[Guerra tra Cesare e 'l re di Francia]
Fu mandata da Roma immediate la bolla a
tutti i prencipi, la quale poco opportunamente uscí. Perché nel mese di luglio
il re Francesco di Francia, denonciata la guerra a Cesare con parole atroci, e
publicata ancora con un libro mandato fuora, la mosse tutto in un tempo in
Brabanzia, Lucemburgo, Ronciglione, Piemonte et in Artois.
Cesare, ricevuta la bolla del concilio,
rispose al papa non essere sodisfatto del tenore di quella; imperoché non
avendo egli mai ricusato alcuna fatica, né pericolo, overo spesa acciò il
concilio si facesse, per il contrario, avendosi il re di Francia adoperato
sempre per impedirlo, gli pareva cosa strana che in quella bolla gli fosse comparato
et ugualiato, e narrate tutte le ingiurie che pretendeva avere ricevute dal re,
vi aggionse anco che nell'ultima dieta di Spira s'aveva adoperato per mezo de'
suoi ambasciatori per nutrire le discordie della religione, promettendo
separatamente all'una parte et all'altra amicizia e favore. In fine rimesse
alla Santità Sua il pensare se le azzioni di quel re servivano per rimediare a'
mali della republica cristiana e per principiare il concilio, il quale sempre
aveva attraversato per sua utilità privata et aveva costretto esso, che se
n'era avveduto, a trovar altra strada per reconciliare le cose della religione.
Dovere per tanto la Santità Sua imputare a quel re, e non a lui, se il concilio
non si celebrarà, e volendo aiutare il publico bene, dichiararseli nemico,
essendo questo mezo unico per venir a fine di fare il concilio, stabilire le
cose della religione e ricuperare la pace.
Il re, come presago delle imputazioni che
gli sarebbono date, d'avere mosso una guerra con detrimento della religione et
impedimento del divino servizio che si poteva aspettar dal concilio, aveva
prevenuto con la publicazione d'un editto contra i luterani, commandando a'
parlamenti l'inviolabile essecuzione, con severi precetti che fossero
denonciati quei che avessero libri alieni dalla Chiesa romana, che si
congregassero in secreti conventicoli, i transgressori de' commandamenti della
Chiesa, e specialmente che non osservassero la dottrina de' cibi, overo
usassero orazione in altra lingua che latina; commandando a' sorbonisti d'essere,
contra tutti questi, diligentissimi esploratori. Poi, fatto conscio
dell'arteficio di Cesare, che per ciò tentava incitargli contra il pontefice,
per rimedio sollecitava che con effetti si procedesse contra i luterani e
commandò che in Parigi s'instituisse una formula di scoprirli et accusarli,
proposto anco pene a chi non gli manifestasse e premii a' denonciatori. Avuto
poi piena notizia di quanto Cesare aveva scritto al pontefice, gli scrisse
ancora una longa lettera apologetica per sé, et invettiva contra Cesare:
primieramente rinfaciandogli la presa e sacco di Roma, e la derisione aggionta
al danno col fare processioni in Spagna per la liberazione del papa che egli
teneva prigione; discorse per tutte le cause d'offese tra sé e Cesare, imputando
a lui ogni cosa. Concluse non potersi ascrivere a lui che il concilio di Trento
fosse impedito o ritardato, essendo cosa da che non gliene veniva alcuna
utilità et era molto lontana dagli essempii di suoi maggiori, i quali
immitando, metteva ogni suo spirito a conservare la religione, come ben
dimostravano gli editti et essecuzioni ultimamente fatte in Francia. Perilché
pregava la Santità Sua di non dare fede alle calonnie e rendersi certo di
averlo sempre pronto in tutte le cause sue e della Chiesa romana.
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