[I procuratori del Mogontino gionti in
Trento]
Ma in Trento il 18 maggio gionse il
vescovo sidoniense con un frate teologo et un secolar dottore, come procuratori
dell'elettor cardinale arcivescovo Mogontino. Il vescovo fece una meza orazione
dell'ossequio dell'elettore verso il papa e la Sede apostolica, lodando molto
la celebrazione del concilio, come solo rimedio necessario a quelle
fluttuazioni della fede e religione catolica. Da' legati fu risposto
commendando la pietà e divozione di quel prencipe, e quanto all'admissione del
mandato, dissero che era necessario prima vederlo, per essere fatta di nuovo una
provisione di Sua Santità, che nissuno possi dar voto per procuratore, che
restavano in dubio se comprendeva un cardinale e prencipe, che sapevano molto
ben la prerogativa che meritava Sua Signoria Illustrissima, alla quale erano
prontissimi di fare tutti gli onori et aver ogni rispetto. Si misero in
confusione questi tre sentendosi fare difficoltà, e consegliavano di partire. I
legati furono pentiti della risposta, conoscendo di quanta importanza sarebbe
stato se il primo prencipe e prelato di Germania in dignità e ricchezze, si
fosse alienato da quel concilio, et operarono per via d'ufficii fatti
destramente dal cardinal di Trento, dalli ambasciatori et altri che si
fermassero, dicendo che la bolla parlava solo de' vescovi italiani, che da'
legati era stato preso errore; i quali legati si contentarono ricevere questa
carica, per ovviare a tanto disordine.
Scrissero però a Roma dando conto del
successo e richiedendo se dovevano ricevergli stante la bolla, aggiongendo
parergli duro dar ripulsa a' procuratori d'un tanto personaggio che si mostra
fervente e favorevole alla parte de' catolici, quale per ciò si potrebbe
intepidire; instando d'averne risposta, perché la deliberazione che si facesse
in quella causa, servirebbe per essempio, poiché potrebbono forse mandare
procuratori anco gli altri vescovi grandi di Germania: i quali non sarebbe
manco bene che andassero in persona a Trento, perché, soliti a cavalcar con
gran comitive, non potrebbono capire tutti in quella città; e scrissero che
sopra tutto non bisognava sdegnar i tedeschi, naturalmente sospettosi e che
facilmente si risolvono, tanto piú quando si tratta di persone amorevoli e
benemeriti, come il Cocleo, che è già in viaggio per nome del vescovo
Heicstetense, il qual ha scritto tante cose contra gli eretici, che si
vergognerebbono di dire che non potesse aver voto in concilio. Il pontefice non
giudicò ben respondere precisamente sopra di ciò, attese le difficoltà di
Napoli: perché continuando il vicerè nella sua risoluzione, fu fatto il mandato
alli 4 che per nome di tutti intervenissero; quali posti in punto, passarono da
Roma, tacendo d'esser eletti procuratori degli altri e dicendo andare per nome
proprio e che gli altri averebbono seguito. Ma scrisse a' legati che
trattenessero i procuratori, dando buone parole sin che egli dasse altra
risoluzione. I napolitani nell'istesso tenore parlarono anco al loro arrivo in
Trento, dissimulando cosí il papa, come i legati, per aspettare a farne motto
quando fosse risoluto il tempo dell'aprire il concilio.
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