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Paolo Sarpi
Istoria del Concilio tridentino

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  • Libro secondo
    • [I legati in Trento chiedono avviso al papa intorno all'aprire il concilio]
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[I legati in Trento chiedono avviso al papa intorno all'aprire il concilio]

Ma i legati in Trento, avendo avuto commissione dal papa che in evento che intendessero trattarsi della religione nella dieta, dovessero, senza aspettare maggior numero de' prelati, aprire il concilio con quei tanti che vi fossero, ma non dovendosi trattarne, si governassero come gli altri rispetti consegliassero, viddero dalla proposta della dieta non esser astretti, ma ben, dall'altra parte, il poco numero de' prelati (che sino allora non erano piú di quattro) persuadergli la dilazione; restavano però in dubio che il pericolo delle arme turchesche non constringesse Ferdinando a fare il recesso e, secondo la promessa, intimare un'altra dieta dove si trattasse della religione, ributtando la colpa in loro con dire d'avergli fatto notificare la proposizione, accioché, sapendo quello che era promesso con buona intenzione, essi, aprendo il concilio, dassero occasione che non s'esseguisse. Per la qual causa mandarono al pontefice in diligenza per ricevere ordine da lui di quello che dovessero fare in tal angustia di deliberazione, vedendosi dall'un canto necessitati da un potente rispetto d'accelerare, e dall'altro costretti a soprasedere per essere quasi come soli in Trento. Misero inanzi al pontefice avere molte congetture e grandi indicii che l'imperatore non curasse molto la celebrazione del concilio; che don Diego, dopo la prima comparizione, non aveva mai detto pur una parola, e che mostrava quasi in fronte avere piacere di quell'ocio e trascorso di tempo, bastandogli solo la sua comparizione per scolpar il suo patrone e giustificarlo che, avendo per se stesso e per oratori continuamente chiesto e sollecitato il concilio, et avendo condotto il negozio al termine, e non vedendo progresso conveniente, potesse e dovesse intimare l'altra dieta, e terminare la causa della religione, come raggionevolmente devoluta a Sua Maestà per la diligenza sua e negligenza del pontefice. Proponevano di pigliare un partito medio, di cantare una messa dello Spirito Santo prima che l'imperatore gionga in dieta, la qual sia per principio del concilio e cosí prevenire tutto quello che l'imperatore potesse fare nel recesso, e dall'altro canto levare l'occasione che si potesse dire essersi comminciato a trattare le cose del concilio con 4 persone; restando in libertà di goder il beneficio del tempo, e potere o procedere piú oltre, o soprasedere, o trasferire, o serrar il concilio, secondo che gli accidenti consigliassero. Gli considerarono ancora che, se il concilio fosse aperto dopo che il cardinale Farnese avesse parlato a Cesare, alcuno averebbe potuto credere che quel cardinale fosse mandato per impetrare che non si facesse e non avesse potuto ottenerlo; oltra che crescendo la fama delle arme del Turco, si direbbe che fosse aperto in tempo, quando bisognava attendere ad altro e si sapeva non potersi fare. Il cardinale Santa Croce aveva gran desiderio che si mostrassero segni di devozione e si facesse con le solite ceremonie della Chiesa concorrere il popolo; e però fu autore che scrivessero tutti al papa dimandando un breve con l'autorità di dar indulgenze, il quale avesse la data dalla loro partita, acciò l'indulgenza già concessa da loro nella entrata fosse valida. Aveva scrupolo quel cardinale che il popolo trovatosi presente a quel ingresso non fosse defraudato di quei tre anni e quarantene che concessero, e con questo voleva supplire, senza considerare che difficoltà nasce, se chi ha autorità di dar indulgenze può convalidare le concesse da altri senza potestà.

 

 




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