[Il papa manda noncio in dieta il
Vergerio e la fa rompere per sua arte apppresso Cesare]
Cesare confermò il decreto et ordinò la
riduzzione, destinando suo commissario a quel colloquio il Granvela, il quale
andatovi insieme col vescovo d'Arras, suo figliuolo, che fu poi cardinale, e
tre teologi spagnoli, diede principio facendo un raggionamento molto pio e
molto apposito a componere le differenzie; pochi giorni dopo arrivò Tomaso
Campeggio, vescovo di Feltre e noncio del pontefice: perché il papa, quantonque
vedesse che ogni trattazione di religione in Germania era perniciosa per le
cose sue e per ciò avesse fatto ogni diligenza per interrompere quel colloquio,
nondimeno riputava minor male l'acconsentirvi che il lasciarlo fare senza suo
volere. Il noncio, seguendo l'instruzzione del pontefice, nel suo ingresso fece
un ragionamento, dicendo che la quiete della Germania era stata procurata
sempre da' pontefici e massime da Paulo III, il quale per ciò aveva intimato il
concilio generale in Vicenza, se ben era stato sforzato differirlo in altro
tempo, per non vi esser andato alcuno, et al presente era deliberato di nuovo
intimarlo in luogo piú opportuno: nel quale, acciò là fossero trattate con
frutto le cose della religione, aveva concesso a Cesare che si potesse tener un
colloquio in Germania, che fosse come un preludio per disponere alla
risoluzione del concilio, et aveva mandato lui per intervenirvi e coadiuvare.
Però pregava tutti d'inviar ogni cosa alla concordia, promettendo che il
pontefice sarebbe per fare tutto quello che si potesse, salva la pietà. Vi
arrivò anco il vescovo di Capo d'Istria, di sopra spesso nominato, il quale, se
ben mandato dal pontefice, come molto versato nell'intendere gli umori di
Germania, intervenne però come mandato da Francia, per meglio far il servizio
del papa sotto nome alieno. Egli fece stampare un'orazione che portava per
soggetto l'unità e pace nella Chiesa: la qual aveva per scopo di mostrare che
per ottenere questo fine non fosse buon mezo il concilio nazionale; e questa la
distribuí a quanto piú persone poté, ad effetto d'interromper quel colloquio,
che ne aveva sembianza. Si consumò gran tempo nel dar forma alla conferenza
cosí quanto alla secretezza, come quanto al numero de' dottori che dovessero
parlare: e non mancavano quelli che studiosamente protraevano il tempo, cosí
per i diligenti ufficii fatti dal noncio Campeggio, come per i maneggi segretti
del Vergerio; finalmente fu ordinato, che parlassero per la parte de' catolici
Giovanni Ecchio e per i protestanti Filippo Melantone, e la materia fosse del
peccato originale. Mentre che queste cose caminavano in Vormazia, il noncio
pontificio residente appresso Cesare non cessava di persuadere la Maestà Sua
che quel colloquio era per partorire qualche gran scisma, per far diventare
tutta la Germania luterana, e non solo levare l'ubedienza al Pontefice, ma anco
indebolire la sua; replicava de quei medesimi concetti usati dal Montepulciano
per impedire il colloquio determinato nella dieta di Francfort, e delli usati
dal cardinale Farnese per impedire quello d'Aganoa. Finalmente Cesare,
considerate quelle raggioni e gli aiuti datigli dal Granvela delle difficoltà
che incontrava, e pensando di far meglio l'opera esso in propria persona,
risolvé che il colloquio non procedesse piú inanzi. Perilché avendo parlato 3
giorni Ecchio e Melantone, fu interrotto il colloquio, essendo venute lettere
da Cesare che richiamavano il Granvela e rimettevano il rimanente alla dieta in
Ratisbona.
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