[Cesare si collega con Inghilterra, e
'l papa con Francia]
Ma mentre sta in queste ambiguità, si
publicò la lega tra l'imperatore et il re d'Inghilterra contra Francia: la
quale necessitò il papa ad alienarsi affatto dall'imperatore, imperoché vidde
quanto offendesse quella lega l'autorità sua, essendo contratta con un
scommunicato, anatematizato da lui e maledetto, destinato alla eterna dannazione
e scismatico, privato d'ogni regno e dominio, con annullazione d'ogni
confederazione con qual si voglia contratta, contra il quale anco per suo
commandamento tutti i prencipi cristiani erano obligati mover le arme, e quello
che piú di tutto importa, che restando sempre piú contumace e sprezzando
eziandio con aperte parole l'autorità sua, che questo mostrava evidentemente al
mondo, l'imperatore non avere a lui rispetto alcuno, né spirituale, né
temporale, e dava essempio ad ogni altro di non tenere conto alcuno
dell'autorità sua; e tanto maggiore gli pareva l'affronto, quanto per gli
interessi dell'imperatore e per farli piacere, Clemente, che averebbe potuto
con gran facilità temporeggiare in quella causa, aveva proceduto contra quel
re, del rimanente ben affetto e benemerito della Sede apostolica. A queste
offese poneva il papa nell'altra bilancia che il re di Francia aveva fatto
tante leggi et editti di sopra narrati per conservare la religione e la sua
autorità; a quali s'aggiongeva che al primo d'agosto i teologi parisini a suono
di tromba, congregato il popolo, publicarono i capi della dottrina cristiana,
25 in numero, proponendo le conclusioni e determinazioni nude, senza
aggiongerli raggioni, persuasioni o fondamenti, ma solo prescrivendo, come per imperio,
quello che volevano che fusse creduto; i quali furono stampati e mandati per
tutta la Francia, confermati con lettere del re, sotto gravissime pene a chi
altramente parlasse overo insegnasse, con un altro nuovo decreto d'inquirire
contra i luterani. Cose le quali piú piacevano al papa, perché sapeva essere
fatte dal re non tanto per la causa detta di sopra, cioè di giustificarsi col
mondo che la guerra con Cesare non era presa da lui per favorire la dottrina
de' luterani, né per impedire la loro estirpazione, ma ancora e piú
principalmente per compiacere a lui e per riverenza verso la Sede apostolica.
Ma l'imperatore a cui notizia erano andate
le querele del papa, rispondeva che avendo il re di Francia fatta
confederazione col Turco a danno de cristiani, come bene mostrava l'assedio
posto a Nizza di Provenza dall'armata ottomana, guidata dal Polino,
ambasciatore del re, e le prede fatte nelle riviere del regno, a lui era stato
lecito per diffesa valersi del re d'Inghilterra, cristiano se ben non riconosce
il papa, sí come anco, con buona grazia del medesimo pontefice, egli e
Ferdinando si valevano degli aiuti de' protestanti piú alieni dalla Sede
apostolica che quel re; che averebbe dovuto il papa, intesa quella collegazione
di Francia col Turco, procedere contra lui; ma vedersi bene la differenza
usata: perché l'armata de' turchi, che tanti danni aveva portati a tutti i
cristiani per tutto dove transitato aveva, era passata amichevolmente per le
riviere del papa; anzi, che essendo andata ad Ostia a far acqua la notte di san
Pietro et essendo posta tutta Roma in confusione, il cardinale de Carpi, che
per nome del papa assente commandava, fece fermare tutti, sicuro per
l'intelligenza che aveva co' turchi.
La guerra e queste querele posero in
silenzio per questo anno le trattazioni di concilio; le quali però ritornarono
in campo il seguente 1544, fatto principio nella dieta di Spira; dove Cesare,
avendo commemorato le fatiche altre volte fatte da lui per porgere rimedio alle
discordie della religione, e finalmente la sollecitudine e diligenza usata in
Ratisbona, raccordò come, non avendosi potuto allora componere le controversie,
finalmente la cosa fu rimessa ad un concilio generale o nazionale, overo ad una
dieta, aggiongendo che dopo il pontefice a sua instanza aveva intimato il
concilio, al quale egli medesmo aveva determinato di ritrovarsi in persona, e
l'averebbe fatto, se non fosse stato impedito dalla guerra di Francia; ora,
restando l'istessa discordia nella religione e portando le medesme incommodità,
non essere piú tempo di differire il rimedio: al quale ordinava che pensassero
e proponessero a lui quella via che giudicassero migliore. Furono sopra il
negozio della religione avute molte considerazioni; ma perché le occupazioni
delle guerre molto piú instavano, fu rimesso questo alla dieta che si doveva
celebrare al decembre; e tra tanto fu fatto decreto che Cesare dasse la cura ad
alcuni uomini di bontà e dottrina di scrivere una formula di riforma, e
l'istesso dovessero fare tutti i prencipi, accioché nella futura dieta,
conferite tutte le cose insieme, si potesse determinare di consenso commune
quello che s'avesse da osservare sino al futuro generale concilio, da
celebrarsi in Germania, overo sino al nazionale. Tra tanto tutti stessero in
pace, né si movesse alcun tumulto per la religione, e le chiese dell'una e
dell'altra religione godessero i suoi beni. Questo recesso non piacque a'
catolici generalmente: ma perché alcuni d'essi s'erano accostati a'
protestanti, gli altri approvavano questa via di mezo. Quelli che non se ne
contentavano, veduto essere pochi, si risolsero di sopportarlo.
