[Farnese tratta dell'infeudazione di
Parma e Piacenza per li suoi]
Oltra questi negozii publici, ebbe il
cardinale un altro privato di casa sua. Il pontefice, parendogli poco aver dato
a suoi il ducato di Camerino e Nepi, pensò dargli le città di Parma e Piacenza,
le quali essendo poco tempo inanzi state possedute da' duchi di Milano,
desiderava che vi intervenisse il consenso di Cesare per stabilirne meglio la
disposizione; e di questo trattò il cardinale con l'imperatore, mostrando che
sarebbe tornato a maggior servizio di Sua Maestà, se quelle città tanto
prossime al ducato di Milano fossero state in mano d'una casa tanto devota e
congionta, piú tosto che in poter della Chiesa, nella quale succedendo qualche
pontefice mal affetto, diversi inconvenienti potevano nascere; che quella non
sarebbe stata alienazione del patrimonio della Chiesa, poiché erano pervenute
primieramente solo in mano di Giulio II, né ben confirmato il possesso se non
sotto Leone; che sarebbe stata con evidente utilità della Chiesa, perché, in
cambio di quelle, il pontefice gli dava Camerino e, detratte le spese che si
facevano nella guardia di quelle due città e gionti 8000 scudi che averebbe il
nuovo duca pagato, s'averebbe cavato piú entrata di Camerino, che di quelle. A
queste esposizioni aggionse anco il cardinale lettere della figliuola, che per
proprio interesse ne pregava efficacemente l'imperatore, il quale non aveva la
cosa discara, cosí per l'amore della figliuola e de' nepoti, come perché
sarebbe stato piú facile di ricuperarla da un duca che dalla Chiesa. Con tutto
ciò non negò, né acconsentí; disse solamente che non averebbe fatto
opposizione.
Trattò il legato co' catolici et
ecclesiastici massime, confortandogli alla diffesa della religione vera,
promettendogli dal papa ogni favore. Della negoziazione della guerra, se ben
trattata secretamente, ne presero sospetto i protestanti: perché un frate
franciscano, in presenza di Carlo e di Ferdinando e del legato predicando, dopo
una grand'invettiva contra i luterani, voltato all'imperatore disse il suo
ufficio essere di difendere con le arme la Chiesa; che aveva mancato sino
allora di quello che già bisognava avere del tutto effettuato; che Dio gli
aveva fatto tanti beneficii meritevoli che ne mostrasse ricognizione contra
quella peste d'uomini, che non dovevano piú vivere, né doveva differirlo piú
oltre, perdendosi ogni giorno molti per questo, de' quali Dio domandarà conto
da lui, se non vi porgesse presto rimedio. Questa predica non solo generò
sospetto, ma eccitò anco raggionamenti che dal legato fosse stata commandata, e
dalle essortazioni publiche, concludevano quali dovevano essere le private: al
qual romore per rimediare, il cardinale partí di notte secrettamente e ritornò
con celerità in Italia. Ma la sospezzione de' protestanti s'accrebbe per gli
avisi andati da Roma che il papa, nel licenziare alcuni capitani, avesse loro
data speranza d'adoperargli l'anno futuro.
|