[Prelati del concilio esenti delle
decime]
Imperò gionta la risposta da Roma, chiamarono
la congregazione il dí 5 genaro 1546, nella quale, dopo aver il Monte salutati
e benedetti tutti da parte del pontefice, fece leggere il breve sudetto
dell'essenzione delle decime. I legati tutti tre fecero come tre encomii, l'uno
dopo l'altro, mostrando la buona volontà del pontefice verso le persone de'
padri; ma alcuni spagnuoli dissero che questa era una grazia fatta dal papa di
maggior danno che beneficio, essendo l'accettarla una confessione che il papa
può imponere gravezze alle altre chiese, e che il concilio non ha autorità né
di proibirlo, né di essentare quelli che giustamente non doverebbono essere
compresi; il che non solo dispiacque a' legati, ma fu anco ributtato da loro
con qualche parole mordaci. Altri de' prelati dimandarono che la grazia fosse
estesa anco a loro famigliari et a tutte le persone che si ritrovarebbono in
concilio. I generali degli ordini parimente dimandavano l'istessa essenzione,
allegando le spese che convenivano fare i loro monasterii per i frati condotti
da essi al concilio. Catalano Triulzio, vescovo di Piacenza, arrivato 2 giorni
prima, narrò publicamente che passando poco lontano dalla Mirandola era stato
svaliggiato e dimandò che in concilio si facesse un'ordinazione contra quelli
che impedivano o molestavano i prelati et altre persone che andassero al
concilio. I legati, mettendo insieme questa proposta con la pretensione
d'essenzione detta di sopra, considerarono quanto potesse importare che il
concilio mettesse mano in simile materia, facendo editti per propria
essaltazione, e che questo era un tentar gli arcani della ierarchia
ecclesiastica; divertirono con molta destrezza, allegando che sarebbe parso al
mondo una novità et un troppo rissentimento, et offerendosi di operare col
pontefice che provedesse alla sicurezza delle persone et avesse considerazione
alli famigliari de' prelati et a' frati; e cosí acquiettarono tutti.
|