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Paolo Sarpi
Istoria del Concilio tridentino

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  • Libro primo
    • [Il papa cerca di pacificargli, et invia suoi legati a Trento]
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[Il papa cerca di pacificargli, et invia suoi legati a Trento]

Il pontefice, per non pregiudicare all'ufficio di padre commune, da precessori suoi sempre ostentato, destinò ad ambedue i prencipi legati per introdurre trattato di pacificazione, il cardinale Contarini a Cesare et il Sadoleto al re di Francia, a pregarli di rimetter l'ingiurie private per rispetto della causa publica e pacificarsi insieme, accioché le loro discordie non impedissero la concordia della religione; et essendo quasi immediate passato ad altra vita il Contarini, vi sostituí il cardinale Viseo con maraviglia della corte, perché quel cardinale non aveva la grazia di Cesare, a cui era mandato. E con tutto che la guerra ardesse in tanti luoghi, il pontefice, riputando che se non proseguiva il negozio del concilio, interessava molto la sua riputazione, sotto li 26 agosto di questo anno 1542 mandò a Trento per legati suoi alla sinodo intimata i cardinali Pietro Paolo Parisio, Giovanni Morone e Reginaldo Polo; il primo come dotto e prattico canonista, il secondo intendente de' maneggi, il terzo a fine di mostrare che, se ben il re d'Inghilterra era alienato dalla soggezzione romana, il regno però aveva gran parte in concilio. A questi spedí il mandato della legazione e commesse che si ritrovassero e trattenessero i prelati e gli ambasciatori che vi fossero andati non facendo però azzione alcuna publica sino che non avessero ricevuta l'instruzzione che egli gli averebbe inviato a tempo opportuno.

L'imperatore ancora, intesa la deputazione de' legati, non con speranza che in quel stato di cose potesse riuscire alcun bene, ma acciò dal pontefice non fosse operato alcuna cosa in suo pregiudicio, vi mandò ambasciatori don Diego, residente per lui in Venezia, e Nicolò Granvela, insieme con Antonio, vescovo d'Arras, suo figliuolo, et alcuni pochi vescovi del regno di Napoli. Et il pontefice, oltre i legati, inviò anco alcuni vescovi de' piú fedeli, ordinando però che lentamente vi si incaminassero. Arrivarono cosí i ponteficii, come gli imperiali, a tempo determinato. E questi presentarono a' legati il mandato imperiale: fecero instanza che il concilio si aprisse e fosse dato principio alle azzioni. Interposero i legati dilazione con dire che non era degnità incomminciare un concilio con poco numero, massime dovendo trattare articoli di tanta importanza, come quelli che da' luterani erano rivocati in dubio. I cesarei replicavano che si poteva ben trattare la materia di riforma, che era piú necessaria, né soggetta a tante difficoltà, e gli altri allegando che conveniva applicare quella all'uso di diverse regioni, onde era piú necessario in essa l'intervento di tutti. In fine passarono a proteste, alle quali non rispondendo i legati, ma rimettendo la risposta al papa, non si faceva conclusione alcuna.

Approssimandosi il fine dell'anno, ordinò l'imperatore al Granvela d'andare alla dieta, che nel principio del seguente si doveva tenere in Noremberga, con ordine a don Diego di restar in Trento et operare che al concilio fosse dato principio, overo almeno che i congregati non si disunissero, per valersi di quell'ombra di concilio nella dieta. Il Granvela in Noremberga propose la guerra contra i turchi e di dar aiuti a Cesare contra il re di Francia. I protestanti replicarono, domandando che si componessero le differenze della religione e si levassero le oppressioni che i giudici camerali usavano contra di loro sotto altri pretesti, se ben in verità per quella causa; a che rispondendo Granvela che ciò non si poteva, né doveva fare in quel luogo e tempo, essendo già congregato per ciò il concilio in Trento, ma riusciva l'escusazione vana, non approvando i protestanti il concilio e dicendo chiaro di non volere intervenirvi. La dieta ebbe fine senza conclusione, e don Diego tornò all'ambasciaria sua a Venezia, quantonque i legati facessero instanzia che, per dare riputazione al negozio, si trattenesse sino che dal pontefice avessero risposta.

 

 




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