[Il concilio di Laterano proposto ad
imitare a Trento. Contesa sopra 'l titolo]
E passando alle azzioni conciliari, il
cardinale del Monte narrò il modo tenuto nel concilio lateranense ultimo, nel
quale egli intervenne arcivescovo sipontino. Disse che trattandosi allora della
pragmatica di Francia, del schisma introdotto contra Giulio II e della guerra
tra prencipi cristiani, furono fatte tre deputazioni de' prelati sopra quelle
materie, accioché ciascuna congregazione, occupata in una sola, potesse meglio
digerirla; che formati i decreti si faceva congregazione generale, dove
ciascuno diceva il voto suo, e secondo quelli erano meglio riformate le
risoluzioni, in modo che nella sessione le cose passavano con somma concordia e
decoro; che piú molteplice era quello che da loro doveva essere trattato,
avendo i luterani mosso ogni pietra per sovvertire l'edificio della fede; però
che sarà necessario dividere le materie et in ciascuna ordinare congregazioni
particolari per disputarle; far deputati a formare i decreti da esser proposti
in congregazione generale, dove ogni uno dirà il parere suo; quale, acciò sia
intieramente libero, essi legati avevano deliberato di fare solamente ufficio
de proponenti e non dire il suo voto, ma questo fare nelle sessioni solamente.
Che tutti pensassero le cose necessarie da trattare per dover dare qualche
principio, fatta la sessione che instava.
Che allora proponevano, se piaceva loro
che si publicasse nella sessione un decreto formato circa il modo di vivere
cristianamente in Trento durante il concilio. Il qual letto col titolo: «la
Sacrosanta», sí come fu da Roma mandato, fecero instanza i francesi che si
dovesse aggiongere: «rappresentante la Chiesa universale», la qual opinione fu
seguita da gran parte de' vescovi con universale assenso. Ma i legati,
considerando che questo era titolo usato dal constanziense e basileense
solamente, e l'immitargli era un rinovare la loro memoria e dargli qualche
autorità et aprire porta all'ingresso delle difficoltà che la Chiesa romana
ebbe in quei tempi, e, quello che piú importava, avvertendo che dopo avere
detto: «rappresentante la Chiesa universale», averebbe potuto venire pensiero
ad alcuni d'aggiongere anco le seguenti parole, cioè che tiene potestà
immediate da Cristo, alla quale ciascuno, eziandio di degnità papale, è tenuto
di ubedire, s'opposero gagliardamente e (come essi scrissero a Roma) con parole
formali s'appontarono contra, non esplicando però a' padri le vere cause, ma
solo con dire che erano parole ampullose et invidiose, e che gli eretici gli
averebbono dato sinistra interpretazione; e s'adoperarono ciascuno d'assistere
senza scoprir il secreto, prima con arte, e poi con lasciarsi intendere
liberamente di non volerlo permettere, sí che fecero acquiettare il moto
universale, se ben i francesi et alcuni altri pochi restarono fermi nella loro
proposta.
Et a' legati prestò grand'aiuto Giovanni
di Salazar, vescovo di Lanciano, spagnolo di nazione; il qual, avendo
commendato in molte parole i primi concilii della Chiesa per l'antichità e
santità degli intervenienti, lodò che fossero immitati nel titolo usato da loro
molto semplice, senza espressione di rappresentazione, o di quale o quanta
autorità la sinodo abbia. Non piacque però quello che continuò dicendo, che ad
essempio di quelli si doveva tralasciare anco la nominazione de' presidenti,
che non si vede mai usata in nissun concilio vecchio, solo incomminciata dal
costanziense, che per causa del scisma mutò piú volte presidenti; soggiongendo
che, se l'essempio di quello fosse da seguire, bisognarebbe anco nominare
l'ambasciatore dell'imperatore, perché allora fu nominato il re de' Romani et anco
i prencipi che erano con lui. Ma questa fastosità essere aliena dall'umiltà
cristiana, e fece ripetizione del discorso fatto dal cardinal Santa Croce de'
12 decembre, inerendo al quale concludeva che si dovesse tralasciare anco il
far menzione di presidenza. Diede a' legati questa proposta maggior pensiero
che la precedente; nondimeno il cardinale del Monte presentaneamente rispose: i
concilii aver parlato diversamente secondo le occorrenze che i tempi portano;
per i tempi passati il papa essere stato sempre riconosciuto come capo nella
Chiesa, né mai da alcuno essere stato dimandato concilio con questa condizione
che fosse independente dal papa, come i tedeschi adesso arditamente; alla qual
eretical temerità conveniva sempre in ogni azzione repugnare, mostrandosi
d'essere congionti col capo, che è il pontefice romano, facendo menzione dei
suoi legati. Parlò longamente in questa materia, la qual sapendo che con la
diversione era piú facile sostentare che persuadere, procurò che si passasse ad
altro. La contenenza del decreto fu approvata da tutti; ma essendovi in esso
una particola, dove ognuno era essortato a pregar Dio per il papa, per
l'imperatore e per i re, fecero instanza i prelati francesi, che si facesse
nominatamente menzione di quel di Francia; il che lodando il cardinale Sancta
Croce, ma soggiongendo che averebbe convenuto fare simile specificazione di
tutti al luogo loro, che era cosa longa e piena di pericolo per la precedenza
replicarono i francesi che il papa nella bolla della convocazione aveva fatta
menzione del solo imperatore e re di Francia, e però conveniva, seguendo
l'essempio, o nominar ambedue o nissuno d'essi. Si riferirono i legati a
pensarci, dando intenzione che ogni uno resterebbe sodisfatto.
|