice dure e (come diceva) contrarie alli antichi costumi et aliene dalla dignità della Sede et alla libertà ecclesiastica, ricusò di condescendervi e deliberò di non voler piú concilio a Mantova, raccordandosi molto bene di quello che avvenne a Giovanni XXIII avendo celebrato concilio dove altri era piú potente, deliberò di sospendere il concilio, si scusò con una sua bolla publica, dicendo in sostanza che, se ben con suo dolore era sforzato deputar altro luogo per il concilio, nondimeno lo sopportava, perché era per colpa d'altri e non sua propria, e che non potendo cosí sprovistamente risolversi d'un altro luogo opportuno, sospendeva la celebrazione del concilio sino ad primo di novembre del medesimo anno.

Publicò in questo tempo il re d'Inghilterra un manifesto per nome suo e della nobiltà, contra la convocazione fatta dal pontefice, come da persona che non abbia potestà, et in tempo di guerra ardente in Italia, et in luogo non sicuro, soggiongendo che ben desidera un concilio cristiano, ma al pontificio non è per andare, né per mandarvi ambasciata, non avendo che fare col vescovo romano, né con i suoi editti, piú che con quelli di qualonque altro vescovo; che già i concilii solevano essere congregati per autorità de re, e questo costume maggiormente debbe esser rinovato adesso, quando che si tratta d'accusar i difetti di quella corte; non esser cosa insolita a' pontefici di mancar di fede, il che dovea considerare piú lui, che è acerbissimamente odiato per aver dal suo regno levata quella dominazione et il censo che gli era pagato. Che il dar la colpa al prencipe di Mantova, perché non voglia senza presidio admetter tanta gente nella sua città, è un burlarsi del mondo; come anco il prorogar il concilio sino a novembre e non dire in che luogo si abbia da celebrare; poiché, se il papa alcun luogo eleggerà, senza dubio o piglierà uno di quelli dello Stato proprio, overo di qualche prencipe obligatogli. Perilché non potendo alcun uomo di giudicio sperar d'avere un vero concilio, il meglio di tutto è che ciascuno prencipe emendi la religione a casa sua; concludendo in fine che se da alcuno gli fosse mostrata megliore via, egli non la ricusarebbe.

 

 




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