[Il papa stimolato da' rimproveri, ritorna
alla riforma della sua corte]
In Italia anco vi era una gran
disposizione ad interpretare in sinistro le azzioni del pontefice, e si parlava
liberamente che, quantonque versasse la colpa sopra il duca di Mantova, da lui
però nasceva che il concilio non si facesse, et esserne manifesto indicio,
perché nel medesimo tempo aveva publicata la bolla della riforma della corte e
dato il carico a' quatro cardinali, né a ciò esservi opposizione del duca, né
di altri, che non fosse in sua potestà, e pur di quella piú non si parlava, sí
come anco era stata in silenzio 3 anni doppo che la propose immediate assonto
al pontificato. Per ovviare a queste diffamazioni deliberò il papa di nuovo
ripigliare quel negozio, riformando prima sé, i cardinali e la corte, per poter
levar ad ogni uno l'obiezzione e la sinistra interpretazione di tutte le
azzioni sue; et elesse quattro cardinali e cinque altri prelati tanto da lui
stimati, che quattro di essi nelli anni seguenti creò poi cardinali, imponendo
a tutti 9 di raccogliere gli abusi che meritavano riforma, et insieme
aggiongervi i rimedii co' quali si potesse prestamente e facilmente levargli, e
ridur il tutto ad una buona riformazione. Fecero quei prelati la raccolta
secondo il commandamento del pontefice, e la ridussero in scritto.
Proposero nel principio, per fonte et
origine di tutti gli abusi, la prontezza de' pontefici a dar orecchie alli
adulatori e la facilità in derogare le leggi, con la inosservanza del
commandamento di Cristo di non cavar guadagno delle cose spirituali; e
descendendo a particolari, notarono 24 abusi nell'amministrazione delle cose
ecclesiastiche, e 4 nel governo speciale di Roma; toccarono l'ordinazione di
clerici, la collazione di beneficii, le pensioni, le permutazioni, li regressi,
le reservazioni, la pluralità di beneficii, le commende, la residenza, le
essenzioni, la deformazione dell'ordine regolare, la ignoranza de' predicatori
e confessori, la libertà di stampare libri perniciosi, le lezzioni, la
toleranza de' apostati, i questuarii; e passando alle dispensazioni, toccarono
prima quella di maritare gli ordinati, facilità di dispensare matrimonii ne'
gradi proibiti, la dispensa a' simoniaci, la facilità nel conceder
confessionali et indulgenze, la dispensazione de' voti, la licenza di testare
de' beni della Chiesa, la commutazione delle ultime volontà, la toleranza delle
meretrici, la negligenza del governo delli ospedali, et altre cose di questo
genere, trattate minutamente, con esporre la natura degli abusi, le cause et
origine loro, le consequenze dei mali che portano seco, i modi di rimediarvi e
conservar il corpo della corte per l'avvenire in vita cristiana: opera degna
d'esser letta, che se la sua longhezza non avesse impedito, meritava esser
registrata di parola in parola.
Il pontefice, ricevuta la relazione di
questi prelati, la fece considerar a molti cardinali e propose poi in
consistorio la materia per prenderne deliberazione. Frate Nicolò Scomberg
dell'ordine dominicano, cardinale di San Sisto, con altro nome chiamato di
Capua, con longhissimo discorso mostrò, che quel tempo allora presente non
comportava che si riformasse alcuna cosa. Primieramente considerò la malizia
umana, che sempre, quando li è impedito un corso al male, ne ritrova un
peggiore, e che è manco mal tolerar il disordine conosciuto, e che per esser in
uso non dà tanta maraviglia, che, per rimediar a quello, dar in uno che, come
nuovo, restarà piú apparente e sarà anco piú ripreso. Aggionse che sarebbe dar
occasione a' luterani di vantarsi che avessero sforzato il pontefice a far
quella riforma, e sopra tutte le cose considerava che sarebbe stato principio
non di levar gli abusi soli, ma ancora insieme i buoni usi, e metter in maggior
pericolo tutte le cose della religione: perché con la riforma si confesserebbe
che le cose provedute meritamente erano riprese da luterani, che non farebbe
altro che dar fomento a tutta la loro dottrina. In contrario Giovan Pietro
Caraffa, cardinale teatino, mostrò che la riforma era necessaria e grand'offesa
di Dio esser il tralasciarla, e rispose esser regola delle azzioni cristiane
che sí come non s'ha da far alcun male acciò ne succeda bene, cosí non si debbe
tralasciare alcun bene di obligazione per timore che ne venga il male. Varie
furono le opinioni, e finalmente, dopo detti diversi pareri, fu concluso che si
differisse di parlarne ad altro tempo, e commandò il pontefice che fosse tenuta
segreta la rimostranza fattagli da' prelati. Ma il cardinal Scomberg ne mandò
una copia in Germania, il che da alcuni fu creduto non esser fatto senza saputa
del pontefice, acciò fusse veduto che in Roma vi era qualche dissegno e qualche
opera ancora di riformazione. La copia mandata fu subito stampata e publicata
per tutta Germania, e fu anco scritto contra di quella da diversi in lingua
tedesca e latina. E pur tuttavia nella medesima regione cresceva il numero de'
protestanti, essendo entrati nella loro lega il re di Dania et alcuni prencipi
della casa di Brandeburg.
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