[Il papa si risolve d'aprire il
concilio]
Questa negoziazione s'incaminò con varie
difficoltà, perché l'imperatore era risoluto di non consentire né a
suspensione, né a translazione, né parendogli utile a' suoi fini l'apertura,
non negava assolutamente alcuna delle proposte, né avendo altro partito non
sapeva che altro fare se non interporre difficoltà alle tre proposte.
Finalmente nel mezo d'ottobre trovò temperamento che il concilio si aprisse e
trattasse della riformazione, soprasedendo dalla trattazione delle eresie e de'
dogmi, per non irritar i protestanti. Il pontefice, avisato per lettere del
noncio, fu toccato nel intimo del cuore; vedeva chiaro che questo era dare la
vittoria in mano a' luterani e spogliare lui di tutta l'autorità, facendolo
dependere da' colloqui e diete imperiali, con ordinare in quelle trattazioni di
religione e vietarle al concilio, et indebolirlo con alienargli i suoi per via
di riforma, e fortificare i luterani col sopportare o non condannare l'eresie
loro. E certificato in se stesso che gli interessi suoi e quei di Cesare, per
la contrarietà, non potevano unirsi, deliberò tenergli i suoi fini occolti et
operare come metteva conto alle cose sue: però, senza mostrar alcuna
displicenza della risposta, replicò immediate al Caserta che, per compiacere a
Sua Maestà, deliberava d'aprir il concilio senza interposizione di tempo,
commandando che si dasse principio agl'atti conciliari, procedendo tutti con
piena libertà e con debito modo et ordine. Il che disse il pontefice cosí con
parole generali, per non esprimersi quali cose dovessero essere prima o dopo
proposte e trattate o lasciate in tutto; essendo risoluto che le cose della
religione e de' dogmi fossero principalmente trattate senza addur altra
raggione, quando fosse costretto dirne alcuna, se non che il trattare della
riforma sola era una cosa mai piú usata, contraria alla riputazione sua e del
concilio. Perilché l'ultimo d'ottobre, avendo communicato il tutto co'
cardinali, di loro conseglio e parere stabilí e scrisse anco a Trento che il
concilio dovesse esser aperto per la futura domenica, Gaudete
dell'avvento, la qual doveva esser a' 13 decembre.
Arrivata la nuova, i prelati mostrarono
grandissima allegrezza, vedendo d'essere liberati dal pericolo che gli pareva
soprastare di rimanere in Trento longamente e senza operare cosa alcuna. Ma
poco dopo tornarono in campo le ambiguità, perché arrivarono lettere dal re di
Francia a' suoi prelati, che erano tre, di dovere partire. A' legati ciò parve
cosa importantissima, essendo come una dichiarazione che la Francia et il re
non approvassero il concilio. Tentarono ogni prattica per impedire quella
partita; dicevano a' tre prelati che quell'ordine era dato dal re in un altro
stato di cose e che bisognava aspettarne un altro nuovo da Sua Maestà, poiché
avesse inteso il presente, raccordando lo scandalo che ne sarebbe successo
altrimente facendo e l'offesa che averebbono ricevuto le altre nazioni. Il
cardinal di Trento ancora et i prelati spagnuoli et italiani protestavano che
non fossero lasciati partire; perilché finalmente presero temperamento che solo
monsignore di Renes partisse per dare conto al re, e gli altri doi rimanessero,
il che, quando fu saputo dal re, fu anco lodato.
L'ultimo di novembre, avicinandosi il
tempo prefisso all'apertura, scrissero i legati a Roma che, per conservare
l'autorità della Sede apostolica, conveniva nell'aprirlo leggere e registrare
una bolla che lo commandasse, e spedirono in diligenza acciò potesse venir a
tempo. Arrivò la risposta con la bolla alli 11 decembre, per il che il giorno
seguente i legati commandarono un digiuno e processione per quel dí, e fecero
una congregazione de tutti i prelati, dove prima fu letta la sopranominata
bolla e poi trattato di tutto quello che si aveva da fare il dí seguente nella
sessione. Il vescovo di Estorga con dolcissima maniera propose che fosse
necessario legger in congregazione il breve della legazione e presidenza, acciò
fosse una professione dell'obedienza e soggezzione di tutti loro alla Sede
apostolica. La quale richiesta fu approvata da quasi tutta la congregazione,
anco con instanza particolare di ciascuno. Ma il legato Santa Croce,
considerando dove poteva la dimanda capitare e che il publicare l'autorità
della presidenza sarebbe stato con pericolo che fosse limitata, riputando
meglio, con tenerla secreta, poterla usare come gli accidenti comportassero,
rispose prontamente che nel concilio tutti erano un solo corpo e che tanto
sarebbe stato necessario leggere le bolle di ciascun vescovo, per mostrare che
egli era tale et instituito dalla Sede apostolica, che sarebbe cosa longa, e
per quelli che veniranno alla giornata occuperebbe tutte le congregazioni; e
con questo mise fine all'instanza e ritenne la degnità della legazione che
consisteva in esser illimitata.
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