[Seconda sessione e decreto d'essa]
Il dí 7 di genaro, adonque, tutti i
prelati, vestiti in abito commune, si congregarono in casa del primo legato, da
dove partendosi con la croce inanzi s'inviarono alla chiesa catedrale. Dal
contado di Trento furono congregati nella città, 300 fanti, armati parte di
piche, parte di archibugi, con alquanti cavalli, quali si misero in fila da
ambedue le parti della strada, dalla casa sino alla chiesa, et entrati in
chiesa i legati et i prelati, ridotta tutta la soldatesca in piazza, si sparò
l'archibusaria e la soldatesca restò nella piazza a fare la guardia a quella
sessione. Oltre il legato et il cardinale di Trento, si ritrovarono 4
arcivescovi, 28 vescovi, 3 abbati della congregazione cassinense e 4 generali,
i quali stavano sedendo nel luogo della sessione: queste 43 persone
costituivano il concilio generale. Degli arcivescovi, doi erano portativi, mai
veduti dalle chiese de quali avevano il titolo, solo per causa d'onore datogli
dal pontefice: uno, Olao Magno, con nome d'arcivescovo upsalense in Gozia, e
l'altro Roberto Venanzio, scocese, arcivescovo d'Armacano in Ibernia, il quale,
uomo di brevissima vista, era commendato di questa virtú, di correr alla posta
meglio d'uomo del mondo. Questi doi, sostentati in Roma qualche anni per limosina
del papa, furono mandati a Trento per crescer il numero e dependere da' legati.
In piedi erano circa 20 teologi; vi intervenne l'ambasciatore del re de' Romani
et il procuratore del cardinale d'Augusta, che sedettero nella banca degli
oratori, et appresso loro su la stessa banca sedevano 10 gentiluomini de'
circonvicini, eletti dal cardinale di Trento. Fu cantata la messa da Giovanni
Fonseca, vescovo di Castelamare; fece il sermone nella messa Coriolano
Martirano, vescovo di San Marco.
Finita la messa, i prelati si vestirono
pontificalmente e furono fatte le letanie et orazioni, come nella sessione
prima. Quali finite e seduti tutti, il vescovo celebrante, montato nel pulpito,
lesse la bolla, di sopra menzionata, che non fossero ammessi i procuratori degli
assenti a dare voto, e non si fece menzione d'un altra, nella quale erano
eccettuati quei di Germania. Dipoi lesse il decreto nel quale la sinodo
essortava tutti i fedeli congregati in Trento a vivere nel timore di Dio e
pregare ogni giorno per la pace de prencipi et unità della Chiesa, e le persone
del concilio a dire messa almeno la dominica, e pregare per il papa,
imperatore, re e prencipi, e tutti a digiunare e fare limosine, essere sobrii,
instruire i loro famigliari. Essortava anco tutti, massime i letterati, a
pensar accuratamente le vie e modi di propulsare le eresie e ne' consessi usare
modestia nel parlare. E di piú ordinò che se alcuno non sedesse al luogo suo, o
dasse voto, overo intervenisse nelle congregazioni, a nissuno fosse fatto pregiudicio,
né acquistata nuova raggione. Il qual letto, interrogati i padri, risposero:
«placet». Ma i francesi aggionsero che non approvavano il titolo cosí
imperfetto e vi ricercavano l'aggionta: «universalem Ecclesiam repraesentans».
In fine fu ordinata la futura sessione per il dí 4 febraro e licenziati i
padri; quali, deposto gli abiti pontificali, ne' communi accompagnarono i
legati in casa col medesimo ordine che erano alla chiesa venuti; il quale fu in
tutte le seguenti sessioni osservato.
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