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Paolo Sarpi
Istoria del Concilio tridentino

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  • Libro secondo
    • [I procuratori del Mogontino gionti in Trento]
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[I procuratori del Mogontino gionti in Trento]

Ma in Trento il 18 maggio gionse il vescovo sidoniense con un frate teologo et un secolar dottore, come procuratori dell'elettor cardinale arcivescovo Mogontino. Il vescovo fece una meza orazione dell'ossequio dell'elettore verso il papa e la Sede apostolica, lodando molto la celebrazione del concilio, come solo rimedio necessario a quelle fluttuazioni della fede e religione catolica. Da' legati fu risposto commendando la pietà e divozione di quel prencipe, e quanto all'admissione del mandato, dissero che era necessario prima vederlo, per essere fatta di nuovo una provisione di Sua Santità, che nissuno possi dar voto per procuratore, che restavano in dubio se comprendeva un cardinale e prencipe, che sapevano molto ben la prerogativa che meritava Sua Signoria Illustrissima, alla quale erano prontissimi di fare tutti gli onori et aver ogni rispetto. Si misero in confusione questi tre sentendosi fare difficoltà, e consegliavano di partire. I legati furono pentiti della risposta, conoscendo di quanta importanza sarebbe stato se il primo prencipe e prelato di Germania in dignità e ricchezze, si fosse alienato da quel concilio, et operarono per via d'ufficii fatti destramente dal cardinal di Trento, dalli ambasciatori et altri che si fermassero, dicendo che la bolla parlava solo de' vescovi italiani, che da' legati era stato preso errore; i quali legati si contentarono ricevere questa carica, per ovviare a tanto disordine.

Scrissero però a Roma dando conto del successo e richiedendo se dovevano ricevergli stante la bolla, aggiongendo parergli duro dar ripulsa a' procuratori d'un tanto personaggio che si mostra fervente e favorevole alla parte de' catolici, quale per ciò si potrebbe intepidire; instando d'averne risposta, perché la deliberazione che si facesse in quella causa, servirebbe per essempio, poiché potrebbono forse mandare procuratori anco gli altri vescovi grandi di Germania: i quali non sarebbe manco bene che andassero in persona a Trento, perché, soliti a cavalcar con gran comitive, non potrebbono capire tutti in quella città; e scrissero che sopra tutto non bisognava sdegnar i tedeschi, naturalmente sospettosi e che facilmente si risolvono, tanto piú quando si tratta di persone amorevoli e benemeriti, come il Cocleo, che è già in viaggio per nome del vescovo Heicstetense, il qual ha scritto tante cose contra gli eretici, che si vergognerebbono di dire che non potesse aver voto in concilio. Il pontefice non giudicò ben respondere precisamente sopra di ciò, attese le difficoltà di Napoli: perché continuando il vicerè nella sua risoluzione, fu fatto il mandato alli 4 che per nome di tutti intervenissero; quali posti in punto, passarono da Roma, tacendo d'esser eletti procuratori degli altri e dicendo andare per nome proprio e che gli altri averebbono seguito. Ma scrisse a' legati che trattenessero i procuratori, dando buone parole sin che egli dasse altra risoluzione. I napolitani nell'istesso tenore parlarono anco al loro arrivo in Trento, dissimulando cosí il papa, come i legati, per aspettare a farne motto quando fosse risoluto il tempo dell'aprire il concilio.

 

 




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