Ma seguitando tuttavia la guerra, il
pontefice, aggionto allo sdegno conceputo per la confederazione con
Inghilterra, che l'imperatore non aveva mai assentito ad alcuno de' molti et
ampli partiti offertigli dal cardinale Farnese, mandato legato con lui in
Germania, intorno al concedere a' Farnesi il ducato di Milano, e che finalmente
dovendo intervenire nella dieta di Spira, non aveva concesso che il cardinale
legato lo seguisse a quella, per non offendere i protestanti, e finalmente
considerato il decreto fatto nella dieta, tanto a sé et alla Sede apostolica
pregiudiciale, restò maggiormente offeso vedendo le speranze perdute e tanto
diminuita l'autorità e riputazione sua, e giudicava necessario risentirsi. E se
bene dall'altro canto, considerato che la parte sua in Germania era indebolita
e fosse da' suoi piú intimi consegliato dissimulare, nondimeno finalmente
essendo certo che, dichiarato apertamente contrario a Cesare, obligava piú
strettamente il re di Francia a sostentare la sua riputazione, si risolse
incomminciare dalle parole, per pigliare occasione di passar a' fatti che le
congionture avessero portato.
Et a 25 d'agosto scrisse una grande e
longa lettera all'imperatore, il tenor della quale in sostanza fu: che avendo
inteso che decreti erano stati fatti in Spira, per l'ufficio e carità paterna
non poteva restare di dirgli il suo senso, per non immitare l'essempio di Elí
sacerdote, gravemente punito da Dio per l'indulgenza usata verso i figliuoli. I
decreti fatti in Spira essere con pericolo dell'anima di esso Cesare et estrema
perturbazione della Chiesa; non dovere lui partirsi dalli ordeni cristiani, i
quali, quando si tratta della religione, commandano che tutto debbia essere
riferito alla Chiesa romana, e con tutto ciò, senza tenere conto del pontefice,
il qual solo per legge divina et umana ha autorità di congregare concilii e
decretare sopra le cose sacre, abbia voluto pensare di far concilio generale o
nazionale; aggionto a questo, che abbia concesso ad idioti et eretici giudicare
della religione; che abbia fatto decreti sopra i beni sacri e restituito agli
onori i ribelli della Chiesa, condannati anco per proprii editti; volere
credere che queste cose non sono nate da spontanea volontà di esso Cesare, ma
da pernicioso conseglio de malevoli alla Chiesa romana, e di questo dolersi,
che abbia condesceso a loro; essere piena la Scrittura d'essempii dell'ira di
Dio contra gli usurpatori dell'ufficio del sommo sacerdote, di Oza, di Datan,
Abiron e Core, del re Ozia e d'altri. Né essere sufficiente scusa dire che i
decreti siano temporarii sino al concilio solamente; perché, se bene la cosa
fatta fosse pia, per raggione della persona che l'ha fatta, non gli toccando, è
empia. Dio avere sempre essaltato i prencipi divoti della Sede romana, capo di
tutte le chiese, Constantino, i Teodosii e Carlo Magno; per il contrario avere
punito quelli che non l'hanno rispettata: ne sono essempii Anastasio, Maurizio,
Costante II, Filippo, Leone et altri, et Enrico IV per questo fu castigato dal
proprio figliuolo, sí come fu anco Federico II dal suo. E non solo i prencipi,
ma le nazioni intiere sono per ciò state punite: i giudei per avere ucciso
Cristo, figliuolo di Dio, i greci per avere sprezzato in piú modi il suo
vicario; le quali cose egli debbe temere piú, perché ha origine da quelli
imperatori, i quali hanno ricevuto piú onore dalla Chiesa romana, che non hanno
dato a lei. Lodarlo che desideri l'emendazione della Chiesa, ma avvertirlo anco
di lasciare questo carico a chi Dio n'ha dato la cura: l'imperatore essere ben
ministro, ma non rettor e capo. Aggionse sé essere desideroso della riforma et
averlo dichiarato con l'intimazione del concilio fatta piú volte e sempre che è
comparsa scintilla di speranza che si potesse congregare; e quantonque sino
allora senza effetto, nondimeno non aveva mancato del suo debito, desiderando
molto, cosí per l'universale beneficio del cristianesmo, come speciale della
Germania, che ne ha maggior bisogno, il concilio, unico rimedio di provedere
tutto. Essere già intimato, se bene per causa delle guerre differito a piú
commodo tempo; però ad esso imperatore tocca aprire la strada che possi
celebrarsi, col fare la pace o differire la guerra, mentre si trattano le cose
della religione in concilio: ubedisca donque a' commandamenti paterni, escluda
dalle diete imperiali tutte le dispute della religione e le rimetta al
pontefice, non faccia ordinazione de' beni ecclesiastici, revochi le cose
concesse a' ribelli della Sede romana, altrimenti egli per non mancar
all'ufficio suo, sarà sforzato usare maggiore severità con lui, che non
vorrebbe.
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