[Sommario del sermone del Bitonto et i
giudizii del mondo]
Stavano la Germania et Italia in gran
curiosità d'intendere le prime azzioni di questo consesso con tante difficoltà
principiato, et i prelati et i loro famigliari, che si ritrovavano in Trento,
incaricati dagli amici d'avisarnegli. Perilché immediate dopo la sessione fu
mandato per tutto copia dell'ammonizione de' legati e dell'orazione del
Bitonto, le quali furono anco presto poste in stampa. De quali per narrare ciò
che fosse detto communemente è necessario prima riferire in sommario il
contenuto dell'orazione. Quella ebbe principio dal mostrare la necessità di
concilio, per essere passati 100 anni dopo la celebrazione del fiorentino, e
perché le cose ardue e difficili, alla Chiesa spettanti, non si possono ben
trattare se non in quello. Perché ne' concilii sono stati fatti i simboli,
dannate l'eresie, emendati i costumi, unite le nazioni cristiane, mandato gente
all'acquisto di Terra Santa, deposti re et imperatori et estirpati i schismi. E
che per ciò i poeti introducono i concilii de' dei. E Moisè scrive che furono
voci conciliari il decreto di fare l'uomo e di confondere le lingue de'
giganti. Che la religione ha 3 capi: dottrina, sacramenti e carità, che tutti
tre chiamano concilio. Narrò le corruttele entrate in tutti questi tre, per
restituire i quali il papa, col favore del imperatore, de' re di Francia, de'
Romani e di Portugallo, e di tutti i principi cristiani, ha ridotta la sinodo e
mandato i legati. Fece digressione longhissima in lode del papa; un'altra poco
piú breve in commendazione dell'imperatore, lodò poi i tre legati, traendo le
commendazioni dal nome e cognome di ciascuno d'essi; soggionse che, essendo il
concilio congregato, tutti dovevano adunarsi a quello, come al caval di Troia.
Invitò i boschi di Trento a risuonare per tutto 'l mondo che tutti si
sottomettino a quel concilio; il che se non faranno, si dirà con raggione che
la luce del papa è venuta al mondo e gli uomini hanno amato piú le tenebre che
la luce. Si dolse che l'imperatore non fosse presente, o almeno Diego che lo
rappresentava. Si congratulò col cardinale Madruccio che nella sua città il
papa avesse congregato i padri dispersi et erranti. Si voltò a' prelati e disse
che aprire le porte del concilio è aprire quelle del paradiso, di donde debbia
descendere l'acqua viva per empire la terra della scienza del Signore. Essortò
i padri ad emendarsi et aprire il cuore come terra arida per riceverla;
soggiongendo che, se non lo faranno, lo Spirito Santo nondimeno aprirà loro la
bocca, come quella di Caiphas e di Balaam, acciò fallando il concilio, non
falli la Chiesa santa, restando però le menti loro ripiene di spirito cattivo.
Gli essortò a deponere tutti gli affetti, per poter degnamente dire: «È parso
allo Spirito Santo et a noi». Invitò la Grecia, Francia, Spagna et Italia e
tutte le nazioni cristiane alle nozze. In fine si voltò a Cristo, pregandolo
per l'intercessione di san Vigilio, tutelar della valle di Trento, ad assistere
a quel concilio.
L'ammonizione de' legati fu stimata pia,
cristiana e modesta e degna de' cardinali; ma il sermone del vescovo fu
giudicato molto differente; la vanità et ostentazione d'eloquenzia era notata
da tutti: ma le persone intelligenti comparavano come sentenzia santa ad una
empia quelle ingenue e verissime parole de' legati che, senza una buona
recognizione interna, invano s'invocarebbe lo Spirito Santo, col detto del
vescovo tutto contrario, che senza di quella anco sarebbe dallo Spirito Santo
aperta la bocca, restando il cuore pieno di spirito cattivo. Era stimata
arroganzia l'affirmare che errando quei pochi prelati, la Chiesa tutta dovesse
fallare; quasi che altri concilii di 700 vescovi non abbiano errato, ricusando
la Chiesa di ricevere la loro dottrina. Aggiongevano altri questo non esser
conforme alla dottrina de' ponteficii, che non concedono infallibilità, se non
al papa et al concilio per virtú della conferma papale. Ma l'avere comparato il
concilio al caval di Troia, che fu machina insidiosa, era notato d'imprudenza e
ripreso d'irreverenza. L'avere ritorto le parole della Scrittura, che Cristo e
la dottrina sua, luce del Padre, è venuto al mondo e gli uomini hanno preferito
le tenebre alla luce, facendo che il concilio o sua dottrina sia luce del papa
aparsa al mondo, che se non fosse ricevuta, si dovesse dire: gli uomini hanno
amato piú le tenebre che la luce, era stimata una biastema, e si desiderava
almeno non fossero prese le parole formali della divina Scrittura per non
mostrare cosí apertamente di vilipenderla.
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